TITOLO ORIGINALE: Le livre des solutions
USCITA ITALIA: autunno 2023
USCITA FRA: 13 settembre 2023
REGIA: Michel Gondry
SCENEGGIATURA: Michel Gondry
CON: Pierre Niney, Vincent Elbaz, Blanche Gardin, Françoise Lebrun, Camille Rutherford
GENERE: commedia, drammatico
DURATA: 102 min
Presentato in anteprima alla Quinzaine des cinéastes alla 76ª edizione del festival di Cannes
La crisi diffusa dell'atto e dell'esercizio cinematografico non coglie Michel Gondry impreparato. Il regista di Se mi lasci ti cancello torna sul grande schermo con un film imperfetto, che ciononostante racconta sentitamente, e con un sorriso agrodolce, l’angoscia e la lenta depressione di un creativo che tenta di affermare la propria indipendenza e paternità artistica. Una commedia ineccepibile totalmente guidata dall'irrefrenabile interpretazione di Pierre Niney. Una seconda giovinezza o una prima maturità(?) per l'autore.
Come ben sappiamo, il cinema sta attraversando numerose trasformazioni ed evoluzioni (che qualcuno definisce piuttosto involuzioni), e l’esercizio, alla stregua del suo luogo primario, d’elezione, la sala, ne sta soffrendo. La crisi è palpabile, c’è, esiste, e negli ultimi anni, tra piattaforme e grande schermo, moltissimi registi si sono spinti e sperticati in bilanci, riflessioni, sforzi psicoanalitici, odi e requiem, finalizzati a fornire una propria verità, una propria visione, una propria storia sulle ragioni e le esigenze alla base dell’atto creativo. Quando, come e perché hanno scelto e scelgono tuttora, nel mezzo della bufera, di puntare una macchina da presa ed illuminare una porzione del proprio mondo.
A quella che ormai è una tendenza evidente ed inevitabile, e talora pure troppo invadente, non sempre salutare, giustificata e brillante; non ha resistito nemmeno Michel Gondry, uno dei creativi che - bene o male - attraverso trasfigurazioni, sospensioni dell'incredulità, vertigini narrative e visuali assurde, surreali ed improbabili, ha sempre posto al centro di ogni suo lavoro l’esigenza di ricordare l’innata peculiarità di macchina del tempo e dello spazio(!) che è sempre appartenuta al mezzo cinematografico. Aspetto, quest'ultimo, che farebbe de Il libro delle soluzioni (The Book of Solutions) - questo il titolo di questa sua reazione e risposta meta-testuale - un qualcosa di superfluo, capriccioso, accessorio, convenzionale, quasi opportunista all’interno della sua filmografia.
Malgrado ciò (e malgrado l’indubbia fase calante in cui si trova la sua carriera), siamo qui per garantirvi che la crisi, a Gondry, ha portato soltanto benefici e - cosa più importante - una nuova, una seconda giovinezza creativa.
Dice bene il titolo: Il libro delle soluzioni è forse uno dei modi più freschi, vivaci e sani di affrontare un futuro (non solo cinematografico) sempre più incerto. Quello stesso futuro verso cui il protagonista, Marc Becker, regista sui generis (un alter ego ideale di Gondry, o forse di un suo volto, di una sua natura), non vuole prendersi alcuna responsabilità.
Al lavoro su un film dai toni onirici, surreali, perturbanti, egli decide infatti di scappare fisicamente dalle ragioni e rifiuti dei suoi produttori (i quali accusano il suo ultimo lavoro di essere incomprensibile e deprimente), portando con sé tutto il girato e rifugiandosi insieme ai suoi assistenti e alla sua sodale montatrice nella casa di campagna di un’anziana, carissima e dolcissima zia per terminare la post-produzione. In questo caso, la fuga del solito regista “sull’orlo di una crisi di nervi” non è dunque attraverso ed indietro nel tempo, bensì nello spazio: in uno spazio semplice, agreste, silenzioso, perfetto per essere riempito della strabordante personalità del nostro cineasta.
Ciò nonostante, quello che dovrebbe essere il termine della lavorazione si converte in una divagazione eterna di Marc, che, pur di non finire la pellicola - e quindi abbandonare una parte di sé che lo spaventa, e consegnarla a produttori e pubblico - lascia che la propria attenzione e il proprio tempo vengano occupati da mere distrazioni, una più ridicola, improbabile e pleonastica dell’altra, mentre chi gli sta attorno lo compatisce ed asseconda razionalmente.
Tra queste, la ripresa di un’idea d’infanzia mai nemmeno iniziata: la scrittura, appunto, di questo Libro delle Soluzioni, un manuale che serve più a lui che ad altri, pieno di “perle di saggezza”, massime di vita, metodi stravaganti ed eccentrici per affrontare i problemi della (sua) vita. Come, per esempio, il processo creativo, che Gondry sintetizza magnificamente nel travelling che fa da sfondo ai titoli di testa, nella quale vediamo il groviglio di cavi e componenti che rende possibile una cosa tanto semplice, naturale e scontata come il funzionamento di una TV o di un computer.
Non solo, questa stessa idea del dover cavare qualcosa e del dover districarsi in un mucchio informe di strategie, complessi, intuizioni, personalità, del dover trovare la scintilla energetica, un senso, una soluzione, in un pasticcio sregolato di fattori; torna in quella che è, con molta probabilità, la migliore sequenza della pellicola, sia per com’è concepita in termini di scrittura, sia per come poi è portata in scena. Il riferimento è alla sessione di registrazione della colonna sonora del film, in cui Marc riesce ad ottenere qualcosa di sensato, di bello, di funzionale, in quello che inizialmente pare un sistema sbagliato, caotico, sconclusionato, scriteriato.
Ciò detto, pur affermando che sono in fondo il caso e il caos i presupposti ideali per la magia della creazione, The Book of Solutions è un film di imperdibile brillantezza e travolgente sincerità, innanzitutto perché decorre dal grande controllo su ogni minima variabile della composizione, che è propria delle migliori commedie.
E proprio di una commedia parliamo nel caso di quest'ultimo Gondry. Una commedia incantevole, delicata e precisissima - a tal punto, nella recitazione, nell’intonazione, nel fluire imprendibile e nel ritmo delle battute, ché il doppiaggio potrebbe rovinarne l’effetto. Un film dove i tocchi onirici e visionari gondriani, le sperimentazioni col linguaggio, il mix artigianale di tecniche ed estetiche, le follie improvvise, l’uso volutamente artificioso degli effetti visivi, sono sì presenti, ma sono più contenuti, irregimentati, misurati. Essi non dominano, insomma, sulla scrittura dei personaggi e degli scambi (precisissimi) e sulla cura e il lavoro con gli attori. Viceversa: in un certo qual modo, tanto il lavoro di Marc, quanto la pellicola di Gondry paiono frutto di un'improvvisazione totale. Noi spettatori, assistiamo come Marc col suo film, ad un'opera nel suo farsi.
A dirla tutta, i veri protagonisti dell’opera sono lo sguardo spiritato e la versatilità espressiva di Pierre Niney, impegnato a restituire non tanto la complessità, quanto i processi mentali e sentimentali ben descritti e resi nel copione scritto dallo stesso regista.
Instabile, psicolabile, suscettibile, infantile e capriccioso, presuntuoso ed orgoglioso, incontenibile, petulante, paranoico e diffidente, insieme iperreale e trasognato, empatico e scostante, contraddittorio, vendicativo, spietato, antipatico, finanche stronzo: Marc Becker è l’indiscutibile unità di misura di un film imperfetto, che comunque racconta sentitamente, e con un sorriso agrodolce, l’angoscia e la lenta depressione di un creativo che tenta di affermare la propria indipendenza e paternità artistica, il proprio carisma, la propria esistenza, prima in un sistema che lo sbeffeggia e gli volta le spalle, poi fra un gruppo di collaboratori ed amici fedeli, più simili a balie e guardiani (adorabile, fra tutti, Françoise Lebrun nel ruolo della materna e rassicurante zia Denise).
Nel fare questo, allo stesso tempo, Il libro delle soluzioni dimostra una profonda riconoscenza nel mondo che lo e ci circonda e in ciò che di bello e di epifanico esso ha da offrire. Ci suggerisce di tenere la mente aperta, perché ogni cosa può essere un foglio bianco su cui scrivere. Perché i problemi sono tanti, ma le soluzioni sono ovunque e comunque, nei posti e nei modi più impensabili.
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