TITOLO ORIGINALE: Thirteen Reasons Why
USCITA ITALIA: 5 giugno 2020
PIATTAFORMA/CANALE: Netflix
GENERE: dramma adolescenziale, giallo, thriller
N. EPISODI: 10
DURATA MEDIA: 49-98 min
E’ disponibile sulla piattaforma streaming Netflix la quarta - ed ultima - stagione del celeberrimo teen drama firmato da Brian Yorkey. Con la sua iterazione conclusiva, il serial si distacca profondamente dalla propria eredità, regalando al pubblico uno dei peggiori prodotti dell’anno. Un comparto tecnico buone, un paio di interpretazioni di livello ed un finale emotivo non riescono a sopperire una scrittura disastrosa di eventi e personaggi, un’ipocrisia di fondo ed una generalizzazione di quasi tutte le tematiche affrontate.
In tempo record (neanche un anno dopo il terzo ciclo di puntate), sbarca sulla piattaforma streaming di Netflix la quarta e, a quanto pare, ultima stagione di Tredici - serie teen creata da Brian Yorkey, da sempre conosciuta per le sue volontà educative e di sensibilizzazione riguardo ai problemi degli adolescenti. Se già con seconda - superflua, una specie di dietro le quinte dei primi tredici episodi - e terza stagione - che, trattando l’omicidio di Bryce Walker, adottava delle tinte prettamente crime - lo show si era ben allontanato dalle atmosfere e dalle tematiche che caratterizzavano la più che discreta prima serie, con questi ultimi dieci episodi, il serial si distacca definitivamente dalle proprie radici.
Prima di affrontare la recensione, però, è doveroso riepilogare come si erano concluse le indagini sull'assassinio del, a tutti gli effetti, villain della serie. Difatti, nell'ultimo episodio della terza stagione si era scoperto che il responsabile del crimine non era che Alex, il quale, dopo averne ascoltato minacce e confessioni, getta Bryce nel fiume in cui, successivamente, annegherà. Per fare in modo che questi non venga accusato e incarcerato per l’omicidio, i suoi amici decidono di far ricadere la colpa su Montgomery de la Cruz - già accusato di aver stuprato il compagno Tyler Downes. Tuttavia, una volta tradotto in carcere, questo viene ucciso a coltellate nelle docce da alcuni detenuti. Consapevole della sua innocenza, l’amante segreto Wilson decide di far giustizia e di scoprire chi ha ucciso veramente Bryce e, di conseguenza, incastrato De la Cruz.
Questo, in poche parole, l’incipit da cui prende il via questa quarta iterazione della serie che, dalla propria terza stagione, adotta indubbiamente il problema dell’utilità. Si sentiva realmente il bisogno di una nuova stagione di Tredici? Certamente no. Detto questo, gli autori si sono comunque inventati qualcosa di plausibile per giustificarne l’esistenza? Decisamente no. Sorvolando sul comparto tecnico che, come da tradizione per quasi tutte le produzioni Netflix, è conforme agli standard industriali e di buona fattura; a livello di scrittura ed argomentazione, Tredici 4 non fa che aderire ai problemi della scorsa stagione, aggiungendone però altrettanti. Se gli episodi incentrati sull’uccisione di Bryce apportavano una svolta crime-thriller alla formula del teen drama, con quest’ultima stagione, il tutto diventa ancora più discontinuo a livello di registro ed atmosfere.
Si passa infatti da momenti vicini al thriller psicologico alla Saw L’Enigmista a sequenze da horror/slasher movie con richiami a Riverdale e Venerdì 13; dal crime duro e puro alla fantascienza post-apocalittica in un incubo di Clay. Questa alternanza di generi e situazioni così differenti tra loro porta lo spettatore a chiedersi che cosa stia realmente guardando, perché ormai del Tredici originale sono rimasti soltanto i personaggi, qualche tematica attuale e i pochissimi riferimenti ad Hannah Baker.
Detto ciò, ostentato è sicuramente l’aggettivo che meglio descrive questo quarto ciclo seriale. Si vuole strafare, portando troppi elementi sulla bilancia e destabilizzando a tutti i costi il proprio pubblico. Gli autori sentono l’effettiva necessità di trattare temi attuali ed importanti come la dicotomia armi-scuola, la brutalità della polizia, il razzismo, il femminismo, il bullismo, l’omofobia, la dipendenza, la depressione, la schizofrenia, il crescere. Nel prendersi questo carico sulle spalle, essi non riescono però a sviscerare innovativamente e propositivamente neanche uno dei suddetti discorsi.
Tutto ciò determina per giunta una progressione forse fin troppo casuale e macchinosa degli eventi. A questo, si aggiungono nel contempo una durata soporifera e controproducente, dialoghi scritti in modo così svogliato da essere dimenticabili, un politically correct fasullo, un’ipocrisia di fondo nella costruzione dei rapporti e nella forzata umanizzazione ed empatia con due stupratori ed una caratterizzazione insopportabile di quasi tutti i personaggi - fatta eccezione per Justin e Tyler. Invero, con quest’ultima stagione, i protagonisti di Tredici si confermano essere una delle “cricche” più meschine e spregevoli dell’intera storia della serialità. Continuano a tenersi segreti nonostante la morte di fin troppi loro compagni, parlano di amicizia e solidarietà solo quando gli fa comodo, generalizzano ed ignorano i problemi e i traumi altrui, sono ipocriti con sé stessi (Jessica) e con coloro che gli stanno attorno. In poche parole, la diseducazione fatta a personaggi.
Purtroppo, questa costruzione insufficiente di nove (delle dieci) puntate non fa che minare l’integrità e le volontà di un finale che, seppur dalla durata di 1h40, vorrebbe regalare qualcosa a livello emotivo e morale. Con un colpo al cerchio, uno alla botte ed uno in testa a Clay, si chiude dunque il sipario - sperando non si riapra mai più - sugli studenti della Liberty HS e su Tredici - una lunga corsa che, con il passare degli anni, si è convertita sfortunatamente in un’atroce ed incoerente generalizzazione dei giovani e dei loro problemi. A mai più!