TITOLO ORIGINALE: Hollywood
USCITA ITALIA: 1 maggio 2020
PIATTAFORMA/CANALE: Netflix
GENERE: drammatico
N. EPISODI: 7
DURATA MEDIA: 44-57 min
Il produttore di American Horror Story e Glee Ryan Murphy, insieme a Ian Brennan, dà vita ad una visione emotiva, sensazionale, provocatoria, a volte esagerata e sopra le righe, di una Hollywood post-bellica che decide di porre fine all’atteggiamento perbenista, conservatore e moralista di quegli anni. Una sbirciata, lunga 7 episodi, su ciò che fu e ciò che sarebbe potuto essere; una miniserie da vedere, nonostante gli evidenti difetti.
Hollywood - terra di speranza, sogni, grandi storie e grandi emozioni, così come grandi registi, grandi sceneggiatori e grandi divi -, periodo post-bellico. Cos’hanno in comune un attore in erba, uno sceneggiatore omosessuale e di colore, un regista alla ricerca del suo primo grande successo ed un’attrice fenomenale ma discriminata perché afro-americana? Come deducibile, farsi strada ed un nome in un mondo ed un’industria, quella cinematografica, estremamente ipocrita, marcia, omofoba, razzista e governata dal moralismo e dal buoncostume. Questo desiderio di diventare qualcuno, di raggiungere i propri sogni, ma anche di cambiare profondamente e totalmente lo status di Hollywood viene inquadrato perfettamente da Ryan Murphy e Ian Brennan, showrunner della miniserie Netflix che prende il titolo dal famosissimo quartiere di Los Angeles, divenuto sinonimo di grande cinema.
Alla regia dei sette episodi che compongono il serial, sette cineasti differenti portano sul piccolo schermo la visione, a volte esagerata, altre volte estremamente dissacrante e provocatoria, di una Hollywood originalissima e profondamente umana. La serie infatti non vuole essere una rappresentazione lusingante e documentaristica dell’industria cinematografica statunitense post-bellica, bensì un “what if..?”. Certo, sono presenti rimandi ad attori, registi e figure note dello spettacolo di quegli anni, ma tutto questo è necessario soltanto a creare un contesto coerente, riconoscibile e plausibile da stravolgere drasticamente.
Nonostante un frequente cambio di mani dietro alla macchina da presa, la miniserie conserva comunque un livello qualitativo, registicamente parlando, assolutamente uniforme e fedele alla linea produttiva generale. Inoltre, seppur estremamente televisiva e, quasi totalmente, asservita alla narrazione degli eventi, la direzione di Hollywood manifesta, nei rifacimenti in bianco e nero di stralci di pellicola, un prestigio ed una cura veramente ottimi. Il comparto tecnico è completato infine da una fotografia patinata, nostalgica, caricata e volutamente artificiosa, un montaggio corretto e ritmato, un’ambientazione suggestiva ed una colonna sonora evocativa e citazionista.
Come intuibile, l’estetica è tutto per la nuova miniserie Netflix, ma non solo. Infatti, la sceneggiatura e la costruzione dei personaggi sono il vero e proprio cardine attorno a cui ruota tutta l’impalcatura seriale. Ricordando, per certi versi, l’ultimo film di Quentin Tarantino - C’era una volta a… Hollywood - Ryan Murphy cambia la storia, presentando una Hollywood anacronistica, alternativa, migliore sotto differenti aspetti. La domanda principale a cui la miniserie vuole trovare risposta è: “che sarebbe successo se una casa di produzione cinematografica avesse deciso di porre fine all’atteggiamento conservatore e convenzionale della Hollywood anni ‘40-’50, iniziando ad andare controcorrente e producendo film che rompessero gli stereotipi e i pregiudizi dell’epoca?”. Sorprendentemente, Ryan Murphy e Ian Brennan riescono nell’ardua impresa, dando vita ad un racconto corale consapevole che unisce la grandezza e l’iconicità della Hollywood di quei decenni mitici con l’emancipazione ed interessamento sociale di quella odierna. Il risultato finale, convincente e ben confezionato, urla Ryan Murphy da tutti i pori, ricordando alcuni aspetti dalla precedente Pose.
Una prima metà limitata ad una ripetizione fin troppo ostentata, urtante e sopra le righe delle stesse soluzioni narrative, strutture e tipo di comicità lascia spazio ad una conclusione emotiva e significativa che - pur trattando temi come la discriminazione razziale, l’omosessualità e l’emancipazione femminile in modo tutt’altro che inedito - lascia un segno indelebile nello spettatore. Oltre ad una trattazione soggettiva e parziale, ma lucida e riuscita di temi politici e sociali di grande attualità, Hollywood dedica molto spazio anche ad una rappresentazione dell’influenza che le arti e, ovviamente, il cinema possono avere nel rivoluzionare e migliorare la mentalità delle persone. La costruzione ed evoluzione dei personaggi - intelligente e funzionale - è il mezzo principale tramite cui gli autori portano avanti suddetta riflessione, suscitando nello spettatore un’identificazione crescente nei confronti della vicenda e dei sogni dei suoi protagonisti. A ciò si fonde, in ultima battuta, un cast azzeccatissimo su cui svettano un Jim Parsons irriconoscibile e un Dylan McDermott semplicemente fenomenale.
Pur essendo una miniserie autoconclusiva, Hollywood lascia il pubblico con un senso di continuità - accentuato da quel The beginning posto alla fine - assolutamente speranzoso e pieno di buoni sentimenti, ma anche e purtroppo quasi totalmente immaginifico. Hollywood è una fugace occhiata a ciò che fu e a ciò che sarebbe potuto essere; una riflessione sensazionale ed emotiva su ciò che si sarebbe potuto migliorare e fare; una miniserie must-watch assolutamente da non perdere.