TITOLO ORIGINALE: Curon
USCITA ITALIA: 10 giugno 2020
PIATTAFORMA/CANALE: Netflix
GENERE: fantastico, thriller, giallo, drammatico
N. EPISODI: 7
DURATA MEDIA: 41-51 min
E’ finalmente disponibile in streaming la prima stagione del nuovo original Netflix italiano, basato sulle leggende che circondano la cittadina di Curon. Una sceneggiatura che risente di una derivazione smaccata da altri prodotti di genere e dell’assenza di una coesione così precisa e forte da renderla memorabile naufraga un comparto tecnico buono, interpretazioni sommariamente credibili e un’atmosfera tutto sommato suggestiva. Un esperimento, a metà tra fiction ed internazionalità che, non trovando una propria strada identitaria, lascia lo spettatore completamente indifferente.
Curon è un piccolo paesino di poco più di 2mila abitanti, in provincia di Bolzano, situato praticamente al confine con Austria e Svizzera. Luogo di interesse, divenuto ormai simbolo della cittadina, un campanile che emerge dalle acque del lago Resia. Questa torre è l’ultimo reperto a testimonianza dell’antico villaggio di Curon - demolito e successivamente ricostruito sul lato orientale della valle. Il campanile, così come la stessa cittadina, vacillano costantemente tra verità e leggenda. Infatti, qualcuno afferma che, in certe giornate invernali, sia ancora possibile sentire risuonare le campane.
Ed è proprio a Curon che, dopo 17 anni di assenza, torna Anna Raina - una delle protagoniste dell’omonima e nuova serie TV Netflix. Ad accompagnarla, i due figli (gemelli) adolescenti Mauro e Daria, che, abituati al caos e alla frenesia di una metropoli come Milano, vedono questo trasloco come una vera e propria sofferenza. Malgrado i tentativi di allontanamento da parte del nonno Thomas, i tre finiscono per stabilirsi presso il vecchio e tetro Hotel Raina - ormai in disuso ed abbandonato completamente a sé stesso. Qualche giorno dopo, mentre i gemelli tentano, a modo loro, di orientarsi nella nuova realtà, la madre scompare misteriosamente. Nell'intento di ritrovarla, Mauro e Daria verranno a conoscenza di un’oscura eredità familiare e dei molteplici segreti che circondano il paesino montano.
Dietro la macchina da presa dei sette episodi che compongono la prima stagione del serial, Fabio Mollo ed un’esordiente Lyda Patitucci. Pur mantenendosi generalmente su livelli qualitativi ed espressivi molto buoni e concorrendo a dar vita, insieme alle ambientazioni, ad un’atmosfera suggestiva e tenebrosa, la direzione e messa in scena di Curon presentano purtroppo numerosi scivoloni stilistici che, oltre a minare la qualità del prodotto in sé, in certi punti, rischiano quasi di rovinare la tensione che si viene a creare su schermo. Questa suspense, così come le svariate possibilità e potenzialità espressive delle diverse sequenze, vengono svilite, in secondo luogo, dal montaggio - confusionario, frenetico ed ipercinetico; la vera nota di demerito della serie. A rialzare l’asticella qualitativa, una fotografia affascinante, basata sui contrasti e di stampo puramente internazionale ed una colonna sonora orecchiabile, anche se quasi mai integrata al meglio e coerente con ciò che avviene su schermo.
Nonostante qualche piccolo inciampo a livello tecnico, tuttavia, i veri problemi dello show iniziano a farsi sentire se si considerano soggetto e sceneggiatura. Anche se presentata inizialmente come la prima vera serie mystery italiana, Curon abbraccia e adotta spunti e stilemi caratteristici di vari generi televisivi e cinematografici differenti. Infatti, oltre all’horror e al thriller, si recuperano, seppur moderatamente, elementi tipici del teen drama e della fiction italiana, in particolare nella gestione dei rapporti e delle caratterizzazioni. Questa commistione di generi e stili non fa che distogliere l’attenzione della sceneggiatura dalla componente prettamente mystery, portando ad una conseguente dispersione delle volontà espressive e narrative. Si comprende l’intento primario della produzione (creare un prodotto alla Dark, pur con un intreccio molto più sintetico ed immediato), ma è proprio questo mix di stimoli ed influenze differenti e saltuariamente discordanti a portare lo show alla quasi totale assenza di un’identità così forte da lasciare un segno nello spettatore. Questa derivazione è ravvisabile anche e soprattutto per quanto riguarda l’impianto argomentativo che vede, come tematiche cardine, il dualismo e il filone narrativo del doppelganger (recentemente rivitalizzato dalla terza stagione di Twin Peaks). Malgrado ciò, se comparata con esponenti del genere, la trattazione di entrambe appare però così poco approfondita ed ispirata da sprofondare, ben presto e spesso, nella terra del già visto e prevedibile.
Oltre ad incongruenze, forzature e sviste nello sviluppo di vicende e personaggi, la scrittura di Curon è successivamente indebolita dalla mancanza di una mitologia intrigante che restituisca allo spettatore un vero senso di appagamento, una volta svelata. Infatti, il segreto del lago e della cittadina viene palesato fin dalle prime puntate, mentre tutto il resto della stagione si concentra sulle conseguenze che questo mistero e maledizione avranno sui personaggi. Questi ultimi, seppur caratterialmente altalenanti, vengono potenziati da interpretazioni (parlando di quelle principali) convincenti.
In conclusione, pur intrattenendo e divertendo lo spettatore, Curon può essere visto come un esperimento sì ben accetto e coraggioso per quanto riguarda il panorama seriale italiano, ma tutt’altro che riuscito. Un comparto tecnico buono per sommi capi ed interpretazioni plausibili accompagnano e vengono fiaccati da una sceneggiatura che non riesce a districarsi e a sintetizzare stili, influenze e volontà argomentative spesso contrastanti ed antitetiche. Non raggiungendo certo i livelli di una fiction Mediaset, ma neanche il prestigio di prodotti simili ed internazionali come Dark e Twin Peaks, Curon si configura dunque come un collage che lascia lo spettatore basito ed indifferente.