TITOLO ORIGINALE: Creators - The Past
USCITA ITALIA: 8 ottobre 2020
REGIA: Piergiuseppe Zaia
SCENEGGIATURA: Piergiuseppe Zaia, Eleonora Fani
GENERE: fantastico, fantascienza
Sullo sfondo di un allineamento cosmico che potrebbe portare stravolgimenti in tutto l’universo, otto dei immortali, i Creators, devono recuperare un manufatto che, cadendo in mani sbagliate, potrebbe rivelare agli esseri umani le loro vere origini. Kolossal sci-fi made in Italy, Creators - The Past è l’opera prima del compositore Piergiuseppe Zaia. Una pellicola che si pone come obiettivo un rinnovamento e rinascita del cinema di genere italiano si rivela essere nient’altro che un pasticcio disordinato, disorientato e disorientante, mal equilibrato e dozzinale, caratterizzato da un racconto ed un’attuazione scadenti e incapaci di raggiungere il benché minimo livello di sopportabilità. Un disastro su tutta la linea che, da salvatore del cinema, diventa tassello non richiesto ed innecessario.
C’era un tempo in cui il cinema nostrano superava le grandi produzioni hollywoodiane. Un tempo in cui il cinema di genere era italiano prima di essere francese, tedesco, britannico o americano. Bava, Leone, Fulci, Argento, Pasolini, Monicelli, Germi e Barboni: nomi autoriali celebri e fondamentali per l’esistenza stessa e l’evoluzione di svariati filoni, tra cui lo slasher, l’horror, il giallo, la commedia e il western. Tuttavia, chiusosi il ridente e proficuo periodo tra l’inizio degli anni ‘60 e la fine dei ‘70, questo giusto e giustificato orgoglio patriottico ha lasciato posto ad una colonizzazione ed eccentricità anglo-americana, soprattutto per quanto riguarda il cinema commerciale. Questa egemonia hollywoodiana coincide con una parallela e progressiva focalizzazione di intenzioni e mercato, da parte dell’industria cinematografica italiana, a favore di due sole e, alla lunga, stantie correnti - il dramma (impegnato o meno) e la commedia -; e con un graduale tradimento di un passato di grandezza, sperimentazione e prestigio. Negli ultimi anni, fortunatamente, il nostro cinema ha registrato (e continua a registrare) una tanto inaspettata quanto benvoluta rinascita del genere, con pellicole come il giallo Smetto quando voglio (2014) di Sydney Sibilia, il supereroistico Lo chiamavano Jeeg Robot (2015) di Gabriele Mainetti, il musical Ammore e malavita (2017) dei Manetti Bros., i fantasy Il racconto dei racconti (2015) e Pinocchio (2019) di Matteo Garrone, l’horrorifico Suspiria (2018) di Luca Guadagnino, fino ad arrivare agli attesissimi Freaks Out e Diabolik - in uscita (si spera) nei prossimi mesi.
Esiste però un ambito in cui, anche negli splendenti anni d’oro, gli italiani non sono mai riusciti ad affermarsi completamente e con successo: la fantascienza. Ci hanno provato autori del calibro di Elio Petri con La decima vittima (1965), Pupi Avati con Zeder (1983) e Gabriele Salvatores con Nirvana (1997), ciò nonostante, la loro visione si è presto ritrovata sommersa e sorpassata, per popolarità, da colossi sci-fi come Star Wars, Star Trek e Alien, per citarne alcuni. Torniamo però al presente, chiamando in causa uno degli esperimenti italiani più attesi di quest’anno: Creators - The Past. Opera prima del compositore Piergiuseppe Zaia, la pellicola è il primo capitolo di un’ipotetica trilogia che, stando alle parole - forse leggermente presuntuose - del regista, vorrebbe riscattare il cinema italiano dal <<buco nero>> melodrammatico a cui sembra essere ancorato da tempo. Dopo iniziali dubbi e difficoltà produttive, il progetto ha iniziato a prendere forma, assurgendo presto allo status di vero e proprio kolossal e inglobando figure attoriali celebri come William Shatner, Bruce Payne e Gérard Depardieu.
Propositi precisi e innovatori sono il punto di partenza di una pellicola fondata su un soggetto, per contro, abbastanza caotico e debitore di una struttura narratologica fondata sul ricorrente archetipo del demiurgo/mastermind ordinatore e assoluto. In un 2012 agli sgoccioli, l’universo si avvicina ad un importante allineamento che coinvolgerà tutti i pianeti e le forme di vite del cosmo, incluso il sempre presente pianeta Terra. A supervisionare i cambiamenti di questo evento galattico, otto Dei immortali, i Creators. Ognuno di questi è custode di un pianeta differente, di cui ne sorveglia eventi e popolazione, e di un manufatto, denominato lens, che conserva al suo interno l’identità genetica di suddetto mondo. In questo clima di tensione e mistero, per una serie di coincidenze, i Creators perderanno il lens dei terrestri e - timorosi che possa finire in mani sbagliate, rivelando dunque agli esseri umani le loro vere origini - incaricheranno la “collega” Lady Airre di recuperarlo e portarlo nuovamente al sicuro.
Una volta traslato su schermo, questo incipit narrativo - che, ad una prima occhiata, potrebbe sembrare quasi promettente - si rivela essere nient’altro che un pasticcio disordinato, disorientato e disorientante, mal equilibrato e dozzinale. In sintesi, un vero e proprio disastro su tutta la linea. Non scherzo quando affermo che, prendendo in esame ogni singolo componente della creatura filmica di Zaia, finirei per ripetere all’infinito le stesse osservazioni, dato che nessuno di questi soddisfa assolutamente i propri scopi o, quantomeno, un livello di minima accettabilità e sopportazione. Un prologo talmente verboso e altisonante da risultare confusionario e dispersivo apre le porte ad un calderone di concetti, idee e simbologie, amalgamati in maniera precaria e senza alcuna cognizione di causa e spalmati su di un racconto catastrofico che non rispetta alcuna regola basilare per quanto riguarda costruzione, contestualizzazione, caratterizzazione e coinvolgimento. Racconto che, prendendo spunto (o dovrei dire, copiando) da produzioni migliori e ben più famose, a sua volta, vorrebbe trattare temi tra i più disparati e vari: ufologia, teologia, cospirazionismo, esoterismo, corruzione e teorie quali la provenienza aliena di Gesù, la creazione di un nuovo ordine, una pandemia aliena e la terza guerra mondiale. Malgrado ciò, tali elementi risultano così organicamente fuori luogo da sfociare nel più assoluto e pretestuoso caos.
Una sceneggiatura che non riesce a (o vuole) prendersi i suoi tempi e che punta quasi unicamente su uno sviluppo quanto più frenetico e turbolento possibile dà vita ad una narrazione frammentata, artificiosa e assordante che appare più come un’accozzaglia ingiustificata di tesi alla Mistero (o di una “marchetta” a Mauro Biglino, scrittore italiano e sostenitore della concezione degli antichi astronauti, qui presente come guest star), piuttosto che l’inizio di una nuova odissea fantascientifica. Una scrittura imbarazzante e incoerente, talvolta eccessiva ed esagerata, non viene di certo riabilitata da un’attuazione tecnica ugualmente precaria e spicciola, composta da una regia instabile che cambia continuamente stile e approccio, una computer grafica infelice e attualmente inaccettabile - sintomo, ma non giustificazione, di una produzione a budget risicato -, una fotografia completamente votata proprio all’occultamento di questa stessa labilità visiva, un montaggio deleterio e ridondante ed una colonna sonora, firmata dallo stesso Zaia, frequentemente inappropriata con quanto rappresentato su schermo.
Creators - The Past è una pellicola che lascia lo spettatore non solo con moltissime domande e interrogativi - come abbia fatto la produzione ad ingaggiare attori come Shatner e Depardieu e, in secondo luogo, quali siano stati i motivi che hanno spinto questi stessi interpreti ad accettare -, ma anche con altrettante certezze. L’opera di Piergiuseppe Zaia punta in alto, senza avere però gli strumenti adatti a rispettare tale impegno, convertendosi pertanto in un tassello non richiesto e non essenziale di un cinema italiano che, contrariamente a quanto possa pensare il cineasta, si sta e vuole riprendersi. In definitiva, Creators - The Past si configura come un esperimento ardito che avrebbe avuto senso, se si fosse avvicinato, come minimo, allo status di film in quanto tale. Pur con i suoi 28 premi, l’opera dell’ex-compositore si presenta al pubblico come un prodotto squilibrato che si avvicina più ad un progetto amatoriale della rete che al primo capitolo (dal finale aperto) di una nuova avventura cinematografica.