TITOLO ORIGINALE: 13 Reasons Why
USCITA ITALIA: 23 agosto 2019
PIATTAFORMA/CANALE: Netflix
GENERE: dramma adolescenziale, giallo, thriller
N. EPISODI: 13
DURATA MEDIA: 49-71 min
Non accontentandosi di una orribile seconda stagione, Netflix ci riprova, producendo una terza stagione ancora più orribile ed insulsa, con cui elimina tutto quello affermato in precedenza
1 agosto 2019. Palma de Mallorca. Ultimo giorno di vacanza lì. Tra poche ore prendo l’aereo e torno a casa. Mi arriva una notifica sullo smartphone. Youtube. Nuovo video di Netflix Italia. Tredici – Stagione 3 Trailer Ufficiale. Mai notizia fu più indesiderata, considerando che, ultimamente, Netflix sta continuando a cancellare serie bellissime e meritevoli, ma comunque continua a produrre cose ignobili come questa terza stagione di Thirteen Reasons Why. Sì, perché, qui lo dico e qui lo nego: Tredici 3 è una delle cose più brutte che abbia visto quest’anno in fatto di serie TV. Sicuramente una delle stagioni Netflix più inutili di sempre. Già la seconda stagione era un qualcosa di disumano, ora arriva pure questa che oltre ad essere disumana, è anche inutile. L’incipit della scorsa stagione di questa bella (notare l’ironia) serie era: vediamo ciò che è successo tra vari personaggi e Hannah, che però gli sceneggiatori e produttori hanno deciso di non farci vedere – nell’autoconclusiva e – discreta prima stagione. Se sullo sfondo della seconda vi era il processo per la morte di Hannah Baker, il cui esito è un qualcosa di, a dir poco, improbabile ed impossibile; nella terza, l’incipit riguarda l’omicidio di un personaggio moooolto apprezzato sia dai personaggi della serie che dal pubblico stesso. Visto che, nonostante l’assenza di Hannah, gli sceneggiatori hanno continuato ad utilizzare tredici oggetti (come le cassette) per distinguere le puntate e, poi, perché <<dai la serie si chiama Thirteen Reasons Why, quindi il numero tredici ci deve essere!>>, ho deciso di elencare, in tredici punti, le ragioni per cui, questa terza stagione, è un qualcosa di inutile ed ignobile.
Diciamoci la verità. C’era proprio bisogno di questa terza stagione di Tredici? Certo che no! Una volta conclusasi la vicenda Hannah Baker, continuare avrebbe significato cambiare completamente rotta e, purtroppo, così è stato. La stagione si concentra sulla scoperta di chi è che ha ucciso Bryce Walker, motivazione principale del suicidio di Hannah Baker. Il villain delle scorse due stagioni, praticamente. Proprio il fatto che Bryce Walker sia la vittima in questa terza serie porta a due conclusioni principali. La prima è la possibilità che chiunque possa essere l’assassino, perché praticamente tutti odiano Bryce all’interno della serie. Con questa motivazione, si arriva alla seconda conclusione: e a me che cosa frega, prima di tutto, se Bryce è morto e, poi, chi l’ucciso? Era un personaggio negativo, aveva fatto male ad un sacco di persone? Sì, allora sono solo felice, non c’è bisogno dell’investigazione e di tutti e 13 gli episodi che compongono questa stagione (sto parlando a livello di personaggio, non di persona in un contesto reale, per capirci meglio). Quindi, è a dir poco inutile tutta questa storyline aggiuntiva che lascia, poi, il tempo che trova, perché, per me, Tredici ha smesso di avere un senso di continuare una volta finita la prima stagione. La seconda e la terza non sono altro che mero sfruttamento del nome per fare incasso.
Uno dei difetti principali di questa terza stagione della serie teen Netflix è sicuramente lei. La ragazza nuova. Ani “fatti i cavoli tuoi” Achola, interpretata dalla brava – per il tipo di personaggio che le hanno confezionato – Grace Saif. Il suo personaggio viene introdotto dal primo episodio di questa nuova stagione e sembra che sia con i nostri “amati” personaggi fin dall’inizio, che sia sempre stata lì, visto che tutti, dopo un paio di mesi, le confidano tutto. L’unica cosa che non le viene confidata è quella più importante e rilevante per capire la situazione: il suicidio di Hannah e il perché si è suicidata. Tipo, what?! Questa diventa una sorta di conservatrice di segreti degli altri. Potrebbe passare – anche se penso proprio di no -, però, questo personaggio ha un difetto proprio piccolo piccolo: il fatto che non sa farsi gli affaracci suoi. Mentre si prosegue con la visione della stagione, a volte, sorge spontaneo urlare contro lo schermo: <<ma fatti i cavoli tuoi!>>. Diventa una sorta di investigatrice/cospirazionista che, a quanto pare, non ha una vita propria. Veramente, il suo personaggio è uno dei più fastidiosi in questa stagione. Non che gli altri siano da meglio. Il suo moralismo imperante e la sua abilità da maestrina nei confronti degli altri nasconderà, successivamente, al di sotto un’ipocrisia vergognosa ed odiosa. Ogni scena in cui compare, lo spettatore vorrebbe fare solo una cosa: urlarle contro per la frustrazione. Tutto ciò non è però colpa dell’attrice, che è stata pure brava nell’interpretazione, ma di una scrittura veramente idiota non solo del suo, ma di tutti i personaggi.
La struttura di questa terza stagione è ancora più confusa di quella dello scorso round! Tutta, e ripeto tutta, la vicenda si basa sullo scoprire cose celate, segreti in continuo andirivieni tra passato, presente e, ascoltate bene, futuro! Eh sì, perché non bastavano i flashback, ci volevano anche i flashforward! E attenzione, non tutto quello che vedrete, sarà al 100% veritiero, perché si basa su cose che vengono dette o che, comunque, Ani sa, perché, a quanto pare è la narratrice onnisciente all’interno di questa storia. Il mezzo di distinzione delle tre dimensioni temporali è la fotografia e il colore dell’immagine. Si passa da colori che Mad Max: Fury Road spostati, ad una fotografia scura alla 8×03 di Game of Thrones (accendete le luci!), arrivando, infine, ad un filtro in bianco e nero per il futuro, ovvero la confessione di Ani al padre poliziotto di Alex Standall. La fotografia e il comparto tecnico, quindi regia e colonna sonora, ma anche il montaggio; sono incredibilmente curati e si avvicinano a certe produzioni teen cinematografiche, ma non solo. L’effetto controproducente di confusione e fastidio di questo metodo filmico e la scrittura sono i problemi! Sì, perché, gli scrittori di Tredici non sono in grado di costruire una vicenda lineare. Oppure, potrebbero farlo, ma l’incipit e il susseguirsi degli eventi sarebbero così soporiferi che <<dai, meglio creare l’intrigo, mediante segreti, sfasamenti ed incertezze temporali!>>.
Ora che non ci sono più le cassette e neanche le foto, cosa mettiamo per rispettare i 13 oggetti che distinguono ogni episodio? Beh, mettiamo delle cose a caso che si collegano – o forse no – con la morte di Bryce. Ecco, già il voler rispettare il titolo Thirteen Reasons Why per questa stagione è un errore, perché delle prime due stagioni di Tredici non c’è nulla. Hannah Baker viene menzionata, sì e no, dieci volte in tutta la stagione. Questo terzo round per Clay e amici poteva benissimo chiamarsi “Uccidiamo Ani” o “Delitto a scuola” e non avrebbe fatto alcuna differenza. Il titolo Tredici è stato mantenuto e sfruttato, ovviamente, per fare cassa, per esaltare i fan e per far discutere. Anche se si nota un calo di attenzione dopo la pessima seconda stagione e di questo sono contento! Inoltre, è incomprensibile perché abbiano voluto mantenere i tredici episodi fissi, quando la vicenda si sarebbe potuta concludere in otto. Dal settimo episodio, il tutto inizia a risultare pesante, ripetitivo, quasi straziante in alcuni punti. Non si vede l’ora che finisca, veramente!
Con questo punto è bene affermare fermamente che quasi tutti i personaggi presenti in Tredici sono odiosi e piatti come pochi. Tutti hanno una sola caratterizzazione, seguono tutti lo stesso modello, lo stesso stampo: sono tutti ragazzi problematici. Ora, va bene, esistono adolescenti con problemi, alcuni anche con difficoltà gravi. Ma, non è possibile che in una scuola tutti i suoi componenti abbiano la peggiore sfortuna di questo mondo. A parte quest’osservazione, però, c’è da dire che all’interno della serie non vi è un personaggio per cui lo spettatore parteggerà o empatizzerà. L’intero roster di personaggi che si muovono su schermo sono insulsi, odiosi e, soprattutto, stupidi. Ci sono momenti, all’interno della stagione, in cui questi dimostrano dei comportamenti veramente dementi (come Tyler, ragazzo molto problematico, che nella stagione precedente stava per fare una strage, che esce da scuola per urinare, portandosi dietro lo zaino! Allora vuoi che pensino che non sei ancora troppo a posto! La spiegazione di tutto ciò è ancora più stupida, credetemi). Non ce n’è uno che faccia un qualcosa di razionale e ragionato. Ma, a questo, ci ricollegheremo nel prossimo punto. Tutti sono accecati dall’ira, dai propri interessi e dai propri bisogni. Nei tredici episodi che compongono questa terza stagione vi sono pochissime scene in cui le figure presenti non litigano o in cui, comunque, vi è un dialogo pacifico. Questi passano il tempo a tenersi segreti, a parlare male ed osservare altre persone, e ad insultarsi. Non è possibile che la maggioranza della scuola sia composta da (perdonatemi l’eufemismo) teste di minchia. Veramente, mentre guardavo gli episodi volevo che morissero tutti da un momento all’altro. Odiosi, a dir poco. Lo spettatore diventa, infatti, indifferente a tutto ciò che questi dicono, pensano e fanno, perché tanto il risultato e la conseguenza si possono dedurre immediatamente. Poi, il comportamento di questi tanto amati personaggi dimostra che questi non hanno imparato nulla da ciò che è successo nelle stagioni prima. Una ragazza si è tolta la vita per dicerie, segreti ed offese e cosa fanno i personaggi all’interno di questa serie? Esattamente quello!
Ci ricolleghiamo ad un punto espresso sopra, parlando di cambiamenti repentini di giudizio, pensiero ed azione. La psicologia di tutti i personaggi viene trattata con una superficialità che fa ridere, per puntare totalmente su momenti drammatici che vogliono emozionare, ma, alla fine, risultano solamente patetici, senza fare spoiler. Persone che si amano, persone che si odiano. Persone che si erano lasciate per motivi gravi che tornano insieme, così, perché andava. Gente che decide di non fare un cosa, poi il secondo dopo la fa, fallendo miseramente. Persone che litigano, ma tornano amiconi. Alcuni personaggi che diventano amiconi e riallacciano i rapporti con uno che odiano (Bryce, ovviamente, lo stupratore) e che ha fatto loro del male. Altri che diventano amici con questo soggetto, lo seguono ovunque e poi, di punto in bianco, decidono di mandarlo a quel paese. Gente menefreghista ed egoista che inizia a voler riparare alle proprie azioni, però, la scena dopo offende, litiga, minaccia e provoca. Reazioni e pensieri totalmente fuori posto. Sì, questa terza stagione è un misto di dialoghi senza un senso logico e scritti con i piedi. Veramente, chi si è occupato della scrittura veramente non sa come funziona il pensiero e come funzionano le emozioni e le reazioni.
Come già precedentemente affermato, questa terza stagione si sarebbe potuta chiamare “Clay, investigatore per una settimana” o “Ani muori” e non sarebbe cambiato nulla. Allora, è spontaneo chiedersi, perché utilizzare il titolo di una serie che è praticamente l’antitesi di ciò che si sta vedendo? Se le prime due stagioni erano un teen che voleva veicolare un messaggio di solidarietà e di sostegno, questa stagione tenta di dare un’illusione di continuità rispetto a quella linea, ma diventa, praticamente, un crime poliziesco con tinte teen, in cui l’elemento fondamentale sono i segreti e scoprire chi è stato il colpevole. Ma sapete come si salva questa terza stagione? Ebbene, si salva in calcio d’angolo infilandoci a forza i tanto amati e cari temi sociali di dibattito, quando, in verità, si vede lontanissimo che sono soltanto un elemento a margine, una costola della serie. Per quanto mi riguarda, la trattazione di questi temi non mi è sembrata innovativa o diversa rispetto alle altre stagioni, ma anche a confronto di tanti teen-drama che circolano oggi. Gli argomenti trattati in questa terza stagione di TRW li ho visti approfonditi meglio e con più cura in Sex Education, che presentava anche una critica molto più presente e non erano messi solo come contentino e per essere coerenti con il passato.
13reasonswhy.info. Questo è l’indirizzo del sito, fondato con lo sbarco della serie su Netflix, che si offre di aiutare giovani in difficoltà e con dei problemi come quelli descritti nella serie. Tutto bello. E’ senza dubbio un’ottima iniziativa. Ma caro Tredici, ti sei guardato allo specchio? L’obiettivo della serie è quello di condannare lo stupro, l’uso di droghe, la violenza e poi mi vedo, verso il finale, un tentativo di far empatizzare lo spettatore con, non uno, ma due stupratori. No, non ci siamo proprio. Non puoi ostentare questo impegno sociale e poi ribaltare completamente i miei giudizi sui vari personaggi. Quest’ipocrisia, che si converte in vittimismo, durante il corso della stagione, l’ho a dir poco detestata e ha fatto scendere la serie e la produzione di moltissimi gradini a livello di opinione personale.
Il finale di questa terza stagione è una delle cose più incasinate, incastrate, tirate per i capelli e macchinose del mondo. Veramente, nel finale, succedono tanti di quegli eventi coincidenti e, appunto, tante di quelle coincidenze che risulta a dir poco impossibile che siano successe veramente. Invece, è proprio così e la risoluzione finale è brutta, insensata, ingiustificata e risolta in 20 minuti. Infine, il finale fa cambiare completamente il giudizio che lo spettatore aveva di ogni singolo personaggio, elemento che ho odiato fortemente, ma che approfondirò nel punto successivo. Anche il messaggio che potrebbe passare, vedendo il finale, è sbagliatissimo e potrebbe essere male interpretato.
Ebbene sì, questa è la domanda che sorge spontanea una volta finito l’ultimo episodio. Perché ovviamente la stagione non poteva finire senza che la pessima sceneggiatura finisse il suo lavoro di distruzione delle caratterizzazioni e delle personalità dei personaggi. Gli autori tentano, apparentemente, di toglierci dalla testa quel pensiero con una scena emotiva e strappalacrime e provano ad illuderci che tutto andrà bene. Ma ciò che è successo non svanisce, anzi, mi porterà, ancora di più, a richiedere la morte istantanea di tutti i personaggi ancora vivi, già dall’inizio della prossima (cosa?!) stagione.
Se il finale è macchinoso ed artificiale, lo è anche il resto della stagione, aggiungendo un elemento al tutto: la mancanza di senso. Collegata con la caratterizzazione e il cambio repentino nei comportamenti dei personaggi, la mancanza di senso è imperante in questa nuova stagione. Io, ancora adesso, mi sto chiedendo perché alcuni personaggi abbiano fatto o meno quella scelta. Il tutto è dettato da un qualcosa di irrazionale, non ben approfondito ed indagato. Sembra che nessuno ragioni in questa stagione! Questa mancanza di senso non è presente solo nei comportamenti dei giovani studenti, ma anche nel comportamento della polizia. Fin dall’inizio, infatti, le forze dell’ordine promettono interrogatori a tappeto su tutta la scuola, mentre alla fine ciò non succede e lasciano anche troppa permessività. Il villain vero e proprio di questa terza stagione è, in effetti, proprio la polizia. Lo spettatore vede, infatti, gli agenti come la controparte negativa, durante il corso degli episodi, – perché parteggia per i giovani – quando, in verità, non è che il contrario.
Ultimamente sembra che, se non si inserisce il girl power all’interno di qualsiasi prodotto audiovisivo, quel determinato prodotto non abbia senso di esistere. Attenzione, non me la sto prendendo con l’emancipazione femminile in sé – che appoggio pienamente – ma con la volontà, da parte delle major cinematografiche e televisive americane, di forzare, a volte anche in modo sbagliato e deviante, questo elemento per fare scalpore e audience, perché va di moda dire che si è femministi! Nella maggior parte dei casi, il femminismo inserito diventa il suo opposto: ovvero, diventa un cliché, un tabù – proprio ciò che il femminismo sta tentando di cancellare dall’immaginario comune. Diciamo che il girl power è cominciato ad essere scadente in Tredici dopo la seconda stagione. La figura di Hannah Baker, dipinta inizialmente come una ragazza forte, sicura, indipendente, vittima inevitabilmente delle pressioni e i problemi del contesto, è crollata nella seconda stagione, in cui si arrivano a scoprire retroscena a dir poco imbarazzanti che fanno scendere notevolmente di qualità il personaggio. In questa terza stagione, non essendoci più Hannah, è stata applicata la sua sostituzione con un gruppo femminista feroce, capeggiato da Jessica Davis, che fa delle cose che appartengono al femminismo che personalmente odio, ovvero quello che prevede l’esibizionismo e lo shock. Queste ragazze fanno delle cose, a dir poco, imbarazzanti ed inaudite e la serie, in molti momenti (ovvio ci sono dei ripensamenti), tenta di giustificarle, ma ci sono modi e modi. Una modalità apprezzabile è quella utilizzata dalla stessa Davis in uno degli ultimi episodi durante un’assemblea per sensibilizzare gli studenti e la direzione su temi come lo stupro, droghe e violenze varie.
Cosa rimane, alla fine dei conti, una volta terminato l’ultimo episodio di questa terza stagione? Beh, poco o nulla se non delle buone, se non ottime, interpretazioni (soprattuto da parte di Devin Druid, che interpreta Tyler, e di Brenda Strong, che interpreta la madre di Bryce), una colonna sonora di tutto rispetto e un comparto tecnico incredibilmente ispirato. Per quanto riguarda sceneggiatura e personaggi non ci siamo proprio. Non è attraverso problemi sociali e scene tragiche che si fa empatizzare lo spettatore con ciò che sta succedendo, ma attraverso una costruzione ed un’evoluzione sensata, credibile, costante e quadrata dei personaggi e con la scrittura di scene che non siano un parto da vedere ed ascoltare, perché vi sono alcuni dialoghi, alcune scelte, alcuni cambiamenti da mettersi le mani nei capelli. Veramente, neanche nei serial su Disney Channel. Cento volte meglio Sex Education. Addirittura Big Eyes porta un approfondimento e trattazione maggiore dei problemi degli adolescenti. Ma, dopo questo scempio, non è finita, perché è già stata confermata una quarta e, finalmente, ultima stagione in cui probabilmente si tratteranno il tema delle armi e le conseguenze di ciò che i personaggi hanno compiuto durante il corso di questa stagione. Quindi, si avrà, praticamente, a livello di struttura, la fotocopia della seconda stagione – in cui si trattavano gli effetti del processo sui compagni della fu Hannah Baker – rispetto alla prima. Concludo, dicendo che non riesco proprio a crederci. Tutto questo non ha il minimo senso di esistere. Ho moltissima paura per ciò che i produttori e gli scrittori tireranno fuori. Tengo le dita incrociate, ma dubito!