TITOLO ORIGINALE: No Hard Feelings
USCITA ITALIA: 21 giugno 2023
USCITA USA: 23 giugno 2023
REGIA: Gene Stupnitsky
SCENEGGIATURA: John Phillips, Gene Stupnitsky
CON: Jennifer Lawrence, Andrew Barth Feldman, Natalie Morales, Matthew Broderick
GENERE: commedia
DURATA: 90 min
Jennifer Lawrence e l'esordiente Andrew Barth Feldman sono i due affiatati e splendidi protagonisti di Fidanzata in affitto, il secondo lungometraggio di Gene Stupnitsky. Un film che, sulla base delle mere premesse, era davvero facile sbagliare, ma che fortunatamente può contare, oltre che su due attori in grande spolvero, su un copione ispirato ed estremamente arguto che scrive bene non soltanto le battute e gli equivoci a chiaro sfondo sessuale, ma anche e soprattutto i personaggi, primari e secondari, e l'ambiente sociale in cui essa si muovono e con cui interagiscono.
Era davvero facile sbagliare clamorosamente e finire per rendere volgare un film come Fidanzata in affitto (in originale, il più sottile No Hard Feelings). Ci sono tutti i presupposti e gli elementi per dirlo: parliamo infatti di un racconto il cui tema centrale è il sesso, discusso (più che esplicitamente fatto) tra un ragazzino appena maggiorenne ed un’ultratrentenne.
Volendo essere ancor più dettagliati, la pellicola segue le orme di Maddie Barker, una ragazza, appunto, di più di trent’anni, originaria della cittadina balneare di Montauk, nel grigio e piovoso stato di New York, dal carattere disinvolto, disinibito, estremamente duro ed impetuoso, rimasta sola dopo la scomparsa della madre (il padre non l’ha mai davvero riconosciuta) e bloccata in una fase della sua vita che non la soddisfa né la rende felice (specie nelle relazioni con l’altro sesso - tutte da una notte o poco più), con una casa a carico, tante tasse, e pochissimi risparmi per riuscirle a pagare.
Un giorno, insieme all’ennesimo avviso, la banca decide di sequestrarle i beni, iniziando dall’auto con cui, durante la bella stagione, svolge il lavoro di Uber. Maddie decide così di accettare, in cambio di una macchina nuova, la strana proposta fatta su Craigslist da una ricca coppia di genitori iperprotettivi che, preoccupati dalla timidezza ed insicurezza del figlio Percy (il ragazzo appena maggiorenne di cui sopra), si sono messi alla ricerca di una ragazza in grado di farlo uscire, in tutti i sensi, dal proprio guscio, prima che questi affronti lo scoglio del college.
Quello che Maddie in un primo momento pensa sarà un gioco da ragazzi o, meglio, da una “mangia-uomini” come lei, si rivelerà essere decisamente più arduo. Non solo perché Percy è un giovane sensibile e dalla forte vena romantica, ma anche e soprattutto poiché questi sembra smuovere in Maddie qualcosa che non le pare di aver mai provato in tutta la sua vita.
Posto ciò, come scrivevamo in apertura, da questa assurda premessa narrativa e dall’importanza che l’argomento sessuale riveste nell’economia del tutto, ce n’era pure troppo di materiale delicato per fare di questo Fidanzata in affitto un’altra di quelle pellicole, il cui unico effetto è solo ed esclusivamente quello di riportare indietro le lancette del racconto e della rappresentazione cinematografica a quella comicità triviale, sboccata, pleonastica e spesso spregiudicatamente sessista. A quella tradizione comica tutta basata sull’esaltazione, eccitazione e sovraesposizione dei corpi (soprattutto, manco a dirlo, di quello femminile).
Fortunatamente per noi, il secondo lungometraggio di Gene Stupnitsky (già regista di Good Boys) ha dalla sua due-barra-tre antidoti che gli hanno permesso non soltanto di scampare ad una simile ed ingloriosa sorte, ma addirittura di fare di questa storia dai ruoli apparentemente precompilati e dalla dialettica - tra attrazione ed emozione - di per sé abbastanza stucchevole, un tentativo fresco, delizioso da seguire e (cosa non proprio scontata di questi tempi) divertente senza mai essere gratuito.
Il primo o forse i primi due antidoti sono proprio loro: Maddie e Percy alias Jennifer Lawrence e l'esordiente Andrew Barth Feldman. Pur avendo e dimostrando a tutti gli effetti uno scarto anagrafico considerevole (lei è del 1990, lui del 2002), i due lavorano insieme quasi fossero sempre stati una coppia di amici nella vita reale o, in alternativa, un duo comico con anni di attività alle spalle. Sono affiatati, brillanti, autoironici (palese è, ad un esempio, l'inside joke ad Hunger Games e alla Ragazza di fuoco nelle fasi finali), disposti a mettere tutti loro stessi - pure a mettersi totalmente a nudo - al fine di dare carattere, personalità ed intensità al meccanismo comico.
Se l’inizio del film pone un’inaspettata tensione (che si spiega e risolve da un momento all’altro nel motivo scatenante dell’intreccio) su un gancio, il fascino e la bellezza naturalissima e senza filtri di una Jennifer Lawrence mattatrice (la quale è qui impegnata anche in veste di produttrice e di utile garante morale degli intenti della pellicola, dato il suo impegno ed attivismo femminista) è e sarà l’amo a cui abboccare per schiere di spettatori. Continuerà ad esserlo per tutta la durata della pellicola; ad esserne la primaria fonte di luce ed essenza; il fuoco che permette al copione di esprimere al meglio tutto ciò che ha in serbo, mentre la sua versatilità espressiva (che sia levità comica o tempra drammatica) ci prende per mano e accompagna in ogni nuova situazione il racconto ci ponga davanti.
Tuttavia, il suo essere inscalfibile, irruente, energica, unica e solo nella diegesi, è il presupposto ideale che, superata la metà, permette al giovanissimo esordiente di metterla in difficoltà, sottrarle finemente il film dalle mani, ed apparire man mano sempre più interessante ed efficace agli occhi del pubblico.
Ciò nondimeno, questa sinergia interpretativa è solo l’effetto finale, la ciliegina sulla torta di un copione - a firma dello stesso Stupnitsky e di John Phillips - già di per sé molto ispirato. Uno che, di concerto con il lavoro comico del montaggio di Brent White, ed unitamente al lavoro sulle singole battute, sugli equivoci, sui doppi sensi, sui giochi di parole a chiaro sfondo sessuale, e ad un uso astuto delle nuove tecnologie; ottiene le sue più valide conquiste ne processo di scrittura dei personaggi, dei loro labili principi, delle loro ridicole idiosincrasie, dei loro assurdi traumi, del loro vissuto, e nella profondità (seppur relativa ad un dramedy con simili ambizioni) che, da caratteri o (nuovi) stereotipi che sono inizialmente, essi rivelano e lasciano fuoriuscire a poco a poco.
Ma anche nel modo in cui sa descrivere e rendere vivace ed attivo il mondo e il contesto in cui Maddie e Percy si muovono e con cui interagiscono. Questo, a partire dalle presenze secondarie e di contorno, alle quali si attribuisce il minimo indispensabile, un tratto peculiare, che, sommato alla personalità dei volti, gli permette di poter essere se non proprio memorabili, quantomeno simpatiche.
Tra tutti questi elementi: tra un casting fortunato, un’imprevista freschezza contenutistica ed una piacevole arguzia comica; c’è spazio anche per un discorso ed un ragionamento sulla percezione che una società, ancora indefessamente fallocentrica, ha di una ragazza matura sicura delle proprie forme e della sensualità che sprigiona il suo corpo e la sua fisicità, che ella sfrutta come meglio crede; ed un giovane adulto che non ha mai avuto esperienze intime con nessuno - sia esso dell’altro o, in alternativa, del suo stesso sesso -, forse anche a causa del soffocante iper-controllo dei genitori.
Tutti discorsi, questi ultimi, che - così riconfermando l’intelligenza di cui sopra - Fidanzata in affitto mette, a sua volta, in gioco con le apparenti sembianze della formula comica che, per decenni, più ha espresso, dato adito, sostentato, flirtato e funto da principale portavoce per quella stessa conformazione socio-culturale, maschilista, misogina e sessista.
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