TITOLO ORIGINALE: Zucchero Sugar Fornaciari
USCITA ITALIA: 23 ottobre 2023
REGIA: Giangiacomo De Stefano, Valentina Zanella
SCENEGGIATURA: Giangiacomo De Stefano, Valentina Zanella, Federico Fava
CON: Zucchero, Bono, Sting, Brian May, Corrado Rustici, Randy Jackson, Francesco De Gregori, Andrea Bocelli
GENERE: documentario
DURATA: 100 min
Presentato alla Festa del Cinema di Roma 2023
Giangiacomo De Stefano e Valentina Zanella firmano un documentario che racconta il più grande, forse l'unico e solo bluesman italiano, Zucchero Sugar Fornaciari. Un film che racconta l'unicità dell'uomo e dell'artista e che, pur dovendo rispondere ad una costruzione iconica e di immagine ben precisa ed inquadrata, non sacrifica per questo la forza delle proprie intenzioni, mantenendo un rapporto emozionato ed emozionante con ciò e colui di cui sta parlando, “un’anima antica” come non ce ne sono e saranno forse mai più.
Zucchero “Sugar” Fornaciari, al secolo Adelmo Fornaciari, ha fatto un patto col diavolo, come fece a suo tempo Faust o, secondo la leggenda, il padre del blues Robert Johnson?
La domanda è ovviamente retorica e la risposta lascia il tempo che trova. Tuttavia, semmai avesse fatto davvero un patto con il diavolo non sarebbe stato al fine di migliorare ed accrescere le proprie doti musicali, come nel caso del già citato Johnson, quanto piuttosto per garantirsi quella capacità che egli ha e ha sempre avuto di riuscire a conciliare le proprie radici provinciali, emiliane ed italianissime, con uno spirito ed un respiro musicale in grado di parlare a tutto il mondo. Di saper essere uno dei più popolari artisti italiani a livello internazionale, subito dopo (il caro amico) Pavarotti, e allo stesso tempo quel bambino commosso mentre ricorda la nonna nelle parole di Diamante - una delle sue canzoni più belle (co-firmata con Francesco De Gregori) -, o malinconico mentre lascia riecheggiare tutta una geografia emotiva e sonora di un mondo lontano, che ormai non esiste più, come avviene nel concept album Chocabeck, tra i più recenti e sentiti. Quell’anima semplice, umilissima, viscerale, verace che affonda la propria essenza nelle tribolazioni delle campagne e delle mondine della pianura emiliana.
È di questo che parla soprattutto il documentario di Giangiacomo De Stefano e Valentina Zanella (co-scritto insieme a Federico Fava) che inizia proprio sulle rive del Po, fra le infinite distese e le stradine della piccola Roncocesi (una cittadina di poco più di duemila anime in provincia di Reggio Emilia), per poi aprirsi pian piano al mondo.
E quindi: lo shock culturale nel constatare le similitudini tra la sua terra d’origine e un posto tanto lontano come New Orleans, i tre insuccessi consecutivi a Sanremo, ma anche l’incontro significativo con Corrado Rustici (storico producer napoletano di artisti del calibro di Aretha Franklin, Whitney Houston ed Elton John, che collaborerà con lui fino agli inizi del nuovo millennio), le prime grandi hit e i primi concerti negli stadi, fino ad arrivare all’esplosione di popolarità mondiale grazie a meravigliose collaborazioni con artisti leggendari quali Miles Davis, Eric Clapton, Brian May, Paul Young, B.B. King, Sting, Bono e il già citato Pavarotti; e a concerti epocali che ne iniziano a scolpire e sancire la grandezza, come le svariate edizione di Pavarotti & Friends, quelli al Cremlino o alla Royal Albert Hall, o ancora quello dedicato a Freddie Mercury al Wembley Stadium.
L’intento è ovviamente agiografico, di fatto autobiografico, visto che il più delle volte è lo stesso Zucchero a parlare, a ripercorrere, a confessare i propri traguardi, fortune, momenti di spaesamento, dolore e infine la lunga depressione, che, come lui stesso rievoca con sincerità, lo attanagliò per quasi sei anni in uno dei periodi artisticamente più fulgidi di tutta la sua carriera.
A tal proposito, se inizia intimo, piccolo, personale, per poi espandersi fino ad inglobare la storia della musica e le migliaia di persone sotto al palco, il racconto di Zucchero Sugar Fornaciari si chiude parimenti intimo, piccolo, personale, con le parole di affetto incondizionato, nonostante l'incomprensione del proprio cammino artistico, da parte di mamma e papà in teneri materiali d’archivio, e con la celebrazione degli amici, quelli di una vita e quelli acquisiti di recente (tra coloro che offrono il proprio contributo, i già citati Sting, Bono, Brian May, Corrado Rustici, Paul Young e Francesco De Gregori, così come Randy Jackson, Francesco Guccini, Andrea Bocelli e Salmo). Chiudendo insomma un ideale cerchio proprio su quel soprannome, Zucchero, che gli diede la maestra delle elementari e che, come ben ribadiscono non solo il titolo del documentario, ma innanzitutto le copertine dei suoi lavori e le sue variopinte giacche, egli ha sempre mantenuto insieme alla sua traduzione inglese.
"Zucchero Sugar" (Fornaciari) è allora la perfetta sintesi della dote e del talento del cantautore emiliano nell’essere ponte tra la patria degli affetti (Roncocesi) e la patria (New Orleans) dell’arte e della musica che egli ha importato nel mercato italiano e rivoluzionato in un certo senso. Di crasi e fusione perfetta tra un cuore emiliano che si ritrova nella rievocazione elegiaca delle sue parole e in un’anima di indomito cantastorie, ed un ritmo R&B, nero, soul che ne pervade ogni parte del corpo, in una sorta di possessione mistica e metafisica e pulsione irrefrenabile. E ancora, di un uomo, di un artista o, meglio, di “un cappellaio matto dalla voce di cuoio” che ha fatto della coerenza artistica ed umana e del sound il suo credo. Che non ha mai perso sé stesso, la propria verità, malgrado i cambiamenti e le evoluzioni nella musica, sua e in quella degli altri.
Tutto questo, De Stefano e Zanella lo raccontano in un’ora e quaranta molto ben scandita, densissima di parole, ma pure (per fortuna e a differenza della quasi coeva docu-serie su Vasco Rossi di Netflix) di musica e di composizioni indimenticabili. In un film che, pur dovendo rispondere ad una costruzione iconica e di immagine ben precisa ed inquadrata, e saltando (per motivi di durata) su alcune fasi e momenti potenzialmente interessanti dell’opera di Zucchero, non sacrifica per questo la forza delle proprie intenzioni, mantenendo un rapporto emozionato ed emozionante con ciò e colui di cui sta parlando, “un’anima antica” come non ce ne sono e saranno forse mai più.
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