TITOLO ORIGINALE: The Palace
USCITA ITALIA: 28 settembre 2023
REGIA: Roman Polański
SCENEGGIATURA: Roman Polanski, Jerzy Skolimowski
CON: Oliver Masucci, Fanny Ardant, John Cleese, Joaquim de Almeida, Luca Barbareschi
GENERE: commedia
Fuori concorso alla 80ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia
Dopo il meraviglioso J’accuse, Roman Polanski torna dietro la macchina da presa di una satira idealmente pungente e provocatoria di ricchi e ricchissimi che si riuniscono in un hotel sulle Alpi svizzere per festeggiare il temuto Capodanno a cavallo tra 1999 e 2000. Quel che ne esce è un cinepanettone d’autore, un film dagli intenti chiarissimi che si scontra tuttavia con un’esecuzione non particolarmente brillante.
Guardando The Palace di Roman Polanski è evidente quali fossero l’idea, l’intento, il discorso beffardo, estetico, più profondi, alla base del soggetto e della sceneggiatura scritta dallo stesso cineasta assieme all’amico Jerzy Skolimowski e ad Ewa Piaskowska.
Banalmente: far riunire, racchiudere in un’ideale Arca: l’hotel di lusso Palace a Gstaad, in Svizzera; tutto ciò che ci è rimasto del Novecento. E quindi, il prodotto umano, le ripugnanti escrescenze di un secolo che Polanski ha interrogato costantemente in questi suoi 60 e passa anni di cinema, e che qui può trovare espressione, corpo e anima, appunto, soltanto nella bruttezza, nell’ipocrisia, nel marciume, nella crudeltà, nell’abiezione. In un continua messa in scena, in una finzione che è ormai sfuggita di mano, che è ovunque, pervasiva, epidermica (coerente, in tal senso, è l’artificiosa computer grafica degli esterni dell’albergo) - un tema, quest’ultimo, già affrontato magistralmente dal cineasta polacco in quel meraviglioso J’accuse, che proprio alla 76ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia si aggiudicò il Gran premio della giuria, e che è forse il più grande onere di questo The Palace.
O ancora, in un mostruoso spettacolo di marionette ingessate, un museo delle cere, una paccottiglia kitsch, un tripudio obbrobrioso e deformato del sintetico, del silicone (il cast della pellicola è volontariamente tra i più antiestetici e sgraziati di cui chi scrive ha memoria), delle protesi, degli oggetti, dei beni, delle cianfrusaglie, delle frivolezze, delle apparenze, dell’alcool. In un’orgia euforica, puerile, sfrenata di ricchi, milionari, miliardari sull’orlo del precipizio, di una presunta fine del mondo, o, più precisamente, del fantomatico, ma anch’esso infondato, Millennium Bug: un difetto di programmazione che si temeva avrebbe bloccato tutti i computer del mondo (e disperso le fortune di squallidi e ridicoli figuri come questi) al momento del passaggio dal 1999 al 2000, a causa di un supposto errore che avrebbe impedito la transizione da una numerazione all'altra.
Questa Arca, allo stesso tempo, è però lanciata, corre verso l’alba di un nuovo secolo, che più che un reset, è un doposbornia ancor più lascivo, depravato, crudele, immorale, dove la finzione e la bugia lasciano spazio alla post-verità.
Tutto questo è The Palace, e si percepisce sottilmente, per non dire flebilmente sotto le numerose provocazioni e trivialità nauseabonde di cui Polanski, Skolimowski e Piaskowska ci ubriacano. Il problema e il più grande limite della pellicola sono più che altro l’esecuzione di simili e promettenti premesse. Nella poca ispirazione, nella derivazione generale delle situazioni e della sua quota satirica, nella poca coesione delle varie linee narrative, nella pigrizia e nel disinteresse con cui questo mondo ci viene descritto, nella più totale assenza di una costruzione graduale o di un reale climax, nella facilità semantica dell’immagine finale.
È praticamente un cinepanettone d(a grande) autore, The Palace, il Polanski che non vi aspettate. Prendere o lasciare.
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