TITOLO ORIGINALE: Kobieta z...
USCITA ITALIA: n.d.
REGIA: Małgorzata Szumowska, Michał Englert
SCENEGGIATURA: Małgorzata Szumowska, Michał Englert
CON: Małgorzata Hajewska-Krzysztofik, Joanna Kulig, Bogumila Bajor, Mateusz Wieclawek
GENERE: drammatico, sentimentale
DURATA: 132 min
In concorso alla 80ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia
Racconta due transizioni Woman Of..., l’esordio alla regia di Małgorzata Szumowska co-diretto con Michał Englert. Quella della Polonia dal comunismo al capitalismo, e quella di Aniela Wesoły, nata Andrzej. Nel trattare l'attualissimo tema della disforia di genere, il duo di registi polacchi è bravo nella direzione di una meravigliosa ed ipnotica Małgorzata Hajewska-Krzysztofik. Tuttavia, Woman Of... avrebbe avuto bisogno di una presenza e personalità compositiva più spiccata e speciale che non si limitasse ad osservare inerte chi e cosa si trova di fronte alla macchina da presa.
Ci sono due transizioni e storie alla base di Woman Of…, l’esordio alla regia di Małgorzata Szumowska co-diretto con Michał Englert (In the Name Of, Non cadrà più la neve). La prima (tuttora incompiuta) è quella di un paese, la Polonia, che abbandona pian piano i simboli, le vestigia, la sfera sovietico-comunista, per estendersi e spostarsi verso Occidente ed adottare forme, sistemi, filosofie più prettamente capitaliste. La seconda - che riecheggia e quasi riprende le spinte liberali e libertarie della prima - è invece quella di Aniela Wesoły, nata Andrzej, e dei 45 anni lungo cui emerge la sua disforia di genere; durante cui si dipana la sua transizione e la ricerca della sua vera identità, del suo vero io, in quanto donna trans.
Inizia in maniera alquanto caotica, la pellicola di Szumowska ed Englert, che concepisce il racconto intimo e in prima persona della storia di Aniela attraverso la frammentazione del tempo diegetico, al pari di un mosaico identitario da riassemblare e alfine riconsiderare e rivivere letteralmente da capo, solo con una consapevolezza diversa ed occhi nuovi. Subito si alternano dunque anni, momenti, periodi dell’esistenza - sua e della Polonia in cui e che vive da spettatrice - e si salta, senza alcuna soluzione di continuità, dal 1980 al 2004, dal 1985 al 1989, e ancora dal 2004 al 2008, salvo poi tornare nuovamente al punto di partenza. Ossia ad Aniela ragazzo, alla sua frequentazione con colei che diventerà poi sua moglie e la madre dei suoi figli, all’interesse sessuale per gli uomini e la femminilità.
Desideri, pensieri, ovviamente, celati, tenuti segreti a tutti, ritenuti inaccettabili, al pari di uno squilibrio, un malessere momentaneo, una crisi di fede da un paese per cui, come tanti altri, “il testosterone è potenza”. Richiami che, prima la sceneggiatura e, in seguito, la messa in scena del duo registico, sanno comunicare e riescono a rappresentare con onestà e grande umanità, senza fronzoli o formalismi inutili, lasciandosi condurre, in particolar modo, dall’espressività vivida, dalla gestualità ipnotica e dal carisma interpretativo di una meravigliosa Małgorzata Hajewska-Krzysztofik. È sulle sue spalle, nonché sulla credibilità della propria performance che Woman Of… costruisce il proprio tocco delicato, con punte di sarcasmo, provocazione ed irriverenza, definisce la propria narrazione, privata e sensuale, instilla un’atmosfera accogliente e rigida, classica e moderna, soffusa, trasognata ed insieme estremamente realistica e talora molto cruda, e scommette, in fin dei conti, la propria riuscita.
E sono sempre lei e la sua capacità affabulatoria a permettere allo spettatore - nel momento in cui viene abbandonata l’eccessiva e pleonastica dissezione temporale ed esistenziale dei primi movimenti - di calarsi lentamente in una testimonianza che, come recitano i cartelli finali, desidera essere utile a comprendere cosa significhi essere trans, e ad accrescere il sostegno di paesi come la Polonia rispetto a leggi che garantiscano una vita sicura. In una raccolta di ricordi talmente avvolgente e coinvolgente da essere di fatto impossibile - malgrado tutte le incertezze del caso - sottrarvisi prima dei titoli di coda.
Ciò nondimeno, non basta un’interpretazione che certo non sfigura, anzi quasi complementa quelle, al momento più note, di Victor Polster in Girl di Lukas Dhont e di Zoé Héran in Tomboy di Céline Sciamma, per fare di Woman Of… un’opera perfettamente compiuta e riuscita in tutte le sue componenti, e specialmente per fare di Aniela un personaggio davvero complesso ed elaborato. Per quello sarebbe servito purtroppo anche l’apporto sintomatico e semantico di una presenza e personalità compositiva più spiccata, perspicua, presente lungo tutte le, troppo generose, due ore e dieci, parimenti speciale, attenta inoltre a rifinire e ad arricchire la o, meglio, le prove di recitazione (sono ottimi invero anche il giovane Mateusz Wieclawek e la più nota Joanna Kulig), e non solo, banalmente, ad osservarle inerte.
Ti è piaciuta la nostra recensione? Se sì, lascia un like e condividi l’articolo con chi vuoi.
In più, per non perdere nessun’altra pubblicazione, assicurati di seguirci sulle nostre pagine social e di iscriverti alla nostra newsletter.