TITOLO ORIGINALE: Dead for a Dollar
REGIA: Walter Hill
SCENEGGIATURA: Walter Hill
GENERE: western, avventura, commedia, azione
Presentato fuori concorso alla 79ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia
Esploratore e rifondatore dei generi cinematografici tra gli anni '70 e '80, il maestro Walter Hill torna al cinema con un western che avrebbe tutte le carte in regole per essere un buono, se non buonissimo film di estrazione leoniana. Purtroppo per noi e per la nomea del cineasta, Dead for a Dollar rivela tutta la sua mediocrità, carenza di spirito e di mezzi sin dalle primissime sequenze, trasformandosi man mano in una pellicola terminale, bucherellata come i suoi personaggi, improponibile. Un'ultima cavalcata nel segno degli scavalcamenti di campo e di un production design paccottiglia.
All’apparenza, Dead for a Dollar - il nuovo film del maestro Walter Hill, esploratore e rifondatore dei generi cinematografici e mito del cinema americano anni ‘70-‘80 - avrebbe tutte le carte in regola per essere una buona, se non ottima elegia western di derivazione leoniana, con un pizzico di Budd Boetticher, Sam Peckinpah, oltre che dei più rinomati Ford, Sturges, Houston e Hawks. La grandeur suggestiva del vecchio West, dei suoi panorami e dei suoi proverbiali campi lunghissimi, un manipolo di cacciatori di taglie, disertori, pistoleri e giocatori di poker, uno spietato latifondista messicano, una donzella in pericolo, eppure sveglia e capace di difendersi, un pugno di dollari, tante promesse ed alleanze prontamente rotte, tante pistole e fucili, tanto sangue, tanti morti. Per non parlare poi della colonna sonora di Xander Rodzinski di evidente richiamo morriconiano (il vocabolario è quello, intramontabile), di uno dei personaggi secondari, che parrebbe ricordare un’anziana Claudia Cardinale, oltre che del titolo stesso.
Purtroppo per noi e per la nomea di un inventore come Walter Hill, Dead for a Dollar rivela tutta la sua mediocrità, carenza di spirito e di mezzi sin dalle primissime sequenze. Assolutamente nulla infatti della storia di un cacciatore di taglie estremamente rigoroso e leale e di un soldato afroamericano dell’esercito statunitense, pagati da un marito tradito e rancoroso per ritrovare e riportargli indietro la moglie, scappata con un ex soldato (anch’egli afroamericano) con il quale ha instaurato anche un rapporto amoroso, vi catturerà abbastanza da permettervi di assecondare la fattura indiscutibilmente dozzinale di una produzione dimessa e disadorna, e di un progetto che, quantomeno sulla carta, sembrerebbe andare in netta controtendenza rispetto a ciò che è il panorama e il percorso contemporaneo, di ridefinizione, problematizzazione, remix e citazione, del genere western (di cui alcuni, eccellenti esemplari abbiamo avuto il piacere di vedere proprio al Lido negli ultimi anni).
Perché sì, in linea di massima, Dead for a Dollar è quanto di più classico, nostalgico e tradizionale possiate trovare oggi in fatto di cowboy e pistoleri. Tuttavia, la sceneggiatura (scritta dallo stesso Walter Hill) cerca, a suo modo, di intercettare le tensioni e i temi della contemporaneità e fare del personaggio di Rachel Price, la succitata sveglia donzella in pericolo (interpretata da una Rachel Brosnahan non proprio convincente) una rappresentante ante-litteram del femminismo più convinto, appassionato ed audace. Peccato soltanto che, malgrado le ammirevoli intenzioni, la penna e la macchina da presa di Hill finiscano, tutto sommato, per ridurre questo personaggio ad una bieca ripetitrice di punchline, frasi e slogan sentiti altrove, che non fanno altro che spezzare l’immersione e l’affabulazione nel mondo che egli sta tentando di costruire e riproporre.
D’altronde, era quasi impossibile aspettarsi qualcosa di più (e pure qualcosa di meno) da un copione verbosissimo, ridondante, schematico ed indolente, fautore di un racconto esageratamente lungo che sembra fuoriuscire dalle pagine di un qualsiasi numero di Tex Willer. Lo stesso copione che un cast di interpreti di tutto rispetto - in cui figurano, oltre alla Brosnahan, anche Christoph Waltz (che torna tra deserti, praterie e saloon dopo l’esperienza di Django Unchained) e Willem Dafoe (che riabbraccia il regista di Long Beach quasi quarant’anni dopo Strade di fuoco) - tenta invano di vivacizzare e riabilitare con una serie di prove che, loro malgrado, hanno la sfortuna di far parte della stessa recita di una fotografia del tutto inadeguata, troppo pulita in termini di definizione e chiarezza dell’immagine, troppo piatta sul fronte della color correction (quest’ultima più indicata per una telenovela od uno sceneggiato western di cinquant’anni fa); di un montaggio scriteriato, aritmato, puntellato da indecorosi scavalcamenti di campo; di costumi altrettanto monotoni; e, in generale, di una messa in scena in cui è del tutto impossibile rintracciare una qualsiasi forma di firma, di guizzo, di invenzione o di soluzione interessante.
Senz’altro qualcuno all’interno del mondo critico e tra il pubblico riuscirà a trovare del buono, un senso discorsivo, magari polemico rispetto al corso attuale del genere, un’intenzione, ad una pellicola così desolata e deserta (tanto in termini di ricostruzione, quanto di immaginario) da sembrare ambientata in un parco a tema durante il periodo della pandemia. Ma non certo chi scrive, intenerito ed insieme frustrato da un film terminale ed improponibile.
La leggenda del West resisterà a Dead for a Dollar, ed indubbiamente pure il mito di Walter Hill: non più guerriero della notte, ma guerriero perso nella notte più buia e fredda di un cinema giunto ormai alla sua ultima cavalcata.
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