TITOLO ORIGINALE: Resident Evil: Welcome to Raccoon City
USCITA ITALIA: 25 novembre 2021
USCITA USA: 24 novembre 2021
REGIA: Johannes Roberts
SCENEGGIATURA: Johannes Roberts
GENERE: azione, fantascienza, orrore, fantastico, avventura, thriller
A distanza di cinque anni precisi dall'ultimo, inequivocabile Resident Evil: The Final Chapter di Paul W. S. Anderson con Milla Jovovich, il mediocre regista di 47 metri, Johannes Roberts, confeziona un reboot che, a dispetto di premesse e aspettative, altro non è che un omaggio sentito, colto e fedele ai primi due capitoli della storica serie di videogiochi made in Capcom. B-movie con un’aspirazione a qualcosa di più alto nella forma e di longevo nel futuro produttivo, Resident Evil: Welcome to Raccoon City, forte di un eccelso lavoro di casting e di un ritorno alle atmosfere classiche di tensione, claustrofobia ed angoscia del franchise, inaugura un potenziale nuovo universo narrativo, dando forma ad un brivido autentico ed inatteso di cui, da tempo, si sentiva la mancanza.
Ormai lo sanno pure i muri… e le poltroncine. Il rapporto tra cinema e videogiochi non è mai stato dei più floridi. Pochissimi sono infatti gli adattamenti riusciti di grandi saghe o pilastri imprescindibili di quel mondo, in fondo così simile e debitore della tecnica, delle regole e dei procedimenti della settima arte.
In tal senso, basti pensare alla serie di adattamenti inaugurata da Paul W. S. Anderson nel lontano 2002 con il primo (di sei) Resident Evil, che, pur prendendo spunto e rifacendosi al fortunatissimo franchise made in Capcom che, sul finire degli anni ‘90, ha inventato un genere (il survival horror) e aiutato a ridefinire dalle fondamenta usi, costumi e processi creativi e di design dell’universo videoludico, spaventando a morte milioni di giocatori; si è poi offerta e ridotta (in modo non dissimile dalla piega che ha preso la stessa controparte videogame) ad un’idea di cinema testosteronica, schizofrenica, tutta virata su un action iperbolico, esagerato ed esasperato, dunque lontana dall’impronta horrorifica, claustrofobica ed angosciante del materiale originale. Insomma, l'oggi vecchio canone "residenteviliano" consiste in una serie di pellicole del tutto rinunciabili, la cui unica nota veramente memorabile è forse l’interpretazione calzante ed esaltata di Milla Jovovich.
Ebbene, a distanza di cinque anni precisi dall’ultimo, inequivocabile Resident Evil: The Final Chapter, la buon anima di Johannes Roberts [mediocrissimo regista di brutture sottomarine quali 47 metri e 47 metri - Uncaged] tenta di riportare sul grande schermo Claire Redfield, Jill Valentine, Chris Redfield, Leon S. Kennedy e tutto il ricettario di ex-poliziotti, donne con gli attributi, nemici doppiogiochisti, cospirazioni internazionali e mostri inquietanti, a cui, salvo rari casi, Paul W. S. Anderson non è mai riuscito a rendere giustizia.
Purtroppo, visto soprattutto il curriculum del nostro Roberts (qui anche impegnato in sceneggiatura), le premesse di questo film, così come le nostre aspettative, non erano proprio delle migliori. Anzi, erano praticamente sottoterra. Ciò nonostante, non immaginate quanto ci rallegri ammettere che, alla vista delle prime sequenze di Resident Evil: Welcome to Raccoon City, queste stesse (basse) aspettative sono risbucate fuori come zombie dalle proprie tombe.
Sia chiaro, non stiamo assolutamente dicendo che questa nuova avventura zombesca sia il più bel film che vedrete in sala quest’anno, oppure ancora che si tratti di un’opera riuscitissima con un significato profondo, numerosi sotto testi ed un approccio horrorifico rivoluzionario (chi sarebbe mai così illuso?, aggiungeremmo noi). Nondimeno, pur lavorando secondo procedimenti e soluzioni comuni e forse ridondanti per chi mastica horror con regolarità e passione (tra questi, gli immancabili jumpscares, gli zoom dilatatissimi e volutamente artificiosi, ed un uso proverbiale del commento musicale), ed arraffando moltissimo, forse pure troppo, da tante espressioni cinematografiche horrorifiche e non: dal Romero de La città verrà distrutta all'alba al Fulci di Paura nella città dei morti viventi, dal Carpenter di 1997: Fuga da New York allo Stuart Gordon di From Beyond, finanche a qualcosa del cinema di James Wan (che inizialmente avrebbe dovuto produrla); la pellicola di Johannes Roberts è, in fin dei conti, niente più che un omaggio appassionato, pedissequo e colto ai primi due capitoli della serie Capcom.
Gli appassionati di quest’ultima verranno infatti travolti ed appagati da una serie di inquadrature, scenari, atmosfere, scenografie, scelte di messa in scena, linee di dialogo, accenni ed inserti in sovrimpressione ricreati, reimmaginati ed integrati ad hoc in una trama che recupera l'ambientazione di fine anni '90, fondendo - manco a dirlo - le sinossi e i momenti salienti delle prime due iterazioni videoludiche. (E qui si potrebbe aprire una discussione infinita sul fattore originalità, ma, visti i fini dell’operazione e la generale poca invasività di suddetti richiami, farlo non ci sembrerebbe poi così valido e funzionale ai fini della recensione.)
Per quanto riguarda invece la concretezza filmica, ci sono tutti gli ingredienti per un B-movie con un’aspirazione a qualcosa di più alto nella forma e di longevo nel futuro produttivo (come consueto ormai, scena mid-credit all’orizzonte!), che, oltre a presentare alcuni interessanti ed imprevedibili spunti attuativi [il riferimento è al momento sincopato di sparatoria e scontro al buio che, malgrado riprenda uno degli scenari più tesi e celebri del primo Saw, è veramente ben orchestrato], riesce ad accompagnare saggiamente anche il più profano degli spettatori nel mondo di Raccoon City e della Umbrella Corporation grazie ad un’atmosfera centratissima.
Roberts dimostra inoltre di saper lavorare molto bene con la scala dei campi e dei piani (merito anche e soprattutto di Maxime Alexandre in fotografia), lanciandosi in composizioni registiche insolite ed impreviste. Allo stesso tempo, per fortuna, questo Resident Evil torna ad un’idea di racconto che fa di una tensione, un’inquietudine ed un ritmo tenaci ed inscalfibili le sue principali chiavi di volta, e, se solo non fosse per un finale nel quale si vuole strafare e si finisce così per buttare tutto alle cosiddette ortiche (con una serie di incursioni in un’estetica trash da noi tanto temuta), diremmo addirittura di trovarci di fronte ad un film che riesce pure a mantenere una coerenza ed un contegno interni del tutto ignoti agli ultimi esponenti del genere.
Ancor prima però, il maggior pregio di Welcome to Raccoon City risiede, per chi scrive, in un lavoro eccelso di casting, che, a dispetto dei cambi di etnia e fisionomia di alcuni personaggi, contribuisce a rendere credibile, promettente e vivace l’universo narrativo al quale Roberts e soci, in collaborazione con la stessa Capcom e Sony, vorrebbero qui dare inizio.
In definitiva, nonostante qualche innegabile questione e problematica [non ultima, una CGI orripilante delle creature] che potrebbero frenarne i sogni di gloria, Resident Evil: Welcome to Raccoon City è un brivido autentico ed inatteso - che senza il supporto del grande schermo e di un buon impianto audio potrebbe perdere moltissimo - di cui, da tempo, si sentiva la mancanza. Poi, il fatto che, ad un certo punto, ci abbia addirittura ispirato una breve riflessione su quanto, seppur involontariamente, una realtà à la Resident Evil, tra epidemie, contagi, quarantene, genetica, teorie del complotto online e Big Pharma; non sia che il perfetto, ma più apocalittico, manifesto dei nostri tempi è tutto grasso che cola... anche se forse è più un merito da attribuire al videogame, ma tant'è. Resta comunque il fatto che il film di Johannes Roberts, questa inquietudine, la sa restituire con perizia.
Sei d’accordo con la nostra recensione? Se sì, lascia un like e condividi l’articolo con chi vuoi.
In più, per non perdere nessun’altra pubblicazione, assicurati di seguirci sulle nostre pagine social e di iscriverti alla nostra newsletter.