TITOLO ORIGINALE: Hytti nro 6
USCITA ITALIA: 2 dicembre 2021
REGIA: Juho Kuosmanen
SCENEGGIATURA: Andris Feldmanis, Livia Ulman, Juho Kuosmanen
GENERE: sentimentale, commedia, drammatico
PREMI: Grand Prix Speciale della Giuria al festival di Cannes 2021
Forte di due interpreti che si sfidano a colpi di bravura ed immedesimazione, Juho Kuosmanen dirige e cattura un viaggio alla ricerca di sé con invisibile equilibrio ed un senso dello spazio che è prerogativa solo dei maestri, rendendoci del tutto partecipi e coinvolti in una vicenda che, ad un certo punto, diventa talmente intima e “stretta”, da sembrar pensata per pochissimi eletti. Vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria all'edizione 2021 del festival di Cannes, Scompartimento n. 6 è uno di quei treni che, anche se dovesse fare ritardo, sarebbe un crimine perdere, poiché il viaggio che propone ci permette di conoscere il cinema per la prima volta.
Era T. S. Eliot a scrivere che, del viaggio, “ciò che conta è il percorso, e non l’arrivo”, oppure che “alla fine di tutto il nostro andare, ritorneremo al punto di partenza, per conoscerlo per la prima volta”. Ebbene, sono forse proprio queste le parole per leggere e comprendere al meglio il senso ultimo e profondo di Scompartimento n. 6, secondo lungometraggio scritto e diretto dal finlandese Juho Kuosmanen, definito da molti critici autorevoli come “il film più bello di Cannes 2021”, dove ha vinto tra l’altro il Grand Prix Speciale della Giuria.
Al centro della vicenda infatti, vi è il viaggio di Laura (una magnifica Seidi Haarla), una studentessa finlandese, aspirante archeologa, residente a Mosca, che, a fine anni ‘90, decide di salire su un treno per recarsi nell’estremo Nord, più precisamente a Murmansk. Qui, intende andare alla ricerca di alcune incisioni rupestri vecchie di migliaia di anni, i cosiddetti petroglifi [una parola - ed un significato ad essa collegato - su cui Kuosmanen gioca moltissimo lungo il corso del film], che, per lei, rappresentano sia un’occasione per “conoscere e vedere da dove siamo venuti”, sia per allontanarsi dalla relazione tormentata ed opprimente che intrattiene con la compagna Irina.
Durante il viaggio però, Laura si ritroverà costretta a dividere il suo scompartimento (n.6) con Vadim (un esilarante Yuri Borisov), giovane ragazzo russo inizialmente sgarbato e maschilista (tanto che la prima cosa che fa è proprio provarci spudoratamente con la ragazza), anch’egli diretto a Murmansk non tanto per diletto, quanto piuttosto per un’offerta di lavoro.
Se tra i due vi sarà una conoscenza, un’amicizia, oppure un qualcosa che potrebbe definirsi amore, ma che, in realtà, è molto più complesso di così, è vostro compito scoprirlo. Quello che possiamo raccontarvi a riguardo di Scompartimento n. 6 sono soprattutto l’inattesa meraviglia e il crescente interesse - quelli che, di norma, accompagnano le “prime volte”, la scoperta di mondi e modi nuovi - che, in questa commedia sentimentale en voyage (come ripete la canzone dei Desireless che accompagna i titoli di coda), si ripropongono in questa loro accezione, aprendo gli occhi dello spettatore su orizzonti e possibilità insolite ed originali che, pur riecheggiando cose potenzialmente già viste o già sentite, ci ricordano quanto il cinema sia ancora vivo e, a differenza del sentire comune, abbia moltissimo da viaggiare, scrutare, sondare, immaginare e reimmaginare.
Kuosmanen, insieme ai co-sceneggiatori Andris Feldmanis e Livia Ulman, adatta così l’omonimo romanzo di Rosa Liksom, sfruttando tanto il tema del viaggio quale scoperta di sé e della propria storia, quanto l’immaginario ferroviario (da Hitchcock a Bong Joon-ho), per dare forma ad un racconto di destini incrociati, di incontri fortuiti che sconvolgono le sorti di una vita intera, di sentimenti ritrovati nell’iniziale disagio dato dall’obbligo di condivisione di uno spazio, in bilico tra passato e futuro, durante un viaggio che pare interminabile, ma che giunge al capolinea prima di quanto si pensi; però anche e soprattutto di individualità che si danno allo spettatore con la torpida freddezza e l’inscalfibile enigmaticità di quel paesaggio innevato che - seppur relegato al di fuori del finestrino, dello scompartimento, del treno, spesso addirittura del quadro cinematografico - percepiamo avere un’ascendenza indicibile, indefinita ed incondizionata su coloro che lo occupano.
Il compito dei due protagonisti sarà allora quello di imbarcarsi in una (all’apparenza irragionevole ed immotivata) traversata attraverso tutto questo freddo - corrispettivo atmosferico di una glacialità e freddezza che è tipica dell’anima, del cuore e del temperamento nordici -, per superarlo, sconfiggerlo, conviverci e così ritrovare una parte di sé che avevano da tempo rinnegato o, peggio, mai veramente conosciuto.
Tappa imprescindibile di questo viaggio, il trauma di venire traditi da coloro che avremmo ritenuto persone di cui potersi fidare, di perdere ricordi sbiaditi nello schermetto di una videocamera, di abbandonare la maschera dell’apparenza e di un’autodifesa emotiva per lasciarsi andare alla visceralità del sentimento, di imbarcarsi su un treno per non si sa bene dove, senza nemmeno una ragione ben precisa, abbandonando tutto e tutti per ripensare il proprio passato ed essere più consapevoli riguardo al proprio presente e a ciò che verrà. Vale a dire un mare (aperto e dall’orizzonte interminabile) di possibilità, di nuovi incontri, di nuove esperienze, di vita ancora da vivere.
Forte di due interpreti che si sfidano a colpi di bravura ed immedesimazione, Kuosmanen dirige e cattura questa “jam session attoriale” con invisibile equilibrio ed un senso dello spazio che è prerogativa solo dei maestri (o di futuri tali), facendo uso esclusivo di una macchina a mano dinamica ma sicura, che, insieme al direttore della fotografia J-P Passi, sceglie di posizionare quasi sempre ad un palmo di naso dai personaggi, come a voler fissare ogni minimo dettaglio dei loro volti su un’ammaliante pellicola 35mm ed analizzarne anche il più piccolo tic, o più semplicemente per renderci del tutto partecipi e coinvolti in una vicenda che, ad un certo punto, diventa talmente intima e “stretta”, da sembrar pensata per pochissimi eletti.
Con Scompartimento n. 6, secondo un processo simile a quello che guida i suoi due protagonisti, Kuosmanen riesce pertanto a rompere le costrizioni dell’inquadratura, da cui fa esondare le virtù del proprio testo, arrivando a plasmare la realtà percettiva dello spettatore. Anche la sala cinematografica più spaziosa e capiente, si trasformerà allora nello stretto, freddo e consumato vagone di un treno che sfreccia tra i ghiacci della Russia nord-occidentale. Un treno su cui Laura è a bordo ancor prima di salirci effettivamente, che potrebbe sì raffigurare il treno della sua e della nostra vita presente: una condizione di stallo costretto in bilico tra passato e futuro; ma che potrebbe pure corrispondere ad una figurazione dello stesso mezzo cinematografico. Ossia un vero e proprio mezzo di trasporto che, quando ben guidato, riesce a collegare il nostro sguardo con realtà e storie sempre nuove ed uniche nel loro genere.
Scompartimento n. 6 è uno di quei treni che, anche se dovesse fare ritardo, sarebbe un crimine perdere, poiché il viaggio che propone - parafrasando Eliot - ci permette di conoscere il punto di partenza (il cinema, appunto) per la prima volta.
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