TITOLO ORIGINALE: The Vigil
USCITA ITALIA: 10 settembre 2020
USCITA USA: 5 agosto 2020
REGIA: Keith Thomas
SCENEGGIATURA: Keith Thomas
GENERE: orrore
Un giovane ragazzo viene ingaggiato come shomer per vegliare sul cadavere di un uomo, ma il lavoro si rivelerà più inquietante e oscuro di quanto sembri. Produzione low-budget della Blumhouse di Jason Blum, The Vigil è l’opera prima dell’esordiente Keith Thomas. Un comparto tecnico-estetico di buona fattura, caratterizzato da una regia sorprendentemente consapevole e da una fotografia suggestiva, rappresenta l’unico fattore horrorifico di un progetto che, narrativamente, fa acqua da tutte le parti. Un soggetto intrigante e dalle infinite possibilità viene banalizzato da una sceneggiatura che naviga costantemente tra già visto e soluzioni semplicistiche e ridondanti. Un’assoluta occasione sprecata.
Una riapertura all'insegna dell’horror, quella post lockdown. Infatti, oltre a grandi blockbuster attesi come Tenet, Onward e After 2, le sale sono state completamente invase da pellicole horrorifiche di dubbia qualità. Sto parlando di Gretel & Hansel di Oz Perkins - tecnicamente formidabile, ma narrativamente approssimativo - e del travagliato The New Mutants di Josh Boone - primo connubio tra cinecomic e film dell’orrore. In questo contesto, trova spazio anche The Vigil, opera prima di Keith Thomas, prodotta nientemeno che da Jason Blum e dalla sua Blumhouse - casa di produzione statunitense dietro opere come Scappa - Get Out (2017), La notte del giudizio (2013) e il recente L’uomo invisibile (2020). La pellicola segue le orme di Yakov, giovane ragazzo ebreo che, a corto di soldi, decide di accettare la proposta, fattagli dal rabbino Reb Schulem, di vegliare sul corpo di uomo, diventando uno shomer - parola ebraica che significa, a tutti gli effetti, custodire, guardare, preservare. Come deducibile, tuttavia, il compito si rivelerà essere molto più inquietante e oscuro di quanto sembri, in quanto la casa del defunto è infestata da una presenza maligna e antica che difficilmente lascerà andar via il nostro shomer. Forte di un incipit narrativo curioso e mediamente intrigante, The Vigil - e il suo regista - sarà dunque riuscito a rompere la maledizione che pare infestare le ultime uscite del genere, mostrandosi agli occhi del pubblico come un horror degno di questo nome?
Abbastanza conforme agli standard produttivi tipici di Blumhouse, il comparto tecnico-artistico di The Vigil è, senza alcun ombra di dubbio, la colonna vertebrale dell’intero progetto. Sintomo di questa cura e perizia, una regia acerba ma sorprendentemente consapevole per un’opera prima e una fotografia dinamica ed espressiva che gioca abilmente e costantemente con il chiaroscuro al fine di dar vita a momenti di altissima tensione. Questa stessa suspense è, però, risultato di una preliminare costruzione registica che sa scegliere bene i punti macchina con il preciso intento di costruire piani ed inquadrature staticamente irrequiete. Allo stesso tempo, Keith Thomas fa dei movimenti della cinepresa uno strumento fondamentale per favorire preoccupazione e turbamento nel cuore dello spettatore. Malgrado il lampante basso budget impiegato, il collage The Vigil si compone di sequenze e momenti che, rispettando i propri obiettivi originari, spaventano e fanno saltare sulla poltroncina in un paio di occasioni. Ciò nonostante, non mancano soluzioni e meccaniche telefonate, oltre che estremamente ridondanti (come, per esempio, l’espediente della telefonata), e scene in esterna confusionarie e difficili da digerire - per colpa, anche e soprattutto, di un montaggio non proprio limpidissimo e talvolta fin troppo serrato. Discorso a parte è da riservare alla colonna sonora che, per tutta la durata della pellicola, naviga tra melodie e temi originali coerenti con l’affresco presentato e motivi alla Stranger Things nocivi e deleteri rispetto all'allestimento di un’atmosfera certosina e, per certi versi, efficace.
Valutando il film soltanto da un punto di vista tecnico, The Vigil potrebbe considerarsi un horror solido con una manciata di momenti ben realizzati e funzionali alla trasposizione filmica e alla messa a punto di un racconto coinvolgente e dalle infinite possibilità. Almeno sulla carta. Infatti, superati i primi e didascalici minuti - di chiamata all’avventura -, in cui vengono sviscerati e presentati tutti gli elementi costitutivi e cruciali nella comprensione della vicenda, The Vigil si struttura e alterna i vari eventi in maniera alquanto classica e tradizionale. Chiamate misteriose, rumori inquietanti, visioni sinistre e filmati con il fine ultimo di approfondire ulteriormente la mitologia e credenza dietro questa entità maligna sono i mattoni di un’opera narrativamente antiquata e stanca che, alla fine dei conti, intimorisce il pubblico solamente grazie alla propria membrana tecnico-estetica. Qualsiasi dettaglio presentato su schermo odora di già visto e sdoganato, non aiutando, di conseguenza, lo sviluppo di un soggetto che, citando quanto sopra e se sfruttato a dovere, avrebbe potuto essere foriero di atipicità e stupore. Questa mediocrità si traduce in dialoghi prevedibili e palesemente costruiti, in una metafora poco incisivasu dolore e trauma e in un finale tempestivo, semplicistico nella risoluzione ed insoddisfacente nella resa filmica.
The Vigil si conferma pertanto come il logico e parzialmente verosimile proseguimento di quella maledizione che teorizzavo ad inizio articolo; un passatempo gradevole e tecnicamente soddisfacente per essere un’opera prima - e, in particolare, una produzione low budget -, ma che, a livello narrativo, fa acqua da tutte le parti. Un’idea inedita, interessante e dall’ampio potenziale, tuttavia sfruttata a metà, che trova uno sbocco adeguato ed efficiente - parlando di esperienza horrorifica - soltanto grazie ad inquadrature suggestive e ad un’atmosfera ben confezionata e claustrofobica - successivamente rovinata da scelte e dinamiche discutibili. Tutto il resto? Nient’altro che un concentrato di prevedibilità, scontatezza e piattezza narrativa. Un horror mediocre che, pur congegnando un paio di momenti realmente inquietanti, esaurisce il suo intero potenziale ancor prima del terzo atto. Una vera occasione sprecata.