TITOLO ORIGINALE: Uncut Gems
USCITA ITALIA: 31 gennaio 2020
USCITA USA: 13 dicembre 2019
REGIA: Josh e Benny Safdie
SCENEGGIATURA: Ronald Bronstein, Josh e Benny Safdie
GENERE: thriller, drammatico
PIATTAFORMA: Netflix
Netflix, insieme ad A24, produce la nuova opera dei fratelli Safdie, i registi di Good Time. Thriller mozzafiato, dinamico, cinetico, iperattivo, con sfumature noir e crime, derive oniriche, volontà autoriali ed un Adam Sandler irriconoscibile e magistrale in un ruolo da assoluto protagonista. Una rappresentazione fallibile ed avida dell’umanità, estremamente realistica e costantemente sul punto di esplodere
Era da moltissimo tempo che volevo guardare questo Diamanti grezzi (in originale Uncut Gems), ma, purtroppo, tra nuove uscite al cinema e serie televisive da recuperare, non trovavo il momento o, comunque, non riuscivo mai a ritagliarmi un paio di ore per gustarmelo in tutta tranquillità. Sfortunatamente, e dico solo sfortunatamente, serviva proprio un’obbligata quarantena e chiusura permanente dei cinema di tutta Italia – in seguito alla crescente epidemia di Corona-virus – per poter visionare e deliziarmi con l’ultima opera dei fratelli Safdie. E posso dire con certezza che è proprio il recupero di film, come questo Diamanti grezzi, l’antidoto necessario per anestetizzare la propria astinenza dalle sale cinematografiche. Qui lo dico e qui lo nego. Uncut Gems è uno dei prodotti migliori, disponibili, ora come ora, sulla piattaforma streaming fondata da Reed Hastings e Marc Randolph. Insieme ad Adam Sandler, lo spettatore si imbarcherà in un’odissea fatta di gioielli, ricchezze, materialità, giocatori di basketball determinati, pop-star vanitose, gangster tenebrosi e minacciosi, strozzini ed una tensione costante e martellante. Il film segue le orme di Howard Ratner, gioielliere ebreo newyorchese, proprietario di un’attività abbastanza in vista e facoltosa – soprattutto tra i VIP e le personalità più famose di sport, spettacolo e musica. Questi, scoprendo l’esistenza, in Etiopia, di un opale nero che gli potrebbe fruttare moltissimo denaro, corrompe due minatori del territorio per recuperarlo ed inviarglielo in America, nascondendolo all’interno di un pesce. Avendolo valutato attorno a un milione di dollari, il gioielliere ha intenzione di mettere il diamante all’asta, per saldare il debito di 100mila dollari che ha col cognato Arno. Howard, infatti, è uno scommettitore incallito, la cui continua ricerca di puntate sempre più rischiose condiziona una vita già di per sé complicata e ostica; in procinto di divorziare dalla moglie con cui ha tre figli, ha una relazione segreta con la sua dipendente Julia, che sfrutta la cosa per non presentarsi quasi mai al lavoro; inoltre, uno spazientito Arno gli ha messo alle calcagna Phil e Nico, due personaggi legati al mondo della malavita. Tuttavia, la visita in negozio del giocatore dei Boston Celtics, Kevin Garnett, cambia completamente il quadro della situazione. Un incosciente Howard, per vantarsi di fronte ad uno giocatori migliori dell’NBA, decide infatti di mostrare a Kevin il suo recente acquisto, appena arrivato dall’Etiopia. Il cestista, prendendolo per un portafortuna, se ne innamora follemente e il gioielliere, attraverso un semplice baratto, glielo concede per la partita di quella sera, con la promessa di riaverlo indietro il mattino seguente. Come prevedibile, recuperare la pietra sarà tutt’altro che semplice e puntuale. Intanto, gli strozzini di Arno sono sempre più impazienti. Vogliono che il debito sia ripagato, a tutti i costi. Riuscirà, quindi, Howard a risolvere i propri problemi e a salvarsi dall’invisibile, ma palpabile mannaia che pende sulla sua testa?
Penso che tu sia la persona più fastidiosa che abbia conosciuto mai. Detesto stare con te. Detesto guardarti. E se potessi scegliere non ti vedrei mai più.
Dinah Ratner (Idina Menzel) a Howard (Adam Sandler) nel film
Due anni dopo il successo di Good Time (2017), thriller-noir con Robert Pattinson protagonista, Josh e Benny Safdie confezionano un’ennesima, sensazionale e tesissima pellicola, degna del calibro che i due hanno ottenuto, con gli anni e l’esperienza, nel cinema indipendente americano. I due, in veste anche di sceneggiatori, arricchiscono, con la propria direzione e la loro duplice mano registica, una vicenda che, già dalle sue premesse, risulta esplosiva, appassionante e favolosa. Adam Sandler, nel ruolo di Howard Ratner, viene posto al centro di quasi tutti i quadri e i piani costruiti dai Safdie Bros. Una regia intima ed intimista, frenetica, dinamica, iperattiva, cinetica, frenetica conferisce alla pellicola una tensione crescente e climatica ed un’immedesimazione completa, ma abbastanza consapevole, dello spettatore, nei confronti del gioielliere protagonista. Ogni singola inquadratura, dal primo all’ultimo minuto, pare costantemente sul punto di rompersi, di degenerare, di esplodere. La pellicola è pervasa da un senso invisibile, ben mimetizzato, ma tangibile e viscerale, che rende qualsiasi dialogo, qualsiasi azione, qualsiasi scelta e decisione come un qualcosa di fatale, irreparabile ed inesorabile. Con l’ausilio della macchina da presa, i fratelli Safdie ricercano continuamente l’espressività e la potenza mimica nel volto e nel corpo di Sandler, rappresentandolo in molteplici modi: trionfante, deluso, arrabbiato (per non dire, incazzato), sfortunato, fallibile, piegato, umano. Attraverso primi e primissimi piani, dettagli e particolari, i Safdie vanno a caratterizzare, parzialmente, il fulcro, il centro, il nucleo di tutta l’impalcatura filmica e narrativa, ovvero il personaggio di Howard Ratner, ma anche tutto ciò che lo circonda – partendo dai comprimari e dalle figure secondarie, arrivando all’ambiente e al contesto pro-filmico, in cui tutti loro si muovono ed interagiscono. Questo costante senso di rottura e di tensione esplosiva, difatti, viene enfatizzato ancora di più da una scelta oculata delle ambientazioni, da come esse vengono rappresentate e si mostrano allo spettatore ed, infine, dal montaggio.
A cominciare proprio dalla gioielleria di proprietà di H. Ratner, le ambientazioni di questo Uncut Gems non fanno altro che aggiungere un perenne stato e senso di chiusura, di claustrofobia, quasi come una stretta alla gola. Questo risulta notevolmente utile ai registi per conferire e trasmettere allo spettatore la percezione di “tempo che sta per scadere”. Allo stesso modo, anche gli esterni vengono rappresentati, dalla macchina da presa, quasi come fossero interni. Le luci e ciò che viene presentato riconducono, certamente, ad uno spazio aperto ed arieggiato, ma, nonostante ciò, questi ambienti, questi luoghi, appaiono sempre così affollati, pieni, caricati, gremiti di oggetti, strutture e persone, da estendere notevolmente e drasticamente la claustrofobia e la compressione, provate dal pubblico nelle inquadrature al chiuso, appunto. La suspense e la tensione, trasmessi, in modo lodevole, da regia e sceneggiatura, raggiungono il proprio culmine formale grazie al montaggio discontinuo, folle, energico ed instancabile, ad opera di Ronald Bronstein (anche sceneggiatore) e Benny Safdie. Ma arriviamo a parlare proprio della sceneggiatura del film – scritta, a sei mani, dai due registi e, come scritto sopra, da Ronald Bronstein, collaboratore dei fratelli Safdie dal 2009. Seppur non originalissimo, l’incipit di Diamanti grezzi viene elevato ed evidenziato da un proseguimento e sviluppo adrenalinico, inaspettato, sorprendente e sul filo del rasoio della vicenda. Durante il corso del racconto, Howard Ratner tenterà di riparare e venire a patti con la propria situazione economica, lavorativa, familiare, sentimentale, di cui egli è il solo colpevole, e, allo stesso tempo, combattere contro i propri vizi e i propri demoni interiori. Fin dalla scoperta dell’opale nero, il gioielliere ebreo si imbarcherà in una vera e propria odissea che cambierà la propria vita e quella di coloro che gli stanno vicino. Partendo da toni prettamente thriller-noir-crime, Diamanti grezzi raggiunge lidi più alti e pretenziosi, presentando un messaggio di fondo ed una sorta di linea di pensiero tutt’altro che banale e scontata, individuabile nelle sequenze oniriche che aprono e chiudono la vicenda.
Nel film, troviamo, come guest star, l’ex cestista dei Boston Celtics, Kevin Garnett, e il cantautore canadese, The Weeknd, nei panni di loro stessi
<<Dicono che nei diamanti è possibile vedere l’universo>> rivela il gioielliere, in una delle sequenze iniziali di questo Diamanti grezzi, al personaggio di Kevin Garnett. Quindi, se è possibile vedere l’universo, è possibile assistere o perlomeno immaginarsi di poter vedere l’origine di noi stessi, della specie umana; tornare al principio, assistere alla vera essenza di ciò che siamo e rappresentiamo. Secondo i Safdie e la loro rappresentazione dell’umanità in Uncut Gems, tutti noi non siamo altro che esseri guidati, essenzialmente ed unicamente, da vizi, corruzione, dissolutezza, istinti, desideri, perversioni, avidità; esseri deboli, disonesti, falsi, intrisi ed immersi nel peccato. Tutto ciò viene rappresentato e comunicato, sia da un punto di vista narrativo che registico e di messa in scena, soprattutto con le sopraccitate sequenze oniriche che, partendo da una visione anonima e classica dell’universo e delle stelle e passando attraverso un turbinio di colori che ricordano quasi un trip, terminano in un particolare estremamente ravvicinato, addirittura interno, del corpo umano (e viceversa). Per i Safdie, il corpo umano (tramite un foro di proiettile o una colonscopia) diventa, perciò, quasi un condotto per arrivare alle radici dell’universo o, ragionando all’inverso, il corpo umano è il risultato di quello stesso universo che lo ha generato e con cui si manifesta e concretizza. Ed è proprio il vizio e la fallibilità che caratterizzano il personaggio, interpretato da Adam Sandler nel film, e, di conseguenza, l’umanità intera. Nonostante i problemi economici ed i debiti, egli continua a scommettere, a voler fare di testa sua, a sentirsi vincente, non si arrende (pure sul finale, non abbandona questa partita con la sorte e vedrete cosa gli succederà). Oltre alla regia, al montaggio e al racconto, un ulteriore aspetto che arricchisce di tensione la pellicola dei fratelli Safdie sono i dialoghi. In poche parole, gli scambi di parole e i confronti tra i personaggi di questo film sono caotici, per non dire confusionari, vorticosi e disorganici, ma anche estremamente realistici e veri. I personaggi si parlano costantemente sopra, alzano la voce, biascicano frasi senza capo né coda, si arrabbiano, si insultano tra loro e danno vita a dibattiti accesi e così incredibilmente violenti, da un punto di vista verbale, da sembrare completamente improvvisati ed arrivare visceralmente allo stomaco dello spettatore. Questa caratteristica dei dialoghi di Uncut Gems ha, come beneficio primario, un’immedesimazione completa dello spettatore con la vicenda perché essa pare così tanto convincente e realistica, da apparire quasi come un qualcosa di estremamente reale – e, di conseguenza, non frutto della finzione degli autori. Gli attori si scindono dal proprio status di interpreti e diventando, in tutto e per tutto, i personaggi di cui stanno vestendo i panni; sembra che non stiano praticamente recitando.
Senza alcun ombra di dubbio, l’interprete che, nella lavorazione della pellicola, ha adottato alla lettera questo aspetto della recitazione è Adam Sandler, qui, vero e proprio fulcro della vicenda, in vesti completamente inaspettate e sorprendenti. L’attore – conosciuto perlopiù per le sue commedie romantiche puerili, infantili e, nella maggior parte dei casi, scadenti -, in Diamanti grezzi, presta la propria mimica, a dir poco convincente ed eccezionale, e il proprio corpo al personaggio di Howard Radner, figura estranea ai canoni dell’interprete, estremamente controversa e paradossale, ma dotata anche di una componente comico-ridicola che emerge costantemente. Le premesse della pellicola, con l’avanzare del racconto, si trasformano, come ovvio che sia, anche in un’opportunità per un’esplorazione interiore, introspettiva ed approfondita del personaggio di Sandler, con tutti i suoi difetti, i suoi vizi e i suoi scheletri nell’armadio. Pur riconoscendo che la propria situazione precaria non sia altro che il frutto delle sue ossessioni, della sua stupidaggine e dei suoi errori e seppur comprendendo che questi non è un individuo pulitissimo, lo spettatore non può che immedesimarsi con Howard, “facendo il tifo” per lui e desiderando, a tutti i costi, una risoluzione ai suoi problemi. Tutta questa sequela di aspetti e di elementi, caratterizzanti il personaggio di H. Radner, Adam Sandler li trasmette e li infonde nello spettatore anche soltanto attraverso uno sguardo, una battuta, un’espressione, uno sfogo. In Diamanti grezzi, l’attore newyorchese regala indubbiamente una delle interpretazioni migliori della sua carriera; una prova attoriale così immedesimata e convincente tanto da ricevere i complimenti di Daniel Day Lewis (tre volte premio Oscar), uno dei mostri sacri della recitazione statunitense.
Non so se ce la faccio a sopportare. Non so che hanno tutti, non ne me ne va bene mai una. Sono così triste, sono troppo fottuto, troppo fottuto.
Howard Ratner (Adam Sandler) nel film
A chiudere il cerchio tecnico, estetico e formale di questo Uncut Gems, ci pensano fotografia e colonna sonora. La prima, affidata a Darius Khondji, si adatta perfettamente agli ambienti della pellicola, risultando caratterizzata, quasi per intero, da toni sul grigio e sul nero, tipici dell’ambiente metropolitano e risvegliandosi solamente in spazi come la gioielleria e la casa di Howard, ambienti “sicuri” e familiari, per modo di dire. Il musicista sperimentale Oneohtrix Point Never, pseudonimo di Daniel Lopatin, cura, invece, la colonna sonora del film, che definire particolare ed originale è un eufemismo. Caotica, abbastanza ostica e contrastante nell’ascolto e nell’accompagnamento, non sempre adatta a ciò che è rappresentato su schermo, persistente; la soundtrack di Lopatin non fa che potenziare quel senso di rottura, esplosione, tensione e collisione che pervade tutta la pellicola dei fratelli Safdie, partendo dalla regia, fino ad arrivare ai dialoghi e alle interpretazioni. In conclusione, Diamanti grezzi è un’autentica sorpresa, un qualcosa di inaspettato, uno dei thriller più tesi ed ansiogeni dello scorso anno, di sicuro. Adam Sandler ruba costantemente la scena ai colleghi, facendo sua ogni singola inquadratura in cui compare. Con Uncut Gems, i fratelli Safdie confezionano una rappresentazione quanto mai realistica, concreta, tangibile, primigenia della specie umana, elencandone, rappresentandone ed estremizzandone difetti e vizi, in un’ottica ed una visione estremamente negativa, mortale, fatale e fallibile. <<Non rifinito né adeguatamente trattato; Rozzo, grossolano, volgare>>. Questa la definizione di grezzo, secondo il dizionario. Grezzo come i diamanti non trattati, fulcro della vicenda, che, in una possibile interpretazione della pellicola, potrebbero essere paragonati e visti come una trasposizione moderna, materiale, avida della Mela dell’Eden che portò discordia e fece cacciare Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre. Tuttavia, anche i personaggi del film possono essere intesi come un qualcosa di grezzo, poiché umani, effimeri, superficiali, rozzi, fisici, avidi e precari. Per un thriller dall’incipit abbastanza classico, Diamanti grezzi sorprende e stupisce a più riprese, portando lo spettatore a formulare e a porsi ragionamenti e riflessioni inaspettate ed estremamente complesse.