TITOLO ORIGINALE: Detroit
USCITA ITALIA: 23 novembre 2017
USCITA USA: 4 agosto 2017
REGIA: Kathryn Bigelow
SCENEGGIATURA: Mark Boal
GENERE: drammatico, storico, thriller, poliziesco
Kathryn Bigelow dirige un racconto corale, basato sui reali scontri di Detroit del 67.
Luglio 1967. Detroit. In un ghetto della città scoppia una rivolta a seguito di un’operazione di polizia in un club locale. Questa sommossa scatenerà il malcontento della popolazione del quartiere che darà il via ad una delle agitazioni civili più grandi e violente della storia degli Stati Uniti. Le strade della città diventano ben presto un vero e proprio campo di battaglia ed ogni giorno arriva notizia di morti e feriti in seguito agli scontri con le forze dell’ordine.
Tuttavia, pur muovendosi in un contesto così ampio e vario, Detroit di Kathryn Bigelow si concentra particolarmente e ricostruisce, in forma romanzata, gli eventi dell'Algiers Motel, che portarono al processo contro tre poliziotti accusati dell'omicidio di tre afroamericani (tenuti ingiustamente in ostaggio come sospettati, senza alcun beneficio del dubbio). Nel rappresentare su schermo la tragedia che coinvolse le strade di Detroit e, soprattutto, le vite dei suoi abitanti, in quei caldi giorni di luglio, la Bigelow adotta uno stile registico immedesimato ed inserito a forza nell’azione. Questo approccio e questo senso di immersione nel racconto viene restituito al pubblico mediante l’utilizzo di tecniche come lo zoom, di inquadrature come il primissimo piano, il particolare ed i totali e di dispositivi come la camera a mano.
Ciò che ne consegue sono movimenti di macchina estremamente movimentati che non fanno che accrescere ancor più nel pubblico quel costante senso di coinvolgimento attivo e partecipativo nella vicenda. Nonostante le quasi due ore e trenta di durata, il film scorre in modo fluido e naturale. Questo è dovuto principalmente ad uno sviluppo ispirato e coscienzioso della sceneggiatura, che dedica egual spazio ad ogni singola porzione del racconto. L’autore Mark Boal riesce a sviscerare in maniera equilibrata le varie parti della storia, facendo appassionare ed identificare visceralmente lo spettatore ai personaggi e alle loro sofferenze. Boal dà vita così ad una narrazione corale inizialmente oggettiva (vengono esplorati entrambi i lati della barricata), ma che, in seguito, prende le parti dei sopravvissuti veri e propri, portando ad una trattazione mai scontata e banale di temi come il razzismo, i pregiudizi e la giustizia.
Oltre che alla scrittura, il racconto di Detroit deve metà della sua potenza alle proprie interpretazioni, in particolare, a quelle di John Boyega come testimone basito dell’evento e di Will Poulter nel ruolo del villain del film (odiato dal pubblico, proprio per la sua espressività, immedesimazione e credibilità). Ad arricchire il tutto, un comparto fotografico incisivo ed un montaggio dinamico e serrato. Con Detroit, rivive, sullo schermo, uno dei momenti più bui non solo della storia americana, ma della storia dell’umanità intera. Un momento in cui la parola “uomo” fu cancellata, in favore di altre come intolleranza, odio e segregazione. Un momento tragico che, però, grazie alla forza del cinema, vivrà per sempre nella memoria di tutti.