TITOLO ORIGINALE: The Good Nurse
USCITA ITALIA: 26 ottobre 2022
USCITA USA: 26 ottobre 2022
REGIA: Tobias Lindholm
SCENEGGIATURA: Krysty Wilson-Cairns, Charles Graeber
GENERE: drammatico, thriller
DURATA: 121 min
PIATTAFORMA: Netflix
Tobias Lindholm, sodale collaboratore di Thomas Vinterberg, traspone per Netflix la storia del serial killer degli ospedali, Charlie Cullen, e dell'infermiera che aiutò la polizia ad incastrarlo. Prodotto da Darren Aronofsky, The Good Nurse si adagia sulle interpretazioni di due bravissimi Jessica Chastain ed Eddie Redmayne per trainare la visione e le capacità affabulatorie di un racconto che parte bene, se non benissimo, ma che purtroppo finisce incastrato nella sua stessa tela crime-thriller.
Cosa succede quando uno dei luoghi che consideriamo più sicuri, tutelari, affidabili, garantiti (tant’è che talora lo diamo quasi per scontato) si trasforma in un posto di crimine, omertà, che non guarisce, né preserva la vita di chi si presenta alla propria soglia, ma anzi la distrugge?
Che succede quando il sistema sanitario cala la maschera benevolente, caritatevole, solidale e cordiale, e si rivela essere un business come un altro, che agisce in nome di un’altra forma di capitalismo, più subdola, meschina, ipocrita, spietata, disumana, fredda ed imperturbabile?
Succede quello che è successo con Charles Cullen, noto anche come Silver Bro, responsabile accertato della morte di quaranta pazienti durante i suoi sedici anni di carriera come infermiere in diversi ospedali statunitensi, mediante l’iniezione di sostanze come l’insulina o la digossina nelle flebo. Un numero, quaranta, che gli esperti ritengono non propriamente veritiero e che, anzi, pensano possa ammontare addirittura a 400 (il che renderebbe Cullen l’omicida più prolifico di tutti i tempi).
Sconosciuta ai più, la storia di Silver Bro e dell’infermiera sua collega che aiutò la polizia ad incriminarlo ed infine a condannarlo a ben diciotto ergastoli, è già stata raccontata nel romanzo true crime The Good Nurse: A True Story of Medicine, Madness, and Murder del giornalista Charles Graeber, ed è oggi trasposta per il piccolo schermo dal danese Tobias Lindholm - sodale collaboratore di Thomas Vinterberg - con l’aiuto decisivo di due interpreti del calibro di Jessica Chastain ed Eddie Redmayne. Sono infatti loro due a trainare la visione e le capacità affabulatorie di un film che parte bene, se non benissimo, ma che purtroppo finisce incastrato nella sua stessa tela ed in uno sviluppo e conclusione crime-thriller che definiremmo eufemisticamente soporiferi.
The Good Nurse si apre, in tal senso, con una lunga e lenta zoomata su Charles Cullen e sulla sua espressione mutevole, enigmatica, ambigua, mentre assiste alla morte di un paziente (di cui percepiamo solo le convulsioni), insospettabilmente provocata dalle sue stesse mani. Un segmento, quest’ultimo, la cui riuscita è totalmente dipesa dalla forza espressiva camaleontica e bipolare di Redmayne - che Lindholm ha scelto senz'altro per lo sguardo, capace di essere insieme visibilmente tenero, fragile e naturalmente gentile, ma anche inquietante, calcolatore, imprevedibilmente ferino.
Superati questi minuti, la pellicola continua indefessa a sfruttare le immagini, ed insieme l’intensità e la compenetrazione totale col proprio personaggio anche di una Jessica Chastain dalla recitazione delicatissima, minimale, fatta di micro-gesti ed -espressioni quasi impercettibili; per raccontare una storia sotterranea, parallela, ovvero il background e la vita di Amy Loughren, l’infermiera informatrice, madre single tutto lavoro e poco casa, afflitta da un grave problema al cuore che potrebbe portarla ad un infarto o ad un’ischemia fatali, e che avrebbe disperato bisogno di un trapianto. Purtroppo, per permetterselo, Amy - prima strumento gentile e poi vittima disperata di quello stesso sistema di cui sopra - deve maturare un’assicurazione adeguata, garantitale soltanto dopo un anno di lavoro nell’ospedale in cui ora è impiegata. Lo stesso ospedale dove improvvisamente fa capolino un infermiere premuroso ed altruista, di nome Charlie, che si offre di aiutarla ben volentieri nelle mansioni più faticose, e che pian piano si inserisce sempre più, e in maniera subdolissima, nella sua vita privata.
Ciò detto, finché si tratta di presentare e raccontare i personaggi, Lindholm compie solo passi giusti, posizionando - assistito da Jody Lee Lipes alla fotografia - la macchina da presa sempre ad una distanza appropriata dagli attori, tallonandoli e seguendoli vorticosamente per coglierne ogni minima azione, reazione, cenno, smorfia, creando una buona atmosfera a metà tra la gravitas del dramma puro e la sospensione del thriller.
I primi problemi iniziano a sorgere quando, in scena, fa la sua comparsa il duo di poliziotti interpretati dai funzionalissimi Nnamdi Asomugha e Noah Emmerich. Allora, The Good Nurse vira decisamente verso un thriller che, tuttavia, risente dell’impostazione drammatica precedente, nonché della totale dipendenza ed asservimento alle interpretazioni, su cui Lindholm si adagia in maniera pericolosissima, dimenticandosi (almeno fino all’ultimissima sequenza) di portare avanti un interessantissimo discorso di denuncia degli ospedali, di chi li gestisce e del sistema di cui sono pedine, e non proponendo inoltre nulla per rendere avvincente, sorprendente, vivo, un intreccio che risente della sua veridicità, e di cui è pertanto possibile prevedere ogni singolo passaggio già a mezz’ora dall’inizio.
E, per sua sfortuna, non basta un Eddie Redmayne che urla “Non posso” decine e decine di volte, né tantomeno una serie di didascalie che vogliono farci indignare per la “banalità del male”, per fare di The Good Nurse il film inquietante e necessario a cui ambisce.
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