TITOLO ORIGINALE: Odio l'estate
USCITA ITALIA: 30 gennaio 2020
REGIA: Massimo Venier
SCENEGGIATURA: Massimo Venier, Aldo, Giovanni e Giacomo, Davide Lantieri, Michele Pellegrini
GENERE: commedia, drammatico
Al loro dodicesimo film, per la regia di Massimo Venier, Aldo, Giovanni e Giacomo, il trio comico più famoso d’Italia, confezionano un’opera sicuramente superiore alle recenti, umana, diretta, coerente, rigorosa e leggermente malinconica. Non un capolavoro, ma una commedia godibile e spensierata, in cui i tre, finalmente, ritornano ad interpretare loro stessi
Inizio col dire che sarebbe sbagliato addolcirvi la pillola, parlando, di conseguenza, da fan sfegatato del trio, dalla prima volta che li vidi su schermo. E’ a malincuore, infatti, che ammetto che gli ultimi tre film di Aldo, Giovanni e Giacomo – evitando, nella formulazione della considerazione, il, a mio parere, godibile La banda dei Babbi Natale – sono alcuni tra i peggiori film che abbiano mai solcato il panorama cinematografico italiano. L’attesa e le aspettative per questo ritorno, questa reunion, non erano, diciamo, proprio alle stelle, considerando anche solo l’ultimo aborto generato dalla penna comica del trio, Fuga da Reuma Park – film in cui AGeG avevano tentato di sperimentare un po’, come ne Il cosmo sul comò, fallendo miseramente. C’era soltanto un particolare che rinfrescava un po’ l’aria delle aspettative attorno alla pellicola, ovvero il ritorno alla regia di Massimo Venier, storico collaboratore del trio ed una delle menti che hanno partorito quel mezzo capolavoro comico che è Tre uomini e una gamba. I comici tornano, finalmente, ad essere loro stessi, a vestire i panni di personaggi omonimi, umani, terreni e credibili: Aldo Baglio, Giovanni Storti e Giacomo Poretti. Nonostante un soggetto a dir poco tradizionale e sdoganato, il trio riscopre una nuova vitalità artistica, tornando alle origini, sia a livello di qualità filmica che di racconto, costruendo un film godibile e assolutamente memorabile. L’incipit riprende, per certi versi, il primo episodio di quel flop che è Il cosmo sul comò e alcuni caratteri del soggetto del grande Tre uomini e una gamba. E’ agosto, sinonimo di ferie, caldo e mare, e tre famiglie di Milano partono per passare le proprie vacanze in un’isola nel Sud Italia. Ci vengono presentate così tre tipologie di nuclei familiari differenti, che incarnano un po’ quelli che sono i classici stereotipi e canoni della figura familiare che il trio ha sempre adottato. Abbiamo, perciò, la famiglia meridionale trapiantata al Nord, quella famiglia raffinata e della Milano bene ed una sul punto di rottura. Ignari di ciò che li aspetterà al loro arrivo, tutti partono tra ingorghi, stress e siccità, sperando di trovare un po’ di sollievo e di relax una volta raggiunta la destinazione.
I Baglio arrivano alla proprietà che hanno affittato per queste settimane, iniziano ad ambientarsi, non sembra vero che passeranno l’estate in quella casa così grande e spaziosa, letteralmente da sogno. Purtroppo, pochi minuti dopo, arriva la famiglia di Giovanni, seguita, in seconda battuta, da quella di Giacomo. I tre, dopo un breve momento di evidente confusione, capiscono che non si tratta che di un banale equivoco dell’agenzia e decidono di rivolgersi alle forze dell’ordine locali. Mai azione fu così inutile. Sotto consiglio del maresciallo della stazione di polizia locale – interpretato da un esilarante Michele Placido -, le tre famiglie decidono, alla fine dei conti, di passare la vacanza tutti insieme, nella stessa dimora. Tra differenze, equivoci, difficoltà iniziali ed incompatibilità, i Baglio, gli Storti ed i Poretti non credono, neanche sperano, che, tutti insieme, passeranno un’estate a dir poco indimenticabile. Massimo Venier, regista e socio di lunga data del trio, uno dei creativi dietro la riuscita del magistrale Tre uomini e una gamba, torna – questa volta, da solo – dietro la macchina da presa. Nonostante non sia un maestro, un autore o un mostro di tecnica, Venier eleva il film e lo distanzia dal panorama comico attuale del nostro paese. La sua regia, pur essendo abbastanza classica e tradizionale – così come il soggetto -, risulta comunque puntuale, rigorosa, totalmente asservita all’azione e alla valorizzazione fisica e tipicamente comica di Aldo, Giovanni e Giacomo e di tutti gli altri interpreti – dalle mogli ai figli, ai poliziotti stessi. Odio l’estate gode, inoltre, di una messa in scena consapevole delle proprie possibilità rappresentative e delle proprie potenzialità emotive e filmiche. Si costruisce, perciò, una vicenda assolutamente quadrata, senza alcuna sbavatura di sorta, a livello di direzione, caratterizzata da un accompagnamento tecnico-registico che, appunto, accompagna semplicemente, senza pretese di emergere, senza prendersi rischi o inciampare nelle fantomatiche bucce di banana – visto il genere della pellicola.
Ci sono due cose che possono salvarci. Ordine e regole!
Giovanni Storti nel film
Scritta a sei mani da Davide Lantieri, Michele Pellegrini e Venier stesso – quindi, stranamente, non dal trio -, la sceneggiatura di Odio l’estate è, senza dubbio, uno degli elementi che lo rendono assolutamente memorabile, elevandolo dalla media nostrana in fatto di commedia. Come già affermato, nonostante la classicità dell’incipit, il soggetto viene sviluppato in modo estremamente umano, empatizzabile, terreno, credibile e plausibile. Si creano dei personaggi che seppur fortemente esemplari e stereotipati, riescono ad entrare nelle corde dello spettatore, il quale si immedesima ed empatizza perfettamente con il proprio background, i propri problemi, le proprie fortune, le proprie sfighe. Banalmente, il pubblico si appassiona ed individua in Aldo, Giovanni, Giacomo, Barbara, Paola, Carmen e così via, dei caratteri assolutamente quotidiani, comuni e comprensibili, emotivamente e a livello filmico, da tutti. Nello script di Odio l’estate, prima di essere personaggi, i protagonisti e le figure di contorno sono esseri umani, verosimili, viscerali e naturali. Oltre all’immedesimazione totale e al rapporto che si viene a generare tra spettatore e personaggio, ovviamente, trattandosi di una commedia di Aldo, Giovanni e Giacomo, bisogna trattare il tema della comicità, della costruzione delle sequenze umoristiche, delle battute, ecc. Come consono allo stile e a ciò a cui il trio ci ha abituato in tutti questi anni di cinema e teatro, anche in Odio l’estate si denota un mix, a livello comico, di umorismo prettamente fisico, spontaneo e naturale ed umorismo costruito a tavolino e scritto, in modo preciso e rigoroso. All’interno della pellicola, è contenuto, infatti, un elaborato e variegato ricettacolo di momenti, battute, citazioni e situazioni comiche che, anche se non potenti e marmoree come quelle del primo film dei tre, rimangono incastonate nella mente dello spettatore giorni e tempo dopo la visione. Dopo la tentata sperimentazione e l’uso quasi spropositato ed abusato di gimmick, di maschere, di faccette, sopprimendo così la spontaneità, che ha sempre caratterizzato la loro comicità, Aldo, Giovanni e Giacomo in veste di attori e Venier, soprattutto, in veste di sceneggiatore, danno vita ad una commedia che scivola in modo dinamico ed incontrollabile, un film che non annoia mai, che non presenta mai un momento fuori luogo, in cui tutto è perfettamente dosato ed orchestrato nel complesso.
Se mi dicessero che Odio l’estate è l’ultimo film della filmografia del trio sarei perfettamente soddisfatto. Non perché deluso ormai dal loro lavoro e stanco della loro comicità, anzi tutt’altro, ma proprio per la chiusura e il tono che assume Odio l’estate nelle sue battute finali. Ricordando alcuni momenti di Tu la conosci Claudia? o del già citato Tre uomini e una gamba o, sempre, di Chiedimi se sono felice, il nuovo film di AGeG, nei suoi ultimi venti minuti, compie una virata clamorosa verso atmosfere drammatiche, sul limite – per fortuna, non oltrepassato – del tragico e dell’esasperazione, atmosfere nostalgiche, malinconiche, per chiudersi poi con la bellissima e poetica sequenza finale, da lacrimoni (quasi come se il trio stesse ammirando ciò che ha creato e generato in tutti questi anni di attività). Come scritto sopra, il film rispolvera e fa risplendere di nuovo, dopo anni, il nome e la reputazione del trio comico più famoso d’Italia. In Odio l’estate, AGeG riacquistano una sorta di consapevolezza attoriale che ha del miracoloso. Sembra quasi che non siano invecchiati di un anno da quel lontano 1997 – anno di uscita del loro primo film, appunto, Tre uomini e una gamba. La loro recitazione e la loro verve comica potenzia ed esalta ancora di più lo script ben confezionato di Venier & co., arricchendolo di momenti, battute e linee di dialogo palesemente improvvisate, elemento fondante la loro comicità. I fan di vecchia data troveranno, quindi, atmosfere ed un spirito familiare, nell’approccio alla pellicola e sembra quasi che l’ispirazione avuta nella creazione e produzione di Tre uomini e una gamba sia stata trasportata in pieno in questo Odio l’estate. Il film si presenta come un prodotto fresco, dotato di nuova linfa vitale rispetto alla comicità disastrosa degli ultimi tentativi filmici. Non si cade mai nel caricaturale, nello stereotipato, nell’ostentazione, nel banale, nello scontato, non si è mai volgari. In questa interpretazione, il trio di Milano riporta su schermo la propria naturalezza ed una spontaneità disarmante ed unica, dimostrando, una volta per tutte, che la comicità individuale di ognuno raggiunge il proprio massimo potenziale solo se riunita con le altre due, con il gruppo (basti soltanto vedere Aldo da solista nel film dello scorso anno Scappo a casa e Giovanni, nel ruolo dell’anziano, nel pre-show di Adrian – La serie evento). Ad accompagnare i tre nel ripristino della propria immagine e del riconoscibilissimo stile che da sempre li caratterizza e che li ha resi grandi, una manciata di prove attoriali altrettanto ispirate, credibili e riuscite. Bisogna fare veramente i complimenti alla restante parte del cast, per essere riuscita a tener testa, in alcune sequenze, alla potenza e capacità comica di AGeG, riuscendo a scavarsi, oltretutto, un posto nella memoria dello spettatore. Sto parlando, naturalmente, della talentuosa controparte femminile della pellicola – formata da Lucia Mascino come Barbara, Carlotta Natoli nel ruolo di Paola e Maria di Biase nei panni di Carmen -, dotata e caratterizzata da un’intesa, sia reciproca che con il trio, che ha dell’incredibile.
Signori, cosa c’è di più dolce che ‘na bella vacanza tutti insieme…
Il maresciallo, interpretato da Michele Placido, nel film
I complimenti sono da rivolgere anche agli interpreti più giovani, alle nuove leve, ai nuovi volti del panorama cinematografico italiano. Interpretazioni abbastanza classiche e da manuale da parte di Davide Calgaro nel ruolo di Salvo, figlio di Aldo, finito sotto processo per aver rubato un motorino, e di Sabrina Martina come Alessia, figlia di Giovanni. Tra i due, è ovvio ciò che accadrà. Ma le sorprese e le scoperte non finiscono qui! La vera rivelazione della pellicola, infatti, è il giovanissimo Edoardo Vaino che presta il volto a Ludovico, figlio acquisito di Giacomo, dopo il matrimonio con Barbara. Il rapporto che si viene a costruire tra il piccolo Ludovico e il padre è una delle componenti centrali del film, oltre che ad essere una delle caratterizzazioni meglio riuscite della sceneggiatura di Venier & co. . Come ovvio che sia, anche il nuovo, ottimo film con Aldo, Giovanni e Giacomo presenta qualche difettuccio, soprattutto a livello di montaggio e di collegamento e contestualizzazione tra un segmento e l’altro. Il lungometraggio, seppur abbastanza classico e lineare nella progressione, si potrebbe suddividere in numerose sequenze tematiche in cui vi è un problema o una questione da risolvere e la si risolve tra mille peripezie. Ciò che manca, probabilmente, per una cattiva gestione del montaggio, è un collante plausibile e maggiormente contestualizzato tra le differenti parti del lungometraggio. Avrei esplorato forse un po’ di più le transizioni e i passaggi, i lassi temporali tra un argomento all’altro. Difatti, il film rischia, in alcuni punti, di divenire quasi episodico. Nonostante questi evidenti, ma minori, difetti, Odio l’estate si conferma essere ciò che tutti noi, fan e amanti della comicità targata Aldo, Giovanni e Giacomo, speravamo fosse.
Il film di Massimo Venier riabilita in pieno il nome e l’immagine del trio (guarda caso, serviva allontanare i tre comici dalla gestione delle componenti tecniche della produzione, quali regia e sceneggiatura, per avere un risultato del genere; possibile, ma, di certo, non confermato, segno della perdita di creatività e di lucidità comica nella scrittura dei tre), che acquisisce nuova energia positiva, che spero porterà i nostri Aldo, Giovanni e Giacomo su una strada più consona ed adeguata all’eredità e al peso emotivo e sensazionale che i loro lavori hanno lasciato nella mente e nel cuore di tutti. Tra nuove battute e citazioni, che entreranno sicuramente nel nostro immaginario, e piccole cicche e strizzatine d’occhio – anche da un punto di vista registico – dedicate agli appassionati ed estimatori dei loro lavori, Odio l’estate si posiziona subito dopo Tre uomini e una gamba e Chiedimi se sono felice, nella mia personale classifica della filmografia del trio. Se nella loro prima pellicola, Aldo, Giovanni e Giacomo giocavano una partita a pallone, la clamorosa Italia-Marocco, per una gamba di legno, perdendo miseramente, ma vincendo da un punto di vista di riuscita filmica del prodotto; con questo Odio l’estate, il trio riprende in mano la propria freschezza, il proprio stile, la propria verve comica e, oltre a vincere la partita a pallone contro il Papeete, vince, dopo moltissimi anni, la partita filmica, costruendo una commedia godibile, umana, estremamente delicata, lucida, razionale e nostalgica. Aldo, Giovanni, Giacomo, ci eravate mancati!