TITOLO ORIGINALE: After Love
USCITA ITALIA: 10 febbraio 2022
USCITA USA: 4 giugno 2021
REGIA: Aleem Khan
SCENEGGIATURA: Aleem Khan
GENERE: drammatico
Esordio al lungometraggio dell'anglopakistano Aleem Khan, After Love è un dramma che racconta la fine di un amore che coincide con la scoperta di una verità fin troppo dolorosa da potersi credere. Puntando tutto sull'interpretazione di una Joanna Scanlan pura ed indiscussa, il film e la sua riuscita si basano su un'idea di cinema abbastanza semplice, rigorosa e prudente, spesso tanto simbolica da diventare didascalica e proverbiale, ma comunque del tutto comprensibile se contestualizzata nei lidi e nelle ragioni di un’opera prima. Ciononostante, colpisce l’accortezza, da parte di Khan, di non lasciarsi fuorviare del tutto dai ritmi thriller che sa ben impiegare, spremendo tutte le potenzialità del proprio racconto e conducendolo verso lidi non scontati e, per certi versi, arditi.
Mary è una donna di origini inglesi, convertitasi all’Islam dopo essersi sposata con il musulmano pakistano Ahmed, con il quale vive un rapporto all’apparenza sereno e amorevole nella cittadina di Dover, sulle coste dell’Inghilterra. I segreti inconfessabili, le crepe irreparabili e le dolorose delusioni di questo matrimonio formalmente così calmo e imperturbabile vengono alla luce, quando Ahmed muore in modo del tutto inaspettato, lasciando la moglie Mary con più dubbi ed incertezze che dimostrazioni del proprio incontrastato amore per lei. Pochi giorni dopo la sua scomparsa infatti, la donna scopre l’esistenza di un’altra donna nella vita del marito. Si tratta di Genevieve, residente a Calais, sulle coste francesi, insieme al figlio Solomon. Mary decide allora di imbarcarsi su un traghetto, attraversare il canale della Manica e scoprire la verità sul loro rapporto…
Esordio al lungometraggio dell’anglopakistano Aleem Khan, After Love si apre con una lunga inquadratura, animata soltanto da qualche rado e silenzioso movimento di macchina, che in sé riesce a riassumere l’approccio del regista, facendoci comprendere fin da subito i ruoli di due personaggi specifici all’interno del film. Mary, in primo piano, sarà infatti il nostro punto di riferimento (ma anche quello iniziale della macchina da presa) durante le prime fasi del racconto, mentre il marito Ahmed lo scorgiamo di straforo, in un’altra stanza, sullo sfondo (anzi la sua morte quasi non la vediamo, ma assistiamo soltanto alla reazione della donna).
Pur essendo la sua scomparsa e la successiva scoperta della sua relazione extra-coniugale l’innesco della trama di After Love, il motivo perturbante l’esistenza di Mary (e poi di Genevieve), l’elemento narrativo che giustifica e attorno a cui ruotano tutte le decisioni e le azioni dei personaggi, Khan sceglie dunque, con grande rigore ed intelligenza, di non mostrarci più Ahmed dopo quei pochi secondi in cui diventa quasi un soggetto fuoricampo, se non attraverso la materialità residuale delle emanazioni di sé (le stesse a cui Mary e Genevieve tenteranno, chi prima, chi poi, ma comunque inutilmente, di aggrapparsi), ribadendone invece in continuazione la presenza (per certi versi, fantasmatica) e la passata esistenza nelle parole di coloro che lo hanno conosciuto ed evidentemente amato.
E proprio mediante le parole degli altri e suddetti prolungamenti dell'anima e del corpo di Ahmed, Mary si mette alla ricerca della verità, corrispondente, in questo caso, ad un ritratto quanto più completo, esaustivo e congruente di questo marito che è, almeno inizialmente, fonte di una rabbia, una delusione ed uno sconforto troppo evidenti e forti per credersi veritieri. Una ricerca ossessiva, imperturbabile ed emotiva in cui rischia di perdersi, durante la quale sarà chiamata a mettere in discussione sé stessa, la propria immagine, così come ogni certezza riguardo al proprio passato.
Tutto questo, il regista e il direttore della fotografia Alexander Dynan, lo trasformano in un alternarsi di sequenze e situazioni - cucite insieme dal montaggio asciuttissimo e conciso di Gareth C. Scales - che, parallelamente a questa pseudo indagine della protagonista, ricercano costantemente il volto e l’espressione ora decifrabile, ora ermetica ed impenetrabile, il gesto e la reazione, ma anche la collocazione nello spazio - e, di conseguenza, nel tempo e nel momento del proprio viaggio di consapevolezza - di una Joanna Scanlan pura ed indiscussa, sulla cui capacità ed intensità attoriale si fonda, in maniera assoluta e cieca, il coinvolgimento dello spettatore.
(La generale riuscita di) After Love si basa invero su un’idea di cinema in sé abbastanza semplice, rigorosa e prudente, spesso tanto simbolica da diventare didascalica e proverbiale, ma comunque del tutto ascrivibile ai lidi e alle ragioni di un’opera prima. Ciononostante, colpiscono davvero l’abilità del neo regista britannico nell’uso dei silenzi, in una gestione funzionale e calibrata dei movimenti di macchina, nella direzione (talora passibile di eccessi enfatici) del cast - di cui fa parte anche una Nathalie Richard puntualissima -, ma anche e soprattutto l’accortezza di non scadere o lasciarsi fuorviare del tutto dai ritmi thriller e dalla tensione crescente ed inesorabile che sa ben impiegare, spremendo tutte le potenzialità del proprio racconto e conducendolo verso lidi non scontati e, per certi versi, arditi.
Di fatto, è proprio quando i nodi vengono al pettine, l’intreccio è a un passo dallo sciogliersi e il film supera il mero tema del tradimento, diventando più astratto e ripensando il tutto in una storia di perdita, legami e sentimenti che uniscono, riecheggiano, superano e separano storie del tutto opposte, così come opposte e lontane ma comunque vicine e visibili sono le coste di Inghilterra e Francia - due lembi di terra, al contempo legati e slegati da un braccio di mare, qui distinti e accomunati anche da una storia d’amore -, ché After Love trova e conosce una vitalità inaspettatamente travolgente nel suo essere incontaminata e minimale.
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