TITOLO ORIGINALE: Evil Dead Rise
USCITA ITALIA: 20 aprile 2023
USCITA USA: 21 aprile 2023
REGIA: Lee Cronin
SCENEGGIATURA: Lee Cronin
GENERE: horror
DURATA: 97 min
Quinto capitolo e secondo tentativo di reboot della saga horror di culto partorita dalla mente di Sam Raimi ad inizio anni Ottanta, La casa - Il risveglio del male di Lee Cronin approda sul grande schermo, laddove originariamente era previsto in streaming sul fu HBO Max, per due ragioni principali. La prima consiste nel cambiamento radicale dell'ambientazione, che si sposta dalle solite paludi ad un contesto urbano e metropolitano, la seconda invece nel focus narrativo e tematico della pellicola, ossia il concetto di maternità, di famiglia e di donna, soprattutto. Eppure, malgrado qualche buono spunto di fondo, la pellicola si rivela perlopiù una thrill ride abbastanza convenzionale con picchi e difetti di sorta.
Si vedono e comprendono bene i motivi per cui la Warner Bros. e la New Line Cinema hanno deciso di portare in sala La casa - Il risveglio del male di Lee Cronin, quinto capitolo e secondo reboot del franchise horror di culto creato ed inaugurato da Sam Raimi, con pochissime migliaia di dollari, all’inizio degli anni ‘80.
Il progetto - che, come nel caso del primo tentativo remake/reboot, quello del 2013 di Fede Álvarez e Rodo Sayagues, vede tra i produttori esecutivi anche il già citato Raimi e il suo volto iconico Bruce Campbell - doveva infatti debuttare originariamente in streaming sull’ormai fu HBO Max, ma, appunto, per tutta una serie di ragioni e potenzialità, le due major hanno scelto di concedergli un’opportunità sul grande schermo.
Una di queste motivazioni può essere senz’altro il cambio radicale di ambientazione, che dalla foresta passa alla città (per la precisione, a Downtown LA), e dalLa casa all’appartamento. L’altra può essere rintracciata invece nel contesto familiare che va a sostituire quello originario ed apparentemente immarcescibile della congrega di amici, lasciva e viziosa, oppure più seria, preoccupata ed impegnata com’è quella dell’operazione di Álvarez & co.
Il centro di tutto diventa perciò la maternità nella sua concezione più moderna (di madre single o ragazza madre), così come moderna ed emancipata - ça va sans dire - è la figura della donna, che, laddove solo accennata in chiusura, nella pellicola del 2013, qui diventa davvero assoluta eroina, ma anche perfida e conturbante presenza demoniaca dell’intreccio.
Inoltre, a latere, in controluce, e fra le pagine di un classico della letteratura come Cime tempestose, vi è l’idea più realisticamente horror dell’uomo, visto e concepito sempre come un perdente, qualcuno di bizzarro, stereotipato, mai davvero positivo.
Ciò nonostante, non proprio entrambi questi cambiamenti di rotta funzionano a dovere. Lo fa il primo, quello del cambio di ambientazione, complice l’intelligentissima gestione degli spazi dimostrata da Cronin, dal direttore della fotografia Dave Garbett e dagli scenografi Nick Bassett e Gareth Edwards, che non fa che dotare il film di un’invidiabile atmosfera, dare nuova linfa vitale e portare la serie (e i suoi momenti e passaggi obbligati, come l’immancabile sequenza dello stupro, qui ottimamente rivisitata, seppur fin troppo pulita e pudica) verso nuove possibilità e latitudini. Tant’è che viene da chiedersi perché questa strada non sia stata imboccata prima.
Al contrario, la seconda linea de La casa - Il risveglio del male presta purtroppo il fianco ad un’assenza di sviluppo ed elaborazione da parte della sceneggiatura, scritta dallo stesso regista, la quale si limita ad una banale e proverbiale contrapposizione tra due sorelle, che incorporano ed esprimono lo stesso tema e soggetto in modi differenti.
È allora forse questa - il non dar seguito agli input, agli stimoli più interessati - la vera maledizione della pellicola di Lee Cronin, come conferma il prologo - una pleonastica anticipazione e prolessi di quello che vedremo poi per i prossimi ottanta minuti -, dove uno dei marchi di fabbrica del franchise, la shaky-cam sdoganata da Raimi già nel primissimo capitolo, viene disinnescato, smascherato, spiegato nella sua totale artificialità, nel suo anacronismo tecnologico e nella sua odierna facilità di realizzazione. Per semplificare: se, nel 1981, bisognava inventare sistemi del tutto artigianali per creare sequenze iperdinamiche e “nuove”, oggi basta avere un drone. Va da sé l’opinione e la deduzione che, oggi come oggi, è ormai impossibile creare davvero qualcosa di nuovo.
Ebbene, questo interessantissimo, ma autarchico sottotesto autoriflessivo e metatestuale sembrerebbe, a sua volta, rientrare in un itinerario di gioco e rovesciamento postmoderno delle certezze precostituite e di una percezione consapevole del pubblico. Strada che, tuttavia, viene abbandonata una decina di minuti più tardi, per lasciare campo libero ad una thrill ride e ad un’esperienza horrorifica molto più convenzionale, che ha certo i suoi picchi - come, ad esempio, punti macchina decisamente interessanti (si pensi al segmento attraverso lo spioncino della porta), una tensione persistente e ben accordata in un paio di sequenze, creature che sembrano fuoriuscire dalle pagine di Lovecraft e Kentarō Miura o dai film di Tsukamoto, e, ovviamente, l’immancabile tripudio di effetti speciali e visivi, litri e litri di liquidi e liquami di ogni tipo e provenienza, come se si trattasse davvero di una sorta di canto del cigno del gore tutto -; ma ha pure i suoi enormi e, il più delle volte, insanabili difetti.
Non ultimi, una scrittura dalle uscite spesso involontariamente ridicole, un’insistenza su una questione annosa ed una provocazione fondamentale (ossia cosa faremmo noi spettatori se uno dei nostri cari diventasse il nemico da cui fuggire o, addirittura, da uccidere) per il filone di e con possessioni od infezioni, sin dai tempi di Romero; ed un eccesso di virtuosismi di messa in scena abbastanza fini a sé stessi, tra split diopter shot, oggettive irreali e quant’altro.
E poi, neanche a dirlo, tornano, in sequenza, la motosega, il fucile a canne mozze, il Libro dei morti, la formula che innesca la maledizione... Tutte cose che avrebbero potuto affossare in pieno gli esiti memorabili della pellicola di Cronin, se solo non fossero stati presi in mano e riproposti da una Lily Sullivan in formissima e molto credibile, ma soprattutto da Alyssa Sutherland. Ecco: il suo volto (oseremmo dire) horror-genico, il suo ghigno, il modo in cui arriva a caricare quasi tutto il film sulle sue spalle e sulla sua presenza, sono il miglior incubo e la più grande fortuna de La casa - Il risveglio del male. Che, alla stregua del coevo L'esorcista del papa, forte di un budget non così oneroso, potrebbe anch’esso dare il via ad una nuova (tranche per la) saga.
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