TITOLO ORIGINALE: La dolce vita
USCITA ITALIA: 3 febbraio 1960
REGIA: Federico Fellini
SCENEGGIATURA: Federico Fellini, Ennio Flaiano, Tullio Pinelli, Brunello Rondi, Pier Paolo Pasolini
GENERE: drammatico
PREMI: 1 PREMIO OSCAR per MIGLIORI COSTUMI, PALMA D'ORO AL FESTIVAL DI CANNES, DAVID DI DONATELLO per MIGLIOR REGISTA
Al suo settimo film come regista e sceneggiatore, Federico Fellini confeziona un’opera mastodontica ed immortale dall’importanza ed influenza incommensurabile non solo per il cinema, ma per l’intero mondo dell’arte. Una perfezione registica, estetica e visionaria, un comparto tecnico robusto e deciso ed una narrazione dalle molteplici chiavi di lettura fanno de La dolce vita una pellicola fenomenale ed amarcord che tutti dovrebbero vedere almeno una volta nella vita
Un capolavoro, una pellicola senza tempo, uno dei film più importanti della storia del cinema, un cult che ha rivoluzionato per sempre l’immaginario collettivo tanto da introdurre nel linguaggio italiano parole come paparazzo o dolcevita. A prescindere però da queste banalità e semplici retroscena - rintracciabili anche soltanto con una semplice ricerca sul web, tuttavia indicative della sua importanza -, già di per sé, il settimo film diretto e sceneggiato da Federico Fellini è una grandissima opera d’arte (vincitrice del premio Oscar per i migliori costumi).
La dolce vita segue le orme di Marcello, affermato ma insoddisfatto reporter di testate scandalistiche e dedite al gossip riguardo all’ambiente mondano di Roma, che, malgrado il suo successo, vorrebbe diventare un romanziere di successo. Questi passa gran parte delle sue giornate peregrinando per le vie della città in cerca di qualche singolarità o di uno scoop avvincente, partecipando a salotti e feste e corteggiando belle donne. Difatti, pur convivendo con la giovane ed innocente Emma, anche la propria vita sentimentale è un vero e proprio uragano fatto di donne aristocratiche, modelle e dive del cinema. Pur avendo una vita ricca di piaceri ed intrattenimento, Marcello è comunque consapevole di star conducendo un’esistenza vacua, priva di principi, effimera ed insoddisfacente ed è proprio per questo motivo che vuole compiere la grande svolta, prendendo come esempio l’amico Steiner.
Con La dolce vita, Federico Fellini firma indubbiamente una pagina indelebile della storia del cinema. Mai più all’interno della sua carriera (escludendo 8½), Fellini raggiungerà una tale perfezione registica, estetica e visionaria. Il cineasta riminese perfeziona e cura maniacalmente la propria tecnica nell’utilizzo della macchina da presa, dando vita ad una Roma viva, pittoresca, cinetica ed instancabile, divisa tra contraddizioni ed ipocrisia e dura e cruda realtà. Inquadrature e sequenze suggestive, espressive, bucoliche ed istantaneamente memorabili - perfette sia da un punto di vista costruttivo che comunicativo ed assolutamente complesse nella propria preparazione ed attuazione - vengono adornate da una fotografia, delicata, morbida, ma anche estremamente decisa e consapevole nelle proprie scelte espressive, che esalta esponenzialmente la bravura attoriale degli interpreti e rende il tutto molto più morbido, sfumato, fugace e magico, e da ambientazioni - in loco e ricostruite in studio - sospese nel tempo, incredibilmente curate e ricche di dettagli e minuzie semplicemente magnetici. Ambientazioni e personaggi, con l’apporto di regia e fotografia, instaurano un legame indissolubile per tutta la durata della pellicola, influenzandosi e dandosi stimoli vicendevolmente.
Il comparto tecnico ed estetico de La dolce vita, completato da una magnifica ed emblematica colonna sonora targata Nino Rota, accompagna una sceneggiatura imprescindibile curati dallo stesso Fellini. Utilizzando il personaggio di Marcello come icona riassuntiva della poetica e della riflessione principale condotta dalla pellicola, il cineasta accompagna lo spettatore in un’odissea grottesca, dissacrante, satirica e provocatoria tra l’ipocrisia, la finzione e l’artificiosità dell’aristocrazia e borghesia della capitale. Salotti intellettuali ed edonistici, cabaret, conferenze stampa, feste aristocratiche con caccia al fantasma e apparizioni della Madonna sono lo sfondo ed il palco per numerosi termini e temi di riflessione e dibattito che vengono lasciati interamente in mano allo spettatore. La pellicola può essere letta in diversi modi, indipendenti l’uno dall’altro. Due di questi sono quello religioso - per quanto riguarda distacco ed incomunicabilità tra sacro e profano (presente nella sequenza iniziale con il trasporto della statua, ma anche in quella finale in cui è palese un riferimento al Cristo nella manta e alla Grazia nella giovane Paola) - e quello della denuncia e rappresentazione, a volte realistica, altre volte esagerata e caricata, di una società decadente e disorientata, a metà tra vecchi canoni e superstizioni ed il mondo frenetico, pomposo ed ostentato del boom economico, che ha perso ogni contatto con la realtà e la natura.
Come da tradizione, Fellini dà quindi vita ad un vero e proprio circo fatto di figure tra il pittoresco e realistico, capeggiato da un Marcello Mastroianni elegante e sognante in una delle sue interpretazioni migliori. Un’opera di immensa influenza nel panorama artistico mondiale (vedasi l’effetto che ha avuto su registi come Allen, Tarantino, Antonioni, su artisti come Bob Dylan e su film come Nuovo Cinema Paradiso e La grande bellezza), uno dei film più importanti del cinema italiano e mondiale, una pellicola dall’effetto amarcord, dall’elevata caratura artistica e dai temi ancora attuali, uno dei film da vedere assolutamente almeno una volta nella vita, la definizione stessa della parola Cinema. In tre - iconiche - parole, La dolce vita.