TITOLO ORIGINALE: El Conde
USCITA ITALIA: 15 settembre 2023
USCITA USA: 15 settembre 2023
REGIA: Pablo Larraín
SCENEGGIATURA: Guillermo Calderón, Pablo Larraín
CON: Jaime Vadell, Gloria Münchmeyer, Alfredo Castro, Paula Luchsinger
GENERE: commedia, fantastico, orrore, storico
PIATTAFORMA: Netflix
In concorso alla 80ª edizione del Festival del Cinema di Venezia
Dopo il vorticoso Ema e la trasferta angloamericana con Spencer e La storia di Lisey, Pablo Larraín torna al suo amato Cile e alla sua riflessione sulla memoria del popolo cileno e su uno dei periodi più bui della propria storia: la dittatura. Protagonista di El Conde è infatti un Augusto Pinochet in versione Dracula, in cerca di sangue nuovo e fresco per continuare a vivere e ritrovare la propria eterna giovinezza. Ciò che si nasconde sotto la superficie di un simile soggetto è però un'opera forse più complessa, sofisticata ed imprevista di quanto ci si aspetterebbe.
Gli piace cambiare, trasformarsi, mimetizzarsi, mutare di corpo, identità, forma, genere, a El Conde di Pablo Larraín (ormai un habituè del Lido e della Mostra). Il Male, del resto, assume molte facce, corpi, identità, nomi. Ed è proprio il Male ciò che affronta direttamente e senza mezzi termini questo suo ritorno cinematografico - a quattro anni dal vorticoso Ema, e dopo l'ennesima trasferta angloamericana con Spencer e la serie La storia di Lisey - nel suo Cile, ma anche e soprattutto alla sua riflessione - originale, urgente, satirica, sperimentale, grottesca, ridanciana - sulla memoria del popolo cileno e su uno dei momenti più bui della propria storia: la dittatura militare di Augusto Pinochet.
Protagonista assoluto della pellicola è infatti nientemeno che il dittatore in persona - per il cineasta, l’incarnazione esemplare di quella malignità pura, indiscriminata, primigenia, inestirpabile, la cui ombra si staglia ancora oggi sulla sua terra natia e sul mondo intero - rivisitato, ripensato e ridefinito attraverso la mitologia, l’iconologia e l’iconografia dell’Ombra cinematografica per eccellenza, che infesta e si confonde fra le immagini del e sul grande schermo fin dalle origini del medium. Stiamo parlando, ovviamente, del Conte Dracula, di cui Larraín recupera - specie per quanto riguarda la fotografia, filologica, chiaroscurale ed espressionista, firmata da Edward Lachman - la seminale versione fornita da Murnau ed interpretata da Max Schreck nel capolavoro del muto del 1922. Ma il cineasta, per sua e nostra fortuna, non si limita a questo.
Infatti, diversamente da quello che si è detto e che si penserebbe, El Conde non è soltanto la storia di un Conte Pinochet (portato perfettamente su schermo da uno dei suoi attori feticcio, Jaime Vadell), il quale, dopo aver vampirizzato in lungo e in largo il neonato ed orfano popolo cileno, continua a massacrarlo per berne il sangue e rimanere eternamente giovane. Lo si può intuire sin dai primissimi segmenti, dove Larraín, assistito in soggetto e sceneggiatura dal sodale Guillermo Calderón, ci offre una vera e propria, oltre che divertentissima, origin story, un’ucronia, sulla scia di Edgar Allan Poe e Alexandre Dumas, che racconta la gesta giovanili del nostro futuro dittatore nel bel mezzo della Rivoluzione francese.
Poi, il film ingrana, prende ritmo e porta lo spettatore sull’Arka di una dinastia in rovina, ridicola, ignorante, banale, e di un Male, quel Male avvizzito che deve trovare il modo di recuperare il proprio vigore, accumulando rimandi e riferimenti (soprattutto visivi ed estetici) tra i più disparati. Ci si può trovare di tutto: dal Dreyer di Vampyr, Dies Irae e La passione di Giovanna D’Arco (si pensi anche solo a Paula Luchsinger, l’interprete della suora-esorcista-contabile centrale negli sviluppi della storia, che è praticamente una sosia, o una manifestazione surreale dell'indimenticabile Renée Falconetti), fino ad arrivare al Polanski de L’inquilino del terzo piano e di Repulsione, per non parlare della somiglianza con alcuni momenti di The Irishman di Martin Scorsese o della comicità nera, dissacrante, spietata dei Monty Phyton, di Blake Edwards, Luis Buñuel, o ancora del non-sense d’ultima ispirazione (wes)andersoniana. Ma c'è anche Nebraska di Alexander Payne, qualcosa di Béla Tarr ed inevitabilmente il puzzle biografico (che qui diventa più che altro un puzzle della colpa, delle responsabilità, dei crimini, ma anche dell’ignoranza e della mediocrità del Male) di Quarto potere di Orson Welles.
Questo congenito e smisurato derivatismo ipercinefilo è tuttavia previsto e coerente con quella che è la reale e più profonda essenza di El Conde, ossia il suo essere fondamentalmente un esperimento. Un esercizio teorico sull’attualità del testo audiovisivo. Sull’inevitabile frullatore (sintetico, artificioso, fasullo è quello di cui il nostro Conte ormai è costretto a nutrirsi) post-postmodernismo che sta oggi, a sua volta, vampirizzando tutto ciò che è racconto per immagini (Non a caso il film è distribuito e, in parte, anche prodotto dall’ipertesto per eccellenza, Netflix, e andrà a finire nel suo regno algoritmico.)
Nel fare questo, Larraín ne traccia anche una sorta di genealogia, recuperando e giocando con i luoghi comuni prima della saga e del feuilleton nelle loro forme più tradizionali, e in seguito nelle più recenti e mutate (!) incarnazioni della soap opera (alla quale appartiene tutta l’esilarante linea amorosa e la quantità spropositata di twist improbabili) e della serializzazione di matrice fumettistica. Sì, potrà apparire come una provocazione, ma El Conde, in un certo qual modo, è un fumetto, è un cinecomics, ancor più che per i superpoteri di Dracula o il gioco con gli universi alternativi e le ucronie, se si pensa alle ibridazioni, prettamente postmoderne (di generi, stili, estetiche), che il filone ha registrato, incorporato e riutilizzato negli anni. Parliamo, appunto, di un esercizio, di un esperimento, come già ha tentato Larraín precedentemente, seppur in maniera mai così radicale. E che, in quanto tale, deve rispondere immancabilmente a sconsideratezze, eccessi, lungaggini e divagazioni, di cui necessita più per coerenza interna che per altro.
Ciò non toglie che quello di fronte a cui ci troviamo è lo stesso una delle più interessanti ed impreviste operazioni metatestuali degli ultimi anni.
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