TITOLO ORIGINALE: Venom: Let There Be Carnage
USCITA ITALIA: 14 ottobre 2021
USCITA USA: 1 ottobre 2021
REGIA: Andy Serkis
SCENEGGIATURA: Kelly Marcel
GENERE: azione, fantascienza, thriller
Sequel di quell’abisso del buon gusto, dell’efficienza affabulatoria e dell’equilibrio compositivo che era ed è tuttora Venom di Ruben Fleischer, La furia di Carnage di Andy Serkis è un film fedele al suo predecessore, nel senso che è abile nel ravvivare quel senso di inutilità e di disinteresse produttivo e creativo che permeava ogni singolo fotogramma dell'originale. Non basta neanche Woody Harrelson - che, per l'occasione, rispolvera gli abiti che vestì per Oliver Stone in Assassini nati - a ristabilire un film imbarazzante, fastidioso, pretestuoso nella cifra in cui altro non è che un alibi per la sua scena mid-credit, stupidamente ingenuo, violento e puerile quanto basta per impressionare e divertire un quattordicenne. Più in basso di così, c'è solo Tom Hardy che parla con le galline. Giusto...
Quante cose si possono fare in 98 minuti? Tante, credeteci. Vi diamo qualche idea: guardare un episodio e mezzo di quella meraviglia di Scene da un matrimonio, leggere un centinaio o più di pagine di un classico della letteratura, ascoltare un buon disco per intero, andare a fare una passeggiata rinvigorente o una nuotata in piscina, completare una sessione in palestra, preparare qualcosa di buono e poi gustarlo in compagnia, o, più semplicemente, farsi una bella dormita. Qualunque cosa decidiate da fare in questi fantomatici 98 minuti, ciò che vi sconsigliamo vivamente è decidere di vedere Venom - La furia di Carnage.
Prometteva una carneficina (o, in originale, Carnage) il ridicolo Cletus Kasady di Woody Harrelson, mentre minacciava Eddie Brock nella sequenza mid-credit di Venom (2018) di Ruben Fleischer. Un prodotto, quest’ultimo, che chi scrive definisce tuttora elementare, sbagliato ed oltremodo vintage, nel senso che, in poco più di due ore, riusciva ad annullare tutti quei progressi che il filone, anche grazie all’imponente lavoro del Marvel Cinematic Universe, ha intrapreso negli ultimi dieci, quindici anni, riportandolo ai “bei vecchi tempi” di The Punisher e Daredevil. Con Venom, la Sony sembrava allora più intenta a replicare il successo di Deadpool, che non a fondare ed imporre un universo - il Sony’s Spider-Man Universe - che potesse competere con il grande disegno Disney.
Tre anni esatti sono passati da quell’abisso del buon gusto, dell’efficienza affabulatoria e dell’equilibrio compositivo, ma poco è cambiato, ad eccezione forse dell’acconciatura (per fortuna) del serial killer interpretato da Woody Harrelson, chiamato, per l’occasione, a rispolverare i panni che vestì nel magnetico Assassini Nati (1994) di Oliver Stone. Se lì era lo svalvolato, luciferino e spietato Mickey Knox, qui l’attore è costretto purtroppo a prestare il volto ad una caricatura tendente alla parodia dell’archetipo del serial killer mentalmente deviato.
Il suo nome è appunto Cletus Kasady e, poco prima della sua condanna a morte, per una serie di (stupidissimi) eventi, assume i poteri di Carnage, un simbionte nato da una costola di Eddie “Venom” Brock, ma ciononostante infinitamente più potente e spietato di lui, il quale gli permette di evadere dalla prigione di massima sicurezza di S. Francisco e mettersi sulle tracce del nostro antieroe simbiotico.
Al suo fianco, al posto di Mallory Knox (e di una Juliette Lewis forse ancor più folle), troveremo invece tale Shriek (ed una Naomie Harris a dir poco imbarazzante, in una riscoperta - anche estetica - del suo ruolo di Tia Dalma ne I pirati dei Caraibi), un’orfana che Cletus conobbe quando venne affidato al riformatorio di St. Estes e di cui si innamorò follemente, ma che da anni tutti ritengono morta. Con tali premesse, non stupisce quindi molto scoprire l’entità della missione che richiama Brock all'azione: fermare i malvagi piani di Kasady e di una (da lui) ritrovata Shriek e intanto (giusto per speziare un po’ di più il tutto) ricucire il rapporto con un Venom che si sta lentamente stancando del suo corpo, pretendendo sempre più libertà, e costantemente affamato e desideroso dei cervelli umani che il suo umano gli ha promesso.
Nient'altro che una fiera dell’elementarità dell’intreccio cinematografico, tutta giocata sulla scontatezza e sul pleonasmo: questo è tutto ciò che i cervelli di Kelly Marcel e Tom Hardy sono riusciti ad escogitare e a proporre come soggetto per il sequel di una pellicola che, già di suo, non splendeva certo per l'innata originalità. Sorprende dunque ancor meno quanto poco, a simili premesse, sia venuta incontro la sceneggiatura del solo Marcel, che pare invece determinata a comporre un seguito in cui, come detto sopra, nulla sembra veramente cambiato, sia dietro, sia davanti la macchina da presa.
Nonostante una sostituzione promettente solo all’apparenza in cabina di regia - Fleischer viene sostituito da Andy “Gollum” Serkis -, se provaste a sostituire questa nostra recensione di Venom - La furia di Carnage ad una qualsiasi del suo predecessore, con tutta probabilità non notereste la minima differenza. Potremmo allora definire il lavoro di Serkis come un qualcosa di estremamente fedele. Fedele nell’alternare e riproporre in maniera spudorata e ridondante tutti i pregi (quasi nulli) e i difetti (a non finire) dell’opera da cui discende, nel prolungare o tradire, a propria discrezione, quel pasticcio schizofrenico immaginato da Fleischer, oppure ancora nel ravvivare quel senso di inutilità e di disinteresse produttivo e creativo che permeava ogni singolo fotogramma di quel film, ma anche quel forte imbarazzo che quegli stessi fotogrammi riuscivano a produrre nello spettatore.
Sarebbe però ingiusto negare quanto il cambio di regia abbia giovato al film, portando il franchise dalla denuncia per oltraggio al pudore alla soglia della quieta tolleranza. Al contempo, è inoltre da apprezzare l’abbandono di tracciati e sottotesti pregni di retorica e vacui moralismi (vedasi le linee di dialogo del Carlton Drake di Riz Ahmed), in favore di una sincerità e semplicità d’intenti che dimostrano almeno una maggior autoconsapevolezza.
Venom - La furia di Carnage vuole essere, nel bene e nel male, quello che il film originale fu a suo tempo: un successo mal giustificato da una mediocre realtà dei fatti. Dire dunque che questo sequel è un film imbarazzante, fastidioso, pretestuoso - nella cifra in cui altro non è che un alibi (lungo 98 minuti!) che pare voler giustificare una scena mid-credit il cui clamore presso il pubblico la dice lunga sulla qualità e il fascino di ciò che la precede -, stupidamente ingenuo, violento e puerile quanto basta per impressionare e divertire un quattordicenne, ecc... ci sembrerebbe un po’ come sparare sulla fantomatica croce rossa (povera lei).
Al di là di una CGI inaspettatamente posticcia (un qualcosa del tutto impensabile con uno dei pionieri della motion capture alla regia), di una colonna sonora targata Marco Beltrami impegnata solo ed esclusivamente nell’imitazione dei temi degli Spider-Man di Sam Raimi composti da Danny Elfman, di un montaggio dall'approccio aggressivo, spesso casuale, altrimenti fin troppo sintetico, o di una Michelle Williams di cui ancora non abbiamo decifrato l’utilità, la vera incognita rimane però Tom Hardy, l’unico (all’apparenza) davvero investito in ciò che sta facendo. Questi (lo stesso di Locke, Bronson e Mad Max: Fury Road, ricordiamolo) interpreta, produce e addirittura scrive il soggetto di un prodotto di cui - nel caso questa sua investitura si rivelasse autentica - lui per primo dovrebbe seriamente vergognarsi.
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