TITOLO ORIGINALE: Maleficent: Mistress of Evil
USCITA ITALIA: 17 ottobre 2019
USCITA USA: 18 ottobre 2019
REGIA: Joachim Rønning
SCENEGGIATURA: Linda Woolverton, Micah Fitzerman-Blue, Noah Harpster
GENERE: fantastico, avventura, azione, sentimentale
PIATTAFORMA: Disney+
Il regista del quinto capitolo di Pirati dei Caraibi dirige un sequel superfluo, con una sceneggiatura derivativa, un ritmo non sempre regolare ed una dipendenza da Angelina Jolie fin troppo necessaria e ricalcata
Cinque anni dopo le vicende del primo film, Aurora è cresciuta e diventata, ormai, la sovrana incontrastata della Brughiera, con la madrina Malefica, Fosco e le tre zie, come spalle e consigliere. Vivendo come unica umana nel mondo delle fate, ormai si è affezionata al suo popolo e alla gente della Brughiera, come fossero di famiglia. La giovane regina continua a vedersi con il principe Filippo, che decide finalmente di chiedere la mano della fanciulla, dopo tanto tempo di frequentazione. Un po’ titubante, la madrina di Aurora, la rinomata, e non più perfida, Malefica decide di accettare l’invito, da parte della ragazza, di fare una capatina nel regno di Ulstead ed incontrare, a cena, i genitori del principe Filippo – rispettivamente re Giovanni e regina Ingrid. Peccato soltanto che, come spesso accade, ci deve sempre essere un pizzico di sfortuna e di coincidenza in una storia che si rispetti. Infatti, l’invito a palazzo si tramuterà ben presto in una trappola, ordita dalla regina, ai danni di Malefica. Oltre a danneggiare la reputazione pubblica della fata, Ingrid rovina, per modo di dire, anche il rapporto florido tra Aurora e la madrina. Il film, come già accennato, si ambienta cinque anni dopo le vicende del primo capitolo (2014), ma l’impressione è quella di trovarsi in un universo ed un mondo completamente nuovi, originali e riscritti. Si abbandonano, infatti, quasi totalmente le trame e le connessioni con la prima pellicola – se non per quanto riguarda alcuni riferimenti velati – e si rappresenta un’ambientazione completamente nuova e rinnovata, profondamente “disneyiana” e principesca. Questo distacco così totale dal capostipite non può far altro che generare una prima e fastidiosa destabilizzazione. Sicuramente, in ciò ha influito anche la visione del regista e della produzione e di questo, non c’è niente da fare, se non i complimenti. Ma, avrei preferito, sinceramente, una fedeltà maggiore e un’introduzione agli antefatti meno riassuntiva, fugace e di poco conto. Non si notano per niente i cambiamenti subiti dal mondo di Maleficent, in seguito agli eventi del primo film. Non si nota un’evoluzione dei personaggi e del contesto. Questa volontà è ulteriormente rimarcata dalla scelta di creare, come già detto, una nuova ambientazione ad hoc proprio per questo secondo capitolo.
Joachim Ronning – che aveva precedentemente lavorato con Disney sulla regia del pessimo Pirati dei Caraibi: La vendetta di Salazar – torna alla direzione di un altro prodotto targato Topolino con questo Maleficent Signora del Male – seguito di uno dei live action Disney più riusciti, a livello di pubblico e iconografia, degli ultimi anni. A parer mio, la sua regia è incredibilmente adatta per condurre un blockbuster del genere, in cui si punta moltissimo sull’effetto fantastico e sorprendente delle location, degli sfondi, dei mondi, sul look dei personaggi e sul comparto drammatico ed emotivo, più che su un comparto tecnico ineccepibile. Quindi, la regia di Ronning è perfetta per questo secondo capitolo di Maleficent proprio perché si accontenta di rimanere in secondo piano, di emergere in qualche raro caso, lasciando, così, spazio ad interpretazioni, concept art e all’intrattenimento. E’ un po’ quello che ci si può aspettare da un film come Maleficent, una storia quanto meno plausibile (seppur in un mondo fantasy) e che intrattiene. Ovvio non si può andare a vedere un film del genere, aspettandosi una caratura stilistica e tecnica impressionante. Anche se, c’è da dire, che Ronning riesce a costruire delle sequenze, soprattutto action, abbastanza intriganti e suggestive, aiutato in grande parte dal montaggio e dalla fotografia, uno dei comparti migliori di quest’ultima fatica Disney, a metà tra dark puro e fantasy accesissimo.
Non c’è alcuna unione, non ci sarà alcun matrimonio!
Malefica (Angelina Jolie) nel film
Forse un po’ più complesso e ragionato rispetto al precedente capitolo, Maleficent Signora del Male presenta, comunque, una scrittura molto canonica, classica, tradizionale, non sempre brillante (troviamo alcune forzature e buchi di trama, soprattutto in collegamento con il precedente capitolo) e derivativa da prodotti come Dragon Trainer, in cui, come tema centrale, troviamo proprio la diversità e l’unione di due mondi, due identità, due etnie, due gruppi diversi. Non sembrerebbe a prima vista, ma questo secondo capitolo di Maleficent è forse uno dei film di casa Disney più politici degli ultimi anni. Dietro una tenda fantasy e da fiaba vengono, infatti, trattati argomenti di forte impatto sociale e mediatico come la diversità, il razzismo, l’integrazione, la paura dell’ignoto, del diverso, questioni centrali in buona parte della letteratura e cinematografia contemporanea. Il lungometraggio soffre, però, di una mancata evoluzione ed incremento qualitativo nella caratterizzazione dei personaggi principali (al di fuori di Angelina Jolie) e di quelli secondari. Il film, difatti, potrebbe essere suddiviso in tre grandi parti o tempi, che presentano un ritmo totalmente differente ed altalenante tra di loro. Sicuramente le parti migliori sono l’inizio e la fine, in cui troviamo una battaglia veramente ben orchestrata da Ronning e mai noiosa. La sezione più debole, sinceramente, è, senza alcun dubbio quella centrale in cui si soffre moltissimo l’assenza di Angelina Jolie/Malefica dall’azione principale. Infatti, a metà, il film decide di rallentare un poco per dedicarsi all’evoluzione e lasciare la scena a personaggi come Aurora, Filippo, Fosco e la regina Ingrid. Peccato che, soprattutto per quanto riguarda Aurora, tutti questi personaggi protagonisti o di contorno, già dal primo film, erano incastonati in ruoli e caratterizzazioni a dir poco stereotipate e frutto di cliché. La loro mancata evoluzione nel precedente capitolo e il tentativo fallito, all’interno di questo Signora del Male, di farli diventare personaggi tridimensionali, con qualcosa da aggiungere al quadro e alla vicenda generale, spezza notevolmente il ritmo creatosi nei primi 45 minuti e conduce, a tentoni, ad una conclusione a dir poco esplosiva. Certo è che, se nel precedente lungometraggio la risoluzione e gli sviluppi messi in gioco erano veramente originali, qui, si ritorna ad un tipo di chiusura molto più canonica e, parallelamente, anonima, facilona e già vista.
Diciamolo chiaro e tondo, la riuscita sia del primo, ma soprattutto di questo secondo capitolo di Maleficent, è indubbiamente ricollegabile alla bravura e alla interpretazione istrionica, iconica, memorabile ed affascinante di Angelina Jolie (in uno dei suoi ruoli migliori degli ultimi anni). Nonostante, in questo film, il personaggio di Malefica non sia costantemente il centro dell’azione principale, il “villain” portato su schermo dalla Jolie rimane sempre la causa e il motore di questa azione. All’interno della pellicola, difatti, la figura di Malefica passa attraverso diversi stadi: da presenza fisica e mitica a causa quasi fantasmatica degli eventi. In seguito alla prima sconfitta, subita durante la cena al castello, Malefica scompare relativamente dalle scene per tornare e scoprire, una volta per tutte, le sue origini e le sue radici, incontrando un intero popolo di fate come lei (e qui verrebbe quasi spontaneo il paragone con Avatar, ma forse sarebbe un po’ troppo azzardato). All’interno del film viene, in più, introdotto il concetto che Malefica sia una delle ultime discendenti di un’antica stirpe, detta della Fenice. Questo elemento non è, in fin dei conti, altro che un metodo facile e un po’ tirato per i capelli per giungere ad una conclusione semplice e corretta, seppur molto banale. Ciò che fa storcere ancora di più il naso è il fatto, tra l’altro, che Malefica, presentata e ristabilita, in questo secondo capitolo, come la persona più malvagia del mondo, presenti dei valori, degli atteggiamenti e faccia delle scelte migliori degli stessi eroi. Si viene quindi a svalutare l’aura misteriosa ed affascinante del villain o antieroe – qualità che avrebbe potuto portare a sviluppi interessanti.
Come già citato, i personaggi di contorno ad Angelina Jolie e quelli secondari soffrono di un inquadratura in ruoli fin troppo classici, sorpassati e stereotipati. Tutti ne sono vittima, nessuno escluso. Maleficent Signora del Male presenta al pubblico delle new entry, più o meno gradite, ad accompagnare la trinità Jolie, Fanning, Riley (molto rodata ed efficace su schermo). Innanzitutto, facciamo la conoscenza del nuovo interprete del principe Filippo, elemento che si aggiunge alla perdita di orientamento dei primi minuti. Infatti, a sostituire Brenton Thwaites nel ruolo, ci pensa Harris Dickinson, che incredibilmente se la cava abbastanza egregiamente nell’interpretazione dello sdoganato principe delle fiabe. Forse più concreto e meno goffo del Filippo che avevamo visto nel precedente capitolo, Dickinson regala un’interpretazione canonica e nella norma, nulla di speciale, ma apprezzabile, pensando soprattutto alla terribile alternativa. All’interno del cast del film, è presente anche il solitamente ottimo Chiwetel Ejiofor, che, qui, dà prova del fatto che, a volte, uno scivolone può anche starci. Il suo Connal – una sorta di mentore per Malefica – è uno dei personaggi più insulsi del film. Il suo rapporto con Malefica viene costruito e distrutto un po’ a caso e, diciamocela, del suo destino e fato non importerà a nessuno durante la visione. Parlando di rapporti, anche quello tra Malefica ed Aurora arriverà ad una crisi in un determinato momento della pellicola, ma la cosa viene così poco enfatizzata e rimarcata che si riesce quasi a perderla di vista e sorpassarla, procedendo nel film. La scrittura pessima del personaggio di Connal viene, tra l’altro, corredata da un altrettanto pessima e scialba interpretazione di Ejiofor, stanco e profondamente distaccato. Ma arriviamo al pezzo forte della terzina di nuovi personaggi: la regina Ingrid interpretata dalla meravigliosa, elegante e sempre maestosa Michelle Pfeiffer, qui in una parte che le calza veramente a pennello. La Pfeiffer dimostra una bravura incredibile ed arriva a rubare la scena alla Jolie in alcuni momenti. Lei è la villain vera e propria della pellicola, nonché nemesi giurata del popolo fatato guidato da Malefica. Peccato che una grande ed ispirata interpretazione, da parte dell’attrice protagonista di Scarface, venga rovinata, come deducibile, da una scrittura a dir poco immonda del personaggio, patetico e con motivazioni superate ed insipide. Di contorno troviamo, infine, un macchiettistico Ed Skrein ed un piacente Robert Lindsay nel ruolo di re Giovanni.
L’occhio viene rapito, il cuore non completamente. Il film tenta e ritenta di conquistare l’attenzione e l’empatia dello spettatore, che risulta sì coinvolto, ma allo stesso tempo annoiato e un poco freddo. Dietro a panorami e sfondi realizzati in un’ottima CGI e frutto di un minuzioso lavoro di concept art; una fotografia curata, espressiva ed incantevole, una colonna sonora, firmata Geoff Zanelli, che tenta di scimmiottare quella di James Newton Howard; scene d’azione mozzafiato ed interpretazioni sommariamente buone, Maleficent Signora del Male cede sotto la pressione di una sceneggiatura deboluccia che si accontenta di soluzioni e risvolti di trama facili e banali, di una svalutazione e distacco dal capitolo precedente – che, comunque, presentava temi e scelte interessanti ed ardite, nonostante la conclusione troppo frettolosa – ed una regia quasi completamente asservita alla narrazione, senza alcuno spunto interessante. Un seguito ed un film non così attesi e richiesti, se non dagli amanti e fan del primo capitolo – che, ad ogni modo, iniziava e si chiudeva in modo circolare -, ma, ormai si sa, qualsiasi cosa tocchi la Disney si trasforma, immediatamente, in una gallina dalle uova d’oro, quindi perché non lucrarci sopra, visto il successo del primo ed il cast stellare? Non è così, Disney?
Hai compiuto un’opera ammirevole, andando contro la tua natura per crescere questa fanciulla, ma ora finalmente riceverà l’amore di una vera madre!
Ingrid (Michelle Pfeiffer) nel film