TITOLO ORIGINALE: The Departed
USCITA ITALIA: 27 ottobre 2006
USCITA USA: 26 settembre 2006
REGIA: Martin Scorsese
SCENEGGIATURA: William Monahan
GENERE: poliziesco, drammatico, thriller, azione
PREMI: 4 PREMI OSCAR tra cui MIGLIOR FILM e MIGLIOR REGIA
Martin Scorsese dirige un cast stellare in questa pellicola vincitrice di 4 premi Oscar, tra cui miglior film. Un ritmo frenetico, una struttura complessa, climatica e ben retta, un montaggio frenetico, vorticoso e semplicemente da Oscar ed una tensione costante e sempre sul filo del rasoio. Affrontando il tema di bene e male e della vicinanza e somiglianza tra i due, Scorsese mette in piedi un thriller mozzafiato che rimarrà per sempre nella memoria.
“Io non voglio essere un prodotto del mio ambiente. Voglio che il mio ambiente sia un mio prodotto.” Con questa frase prende il via The Departed, uno dei film più amati e riconosciuti di uno dei più grandi registi della storia del cinema: Martin Scorsese. Il cineasta dietro la macchina da presa di opere immortali come Quei bravi ragazzi, Taxi Driver, Toro Scatenato e l’ultimo The Irishman prosegue, con questo The Departed, il suo tanto amato ed ossessivo discorso sul tema della criminalità e dell’eterna ed immemore lotta tra bene e male. Come dimostrato dal film, tuttavia, i confini di questa divisione originaria possono essere un qualcosa di estremamente labile e, alla lunga, divenire irriconoscibili. La pellicola vede, come protagonisti assoluti, due poliziotti completamente agli antipodi. Da un lato, troviamo Billy Costigan (Leonardo DiCaprio), proveniente da una famiglia ed eredità di criminali e persone poco rispettabili. Da quello opposto, abbiamo invece Colin Sullivan (Matt Damon), agente brillante ma caratterizzato da un passato ignoto e profondamente legato a Frank Costello, spietato e violento boss della malavita di Boston – città in cui hanno luogo gli eventi. Come deducibile, Sullivan viene immediatamente accettato ed inserito nell’unità anticrimine del corpo. Billy, al contrario, risulta inadatto e viene inizialmente scaricato. Nonostante il rifiuto, difatti, il giovane viene inserito in un’operazione sotto-copertura altamente secretata e nota solamente a due agenti scelti: il capo della polizia, Olivel Queenan (Martin Sheen) e il sergente Sean Dignam (Mark Wahlberg). Costigan ha il compito di infiltrarsi nel clan di Costello, passare le informazioni che raccoglie alla polizia, aiutando ed accelerando così la sua cattura. Contemporaneamente, l’agente Sullivan, fedele al suo collegamento con lo stesso Costello, fa l’opposto dalla parte dei “buoni”. Questi ha il dovere di avvisare il boss ogni volta che la polizia tenti di compiere una mossa a suo sfavore ed informarlo di ogni possibile talpa all’interno dei suoi ranghi. Costigan, dopo essersi fatto un anno in galera di proposito, riesce ad avvicinare il boss, che, non senza qualche dubbio e atto di violenza, lo include nella sua squadra criminale. Intanto, Sullivan fa la conoscenza di Madolyn, assistente sociale/psichiatra al servizio della polizia e dei criminali in riabilitazione, della quale si innamora e con cui va a convivere. In veste lavorativa, però, Madolyn – del tutto ignara della sua situazione – darà il via anche ad un rapporto abbastanza controverso con lo stesso Bill Costigan. Nella lotta o nella collaborazione con Costello – presenza inquietante, imperante e brutale per tutta la pellicola -, i due poliziotti arriveranno inevitabilmente ad un incontro/scontro esplosivo e totalmente inaspettato.
Al suo ventesimo lungometraggio, Martin Scorsese, come da tradizione, dirige un cast di altissimo livello, variegato e stimolante, senza alcun ombra di dubbio. Come sempre, grazie alla sua mano e visione, il regista riesce a tirare fuori il meglio dagli interpreti di cui dispone. Siano questi un Leonardo DiCaprio sulla cresta dell’onda – con cui, soltanto due anni prima, aveva lavorato per il sottovalutatissimo The Aviator e, ancora prima, nel 2002, per il mastodontico Gangs of New York – o un Matt Damon, alla sua prima ed unica collaborazione con il cineasta, o, ancora, un Jack Nicholson in una delle sue migliori interpretazioni dai tempi di Shining. Con questo The Departed, Scorsese porta avanti la sua visione cinematografica ed approfondita della criminalità organizzata e del significato di buono e di cattivo. A differenza di opere precedenti come i già citati Quei bravi ragazzi e Gangs of New York, il focus sui due lati della barricata è, per certi versi, equivalente ed uniforme. Allo stesso tempo, nella sua filmografia, il confine tra le due fazioni e il suo conseguente superamento non sono mai stati così labili e sfocati. Il fine giustifica i mezzi? Difficile a dirlo, soprattutto se si sta guardando The Departed. E’ lo scopo che ci rende chi siamo e dimostra da che lato stiamo o sono i modi con cui raggiungiamo tale scopo che ci definiscono? Questo interrogativo, la cui origine è persa nelle pieghe del tempo, è una delle questioni centrali affrontate da Scorsese all’interno della pellicola.
Il confronto e lo scontro tra bene e male, che stanno alla base della cristianità e del credo religioso, come quello tra Dio e Satana, tra angeli e demoni, è da sempre stato al centro della poetica scorsesiana e, mai come in questo film, esso pare così vitale e decisivo. All’interno della pellicola, sono ravvisabili due figure paragonabili a Dio e a Satana. Il primo potrebbe essere inquadrato nel personaggio del capo Queenland, il secondo in quello del boss Frank Costello. I due si servono, tra i tanti, di due paladini e cavalieri tutt’altro che senza macchia e senza paura, ovvero gli agenti Costigan e Sullivan. E qui si torna alla questione morale ed etica di fine e mezzi. Il personaggio di DiCaprio, durante il corso degli eventi, parteciperà a violenze ed omicidi, senza fare nulla, solo perché in nome di uno scopo massimo. Quello di Damon, invece, avrà bisogno di imbrattare il distintivo e tradire per far fede ad un relazione che risale all’infanzia. Con The Departed, tuttavia, la lotta tra bene e male assume, in aggiunta, una dimensione interiore ed estremamente intima e personale. Scorsese è particolarmente bravo nel far emergere quest’aspetto, focalizzandosi e riservandosi il tempo necessario per caratterizzare al meglio i vari personaggi che si alternano su schermo. Concentrando la propria macchina da presa sull’abilità mimica ed espressiva degli interpreti a sua disposizione, il cineasta newyorchese costruisce così un crime thriller sensazionale ed esplosivo che non disdegna una piega psicologica tesa e piena di twist totalmente inaspettati. Oltre ad un discorso etico innato e stilizzato, The Departed è anche un film sulla pericolosità delle scelte e sulle loro conseguenze. Questo aspetto traspare costantemente dalla messa in scena e dal peso che Scorsese dà a certi momenti e a certe decisioni prese dai protagonisti, che andranno inevitabilmente ad influire sul loro percorso o, cinematograficamente parlando, sul loro arco narrativo. Inoltre, a potenziare questa sensazione, la vicenda viene costruita interamente come un gigantesco domino, in cui ogni elemento è importante e centrale ed influente sulla stabilità di un’altra tessera. Si torna alla visione casuale ed instabile dell’effetto farfalla. Se ci si riflette, The Departed – così come altre pellicole del regista – non presenta un solo momento di tranquillità, di calma e di riflessione pacifica. Tutti i personaggi sono costantemente in pericolo, siano essi cacciatori e carnefici o prede e vittime.
Come spesso avviene nella filmografia di Scorsese, questa inarrestabile e frenetica lotta contro la morte e il tempo non fa che distruggere ed annientare, da un punto di vista filmico e narrativo, altri elementi, come la sessualità, per esempio – completamente evitata o mostrata sul finire di una sequenza. Un ulteriore aspetto, di cui, all’interno di The Departed, si percepisce la mancanza, è purtroppo quello femminile. Possiamo affermare, infatti, che il film, tra i suoi unici difetti, presenta una controparte femminile fin troppo risicata e ben poco approfondita, lasciando il compito alla sola ed unica Vera Farmiga nei panni di Madolyn che, seppur brava, non riesce a reggere il confronto con gli interpreti maschili. “Andare al cinema è come andare in chiesa. Solo che il cinema consente il dibattito“. La cristianità e la religione – che, solitamente, vengono e si riducono alla contrapposizione della luce contro l’oscurità – sono altri due temi profondamente discussi e messi in questione all’interno della pellicola. Nonostante Scorsese sia, come lui stesso afferma, un fervido credente, non si astiene dal fare del proprio cinema un’ambiente protetto di dibattito e di messa alla berlina. Criticata ed infranta, in The Departed, la religione è presente sotto molteplici aspetti, a partire dalla divisione de “i buoni contro i cattivi“, che, come suggerito sopra, si riduce spesso a due sole parole: umanità e scelta. E’ possibile parlare, prima di tutto, di umanità perché, alla fine dei conti, davanti a Dio ci si arriva da uomini e da peccatori e non da anime linde ed incensurate, e, come sopraccitato, di scelta proprio perché l’individuo e la sua sorte sono dettati dalle decisioni ed azioni dello stesso. Infine, il concetto di identità e il rapporto padre-figlio possono essere visti come ulteriori aspetti centrali e relativamente importanti nell’economia del film.
Basandosi liberamente sulla figura dell’agente corrotto, realmente esistita, dell’FBI, John Connolly, Martin Scorsese, alla regia, e William Monahan, alla sceneggiatura, mettono in piedi una delle pellicole migliori del decennio 2000-2009. Scorsese mette in campo, come solito, una direzione precisa, rigorosa, dedita ad una messa in scena chiara e precisa degli avvenimenti. La sua macchina da presa, tuttavia, non disdegna volontà estetiche e movimenti tecnici impressionanti e da manuale. Vitale è l’attenzione per i particolari e la cura maniacale dei dettagli – leit motiv che riveste una posizione privilegiata anche nella stesura della sceneggiatura, vincitrice del premio Oscar nel 2007 – che eleva in toto la produzione. Anche nei momenti più frenetici e concitati, i movimenti di macchina rimangono chiarissimi e perfettamente fluidi. Anzi, è proprio in questi frammenti che la regia di Scorsese dà il suo meglio. Ben lontano dagli ambienti ed atmosfere di Quei bravi ragazzi (che il regista ha ripreso, di recente, con The Irishman), in certi suoi punti, The Departed regala e fa rivivere le stesse emozioni di quel lontano 1990, addirittura citandone l’inizio, almeno da un punto di vista dei rapporti e delle dinamiche. Una regia estremamente classica, ma, lo stesso, impeccabile – tale da valergli un premio Oscar – di Scorsese accompagna una scrittura, solidissima e decisa, altrettanto classica, crescente, climatica nelle meccaniche e nella struttura: due storyline apparentemente separate, ma unite da un denominatore comune, ovvero il boss Frank Costello, che, a tre quarti, confluiscono in unico filo narrativo dal finale sanguinario. Superate regia e sceneggiatura, i due elementi che elevano ancora di più questo grande thriller sono, senza dubbio, il suo montaggio e le sue interpretazioni. Thelma Schoonmaker, storica e fedele collaboratrice di Scorsese fin dalla sua prima pellicola (squadra vincente non si cambia), – che, per il film, vinse il suo terzo e, per ora, ultimo Oscar -, con The Departed, regala uno dei lavori ed approcci al materiale filmico migliori della sua carriera.
Alternando un tipo di montaggio classico ed un uso costante di quello alternato e discontinuo, la Schoonmaker movimenta ed infiamma il girato di Scorsese, sostenendo e dando ritmo a sequenze adrenaliniche, tese, continuamente sul filo del rasoio, costantemente sul punto di infrangersi ed esplodere ed animando i dialoghi di Monahan, ontologicamente ed autonomamente ottimi. Detto questo, la magia vera e propria è quella che si crea tra i vari interpreti che vestono i panni di poliziotti e criminali dalla dubbia e doppia moralità e, appunto, identità (quest’ultimo discorso porterebbe ad una sua interpretazione meta-cinematografica sulla quale, forse, mi dilungherei fin troppo). Già a sentire i nomi della terzina protagonista, ogni amante della settima arte che si rispetti va in brodo di giuggiole. Leonardo DiCaprio, Matt Damon e Jack Nicholson si susseguono ed influenzano reciprocamente e senza sosta, regalando alcune delle loro migliori prove attoriali. Un Jack Nicholson elevato alla quintessenza, come detto sopra, in una delle sue interpretazioni più alte dei tempi di Shining, domina incontrastato sulla pellicola, dimostrando, come sempre, un’abilità espressiva fuori dal comune – i suoi ghigni a 42 denti farebbero rabbrividire chiunque. Ad accompagnarlo, i protagonisti effettivi, Leonardo DiCaprio in una delle interpretazioni che, per abilità tecnica e di trasmissione, è inscrivibile come antesignana di quella di The Wolf of Wall Street – ad oggi la sua migliore prova attoriale -, e Matt Damon in un ruolo difficoltoso e dalla duplice natura espressiva, che egli esegue alla perfezione. A chiudere il cerchio di interpreti, un Martin Sheen, un Mark Wahlberg ed un Alec Baldwin solidissimi e che non sfigurano di fronte ai ben più centrali colleghi. Visto come uno dei capolavori dello Scorsese del XXI secolo, The Departed è, senza dubbio, uno dei film più memorabili del nostro tempo. Divenuto parte dell’immaginario collettivo di tutti noi, il film è un thriller che urla Scorsese da tutti i lati, un crime costruito a regola d’arte, adrenalinico e mozzafiato, il cui finale è, ancora oggi, materiale di discussione e dibattito. Una pellicola che ha vinto tutti quegli Oscar per un motivo; un capolavoro brutale e violento di suspense che non si ferma alla superficie, ma che, anzi, scava profondamente nella psiche umana e nelle radici dialettiche del nostro essere.