TITOLO ORIGINALE: Strays
USCITA ITALIA: 14 settembre 2023
USCITA USA: 18 agosto 2023
REGIA: Josh Greenbaum
SCENEGGIATURA: Dan Perrault
CON LE VOCI DI: Will Ferrell, Jamie Foxx, Isla Fisher, Randall Park
GENERE: commedia
DURATA: 93 min
Dai produttori di Ted e di Cocainorso, una commedia demenziale su un branco di cani randagi deciso a vendicarsi degli umani, responsabili del loro destino miserabile. Doggy Style è una pellicola tanto volgarotta e gratuita, quanto irrimediabilmente anacronistica, che si rifugia dietro l’allure da commedia maggiorenne, quando in realtà di scorretto e davvero svergognato vi è soltanto l'idea che essa sia effettivamente realtà.
Forse lo abbiamo già scritto da qualche parte (in tal caso, ci scusiamo anticipatamente), ma peggio di un brutto film, c'è solo un film che corrisponde esattamente e in pieno alle apparenze, alle aspettative, a come si propone e presenta, alla proverbiale “copertina”. Perché se è giusto non giudicare mai un libro prima di averlo letto, è altrettanto vero che, a volte, ciò che le pagine contengono non si allontana poi così tanto dall’immagine, dalla soluzione visiva, o dal modo che si è scelto per sintetizzarle.
L’ultimo esemplare a conferma di questa regola è Doggy Style del semi-sconosciuto Josh Greenbaum, commedia scorretta e demenziale che segue (letteralmente) le orme di un gruppo di cani che decidono di vendicarsi degli umani, responsabili della propria condizione miserabile di randagi. Una pellicola la cui compagine e firma produttiva è, come si suol dire, tutto un programma. Nulla ci si potrebbe infatti aspettare dai produttori, sì, di un film fenomenale (nel senso di fenomeno pop-culturale) come Ted, ma anche dell’insignificante, deprimente e quasi coevo Cocainorso, se non una pellicola tanto volgarotta e gratuita, quanto irrimediabilmente anacronistica.
Come l’egoistico e puerile divertissement di Elizabeth Banks, Doggy Style rappresenta l’ultimo baluardo di un’idea di cinema che è ormai mera conservazione. Un’idea vecchia di più di vent’anni che ha raggiunto di fatto il suo ultimo momento di gloria proprio con l’uscita del primo Ted, avvenuta già nel lontano 2012. Della polvere rimasta tra il pelo dei nostri protagonisti a quattro zampe, se ne possono scorgere allora tracce da scelte musicali (come quella di Wrecking Ball per il momento-culmine del racconto) azzeccate e lontanamente originali dieci anni or sono, o, ancor più visibilmente, dalla dipendenza che la sceneggiatura di Dan Perrault dimostra nei confronti di gag, situazioni e dialoghi che potevano risultare efficaci e magari strappare qualche grassa risata nell’epoca (indubbiamente finita) del cinema statunitense in cui gli orsetti di peluche fingevano del sesso con un registratore di cassa, si imbottivano di fumo e sparavano parolacce e sconcezze senza alcun freno.
Purtroppo per noi, sempre come nel caso di Cocainorso, dell’intelligenza, della genialità e della comicità puntuta e sferzante di Phil Lord e Christopher Miller (creatori di meraviglie come Spider-Man: Un nuovo universo e The Lego Movie, che pure qui ritroviamo insospettabilmente in veste di svogliati produttori) non vi è nemmeno l’ombra. Anzi Doggy Style si rifugia dietro l’allure da commedia maggiorenne, vietata ai minori di 14 anni, quando in realtà di scorretto, demenziale e davvero svergognato vi è soltanto l'idea che un film del genere, di razza (estinta) tanto monotono, svaccato e vecchio per l’appunto, sia effettivamente realtà, sia uscito in sala, e comprenda un cast vocale con nomi quali Will Ferrell e Jamie Foxx.
Unite ad un’idea (che ha a che fare con un cane narratore) che avrebbe potuto valere come soggetto di un film ben più avvincente ed interessante di quello che si sta vedendo, e ad un momento (il solito da stoner movie) in cui Greenbaum e soci sembrano risvegliarsi, ritrovare qualcosa di avvicinabile all’invenzione ed interessarsi, anche se solo per un attimo, delle sorti dell’operazione; le loro performance sono forse l’unica cosa che impedisce alla pellicola di raschiare lo stesso fondo di barile della sua collega cocainomane. A dirla tutta, la deferenza di Doggy Style dal marchio e dalla presenza dei due attori, la verbosità e ridondanza della scrittura, e la piattezza con cui il tutto viene reso e messo in scena (a partire dall’espressività vitrea che dimostrano questi animali, specie nei segmenti di dialogo) sono tali che potrebbe benissimo essere fruito come audiolibro o radiodramma.
Quel che però, in ultima analisi, fa letteralmente crollare la credibilità delle intenzioni e dello “sforzo” dietro il film (che potrebbe convincere e far ridere soltanto chi ha visto una manciata di commedie e quasi nessuna davvero e pregevolmente demenziale) sta nella sua incapacità di mostrare e professare una cattiveria ed un cinismo reali, e non da discount. Difatti - una volta spogliato delle situazioni rituali lungo cui si trascina afasicamente in un road movie compilativo, delle trivialità gratuite e ridondanti, del minimo indispensabile per apporsi la targhetta di “film scorretto”, inclusa un’omosessualità latente tra i due cagnolini protagonisti - il copione di Perrault rivela un cuore emotivo del tutto antinomico all’essenza e agli interessi (di facciata).
Doggy Style diventa così un’opera paragonabile in tutto e per tutto: nella morale, in una conclusione confortevole e sicura, e nei sentimenti teneri ed affabili che questi randagi confessano ed esprimono vicendevolmente; ad un qualsiasi film per famiglie. Con tanto di Dennis Quaid a piacere, giusto per non farsi riconoscere troppo.
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