TITOLO ORIGINALE: Halloween kills
USCITA ITALIA: 2021
REGIA: David Gordon Green
SCENEGGIATURA: David Gordon Green, Danny McBride, Scott Teems
GENERE: orrore, thriller
Fuori concorso alla 78ª edizione della Mostra del cinema di Venezia
David Gordon Green torna alla regia della saga inaugurata da John Carpenter nel 1978 con un sequel diretto del film reboot (più che buono) del 2018. Purtroppo, il risultato finale è un testo didascalico, prevedibile, involontariamente comico, manchevole di suspense e, alla lunga, noioso, di cui non colpiscono nemmeno i frequenti rimandi alla pellicola originale.
Sono passati 42 anni da quando John Carpenter con Halloween - La notte delle streghe firmò un horror/slasher low budget che si convertì in pochissimo tempo in uno dei film indipendenti di maggior successo e in un’opera fondamentale per la cinematografia mondiale (e non solo orrorifica). Tuttavia, il tempo in Halloween Kills di David Gordon Green, il nuovo, nonché secondo capitolo della trilogia reboot che prende il via direttamente dal finale di quel classico carpenteriano, funziona in modo diverso. Qui infatti, sono passati 40 anni esatti da quella notte di Halloween del 1978. Dalla notte in cui Laurie Strode sopravvisse all’effrazione di un serial killer all’interno della casa dove quella notte stava facendo da babysitter ai piccoli Tommy Doyle e Lindsey Wallace. Dalla notte in cui l’assassino Michael Myers divenne la leggenda di paura e terrore, l’Uomo Nero, che tutt’ora infesta gli abitanti della piccola cittadina di Haddonfield, Illinois.
Halloween Kills riprende dunque il filo giusto un paio di secondi dopo l’epilogo del predecessore, l’Halloween del 2018 (sempre di Green); ovvero quando, con un abile stratagemma, una Laurie Strode già in età avanzata, ma ciononostante ancora assillata dal ricordo di quella notte di fine ottobre e dal fantasma di Michael riesce, insieme alla figlia e alla nipote, ad ingannare Myers (uscito dal centro di correzione in cui era stato rinchiuso) e ad intrappolarlo nel seminterrato di casa sua, nella quale, per un bengala lasciato cadere dalla stessa Strode, scoppia un incendio che teoricamente avrebbe dovuto ammazzarlo. Invece, come ben anticipato dal grande finale dello scorso film per l’appunto, Michael sembra essersi salvato le penne e ora si trova, più assetato (di sangue, ovviamente) che mai, in quella stessa cittadina ove quarant’anni prima compì un autentico massacro.
Se, nel seguire tutte queste discrepanze e salti temporali, vi è venuto un leggero mal di testa, accomodatevi, c’è posto per tutti. D’altronde, spiegare, anche allo spettatore più acerbo, ed ampliare la complicata linea temporale di una saga che, tra alti (che poi sono altissimi) e bassi (viceversa), ha subito numerosi cambi di rotta, sia narrativi sia (soprattutto) stilistici, è uno dei propositi principali che si pone il sequel di David Gordon Green.
Ma tali nobili intenzioni non sono sufficienti. Difatti, se il rilancio del 2018 si poteva comodamente collocare tra “gli alti più alti” del franchise - specie per via di grandi intuizioni visive, un ottimo senso dello spazio, una colonna sonora strepitosa (composta da Carpenter in persona), una gestione attenta della tensione ed una serietà ben amalgamata ed ottimamente retta in regia da David Gordon Green -, ci duole rivelarvi che, al contrario, Halloween Kills riporta l’eredità di Michael Myers ai bei tempi (si fa per dire) di Halloween - 20 anni dopo e Halloween - La resurrezione.
Quello confezionato da David Gordon Green, a nostra negativa sorpresa, è allora un horror sulla cui mancanza del benché minimo terrore o raccapriccio si potrebbe pure soprassedere, ma di cui non riusciamo proprio ad accettare la pochissima sensibilità nella costruzione della suspense, la risicata ingegnosità nella composizione, anche visiva, delle famigerate apparizioni di Michael Myers, e - ultimo ma non per importanza - lo sfruttamento dozzinale di un gancio come quello della pellicola del 2018 e di un soggetto (Myers ritenuto morto da Laurie e a piede libero, all’insaputa di Laurie) tanto inestimabile.
L’orrore e l’agitazione per la ricomparsa dell’Uomo Nero sul grande schermo, accompagnato, come giusto che sia, dal leggendario tema di John Carpenter (unico inserto di una colonna sonora pigra e trascurabile, differentemente dal capitolo precedente), lasciano ben presto spazio ad un racconto privo di idee, di intuizioni e di una visione forte e ben delineata, ideologicamente contraddittorio ed argomentativamente nebuloso: il film sembra essere ora una critica alla società dei mass media, ora una denuncia del governo trumpiano, ora un’ode al giustizialismo, ora una sua condanna; a sua volta, più tendente alla parodia e alla comicità involontaria (vedasi i personaggi ridicoli, poiché gay?, di Big e Little John) che al thriller o, sia mai, all’horror duri e puri.
Non basta la maschera di Michael Myers, ancora capace (grazie solo ed unicamente al genio di Carpenter che ne ha contribuito alla creazione) di incutere timore, di bucare lo schermo e di rappresentare una forma di terrore psicologicamente abissale e fisicamente conturbante. Non basta qualche sequenza di uccisione ben diretta (seppur il piano sequenza dell’assassino che si ferma davanti alla culla nel film del 2018 sia tuttora da pelle d’oca) e divertente. Non basta nemmeno una Jamie Lee Curtis che si limita a timbrare il cartellino, tutt’al più offrendo una delle prove più svogliate della sua carriera.
La stessa Curtis che, onorata del Leone d’oro alla carriera (ed ecco spiegata la presenza del film a questa 78ª edizione della Mostra del cinema di Venezia), ha rivelato di aver già letto la sceneggiatura del terzo film - che presumibilmente si intitolerà Halloween Ends -, il quale, a detta sua, “amplificherà i temi dei primi due ad un livello esistenziale”. È giusto dunque aver paura… ma non certo di Michael Myers o di quello che viene rappresentato o raccontato all’interno di Halloween Kills - che è, ad oggi, probabilmente una delle più grandi delusioni dell’anno -, quanto più del fatto che dovremmo sorbirci altre due ore di commedia gratuita e ripetitiva con forzature grandi come una casa. Di un testo didascalico, prevedibile e, alla lunga, noioso che, come se non bastasse, crede anche di ingannare uno spettatore che probabilmente è più colto e consapevole di lui, cercando di fargli credere che, parafrasando, “il male possa morire stanotte” e che questo non sia invece un capitolo di passaggio verso un qualcosa di (speriamo) meno brutto ed inconcludente. Parafrasando ancora, Halloween died tonight!
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