TITOLO ORIGINALE: The Shift
USCITA ITALIA: 3 giugno 2021
REGIA: Alessandro Tonda
SCENEGGIATURA: Davide Orsini e Alessandro Tonda
GENERE: drammatico
I due paramedici del pronto soccorso Isabelle e Adamo soccorrono inavvertitamente uno dei due ragazzi responsabili di un attentato in una scuola di Bruxelles.
Il rampollo della serialità italiana Alessandro Tonda firma il suo debutto alla regia cinematografica con un action thriller co-produzione Italia-Belgio che disdegna fin da subito la sua provenienza italiana, per dilettarsi in un racconto internazionale fino al midollo. Una regia volutamente sporca e sgraziata, costantemente immedesimata negli eventi (anche grazie ad un uso massiccio del long take e della macchina a mano), un cast cosmopolita (condotto da una Clotilde Hesme credibile e da un Adamo Dionisi che, in italiano, si autodoppia, con risultati rovinosi) ed un ottimo montaggio sono gli ingredienti di base di un film all'americana che purtroppo, a dispetto degli intenti e delle premesse, presenta ben più di un problema, soprattutto in campo narrativo ed argomentativo. Ciò nonostante, l'opera prima di Alessandro Tonda può essere vista anche come un metro di paragone utile e funzionale per ripensare finalmente un cinema italiano che possa riuscire a superare del tutto i confini nostrani e ad imporsi con forza e decisione sulla scena mondiale.
Sono le atmosfere e l’approccio registico di Elephant di Gus Van Sant a permeare le primissime sequenze di The Shift, action thriller co-produzione Italia-Belgio, nonché esordio sul grande schermo - dopo una quindicina d’anni di carriera sui set del nostro cinema e della nostra serialità (Romanzo Criminale, Gomorra, Suburra) come aiuto-regista - dell’italiano Alessandro Tonda.
Come avviene per tutta la prima parte del capolavoro di Van Sant infatti, la pellicola si apre immersa nel mondo della gioventù e nella quotidianità di un normale giorno di scuola, che il regista sceglie di presentarci con un piano sequenza (facendo quindi appello al noto effetto realistico e maggiormente immersivo che quest’ultimo garantisce) e l’ausilio di una macchina a mano soggettiva e materiale che segue un gruppo di studenti - di cui, a differenza di Elephant, non ci è dato sapere alcunché, neanche i loro nomi -, mentre scendono dall'autobus e fanno il loro arrivo a scuola. Una volta che questi giungono al piazzale d'entrata, ecco che il movimento della macchina da presa si fa sempre più nervoso ed intenso, cambiando continuamente obiettivo e soggetto di ripresa, senza contemplazione alcuna.
Tutt’a un tratto, la tragedia (immessa di sbieco, tra le pieghe della messa in scena): un colpo di pistola che fredda una ragazza con una violenza grafica, spietata e perciò dapprima illogica ed insensata e due ragazzi di origini musulmane, con delle cinture esplosive addosso, che iniziano ad intonare una preghiera. La vita di uno dei due attentatori finirà qualche secondo più tardi, proprio nel momento in cui deciderà di farsi esplodere, portando con sé le vite di tanti altri suoi coetanei.
Sono forse questi i momenti migliori di The Shift. I frammenti in cui la pellicola di Alessandro Tonda dimostra tutta la propria, limpida ed immediata forza e crudeltà visivo-concettuale e in cui, solo ricorrendo all’occhio della macchina da presa e ad una messa in scena apparentemente sregolata, riesce ad imprimersi nella mente (e nella pancia) dello spettatore in maniera del tutto inaspettata. Tuttavia, questi pochi, indimenticabili minuti non sono il vero focus di The Shift, il quale si stacca ben presto dal rifacimento, solo in chiave terroristico-jihadista, di Elephant, puntando l’obiettivo verso lidi ben più action e dunque meno riflessivi. L’attentato alla scuola infatti è più che altro un pretesto per dare il via ad un thriller on the road che fa del minimalismo (di location, di durata, di attori, di situazioni) e (forse) della claustrofobia i suoi cavalli di battaglia.
Uno stacco di montaggio distensivo, ma non per questo rilassato ci strappa dal mondo distrutto, quasi apocalittico di una gioventù - che, teoricamente, comprenderebbe anche i due ragazzi musulmani - e ci presenta i due eroi (adulti) del racconto: i paramedici Isabel [una Clotilde Hesme credibile] e Adamo [un Adamo Dionisi che recita in francese e, nella localizzazione italiana, si auto doppia, con risultati discutibili e controproducenti, soprattutto per l’affabulazione]; che, prima di staccare dal turno notturno, vengono chiamati ad intervenire presso il luogo dell'attentato. Accorsi sul posto, i due caricano involontariamente sulla loro ambulanza uno dei due terroristi, il diciassettenne Eden [un Adam Amara convincente, ma fin troppo imbrigliato], che, dopo aver ripreso conoscenza, gli intima di seguire alla lettera i propri ordini, minacciando altrimenti di farsi esplodere.
Il soggetto - di certo insolito per quanto riguarda il panorama cinematografico italiano - è forse l’elemento più intrigante e coinvolgente di The Shift, film che, guarda caso, è il parto registico e narrativo di un rampollo della serialità italiana, che, allo stato attuale, è un po' il crogiuolo creativo ed inventivo a cui - da Sollima a scendere - è da ricondurre l’attuale rinascita e rinascimento del cinema italiano, soprattutto in materia di genere. Lascia forse un po’ attoniti e contrariati il fatto che un regista italiano debba per forza rivolgersi ad un’ottica di co-produzione (segno che, dagli anni ‘60, nulla è veramente cambiato) per sviluppare un soggetto del genere ed un’idea di cinema così potenzialmente internazionale. Sì, perché internazionale The Shift lo è fino al midollo.
Partendo dalla scelta di ambientare il tutto a Bruxelles (e quindi rendere la vicenda ancor più credibile), passando per la quasi totale soppressione di ogni elemento che possa rimandare ad un’evidente origine italiana (l’unico attore nostrano del mucchio viene fatto recitare in francese; inoltre la colonna sonora è dei Mokadelic, già autori di musiche - per serie come Gomorra e Romulus - che non sfigurerebbero certo in un blockbuster in piena regola), fino ad arrivare al ritmo serrato, al montaggio alternato (tra le vicende all'interno dell’ambulanza e quelle fuori, ossia le indagini della polizia) e alla tensione perturbante - data dalla claustrofobia di una location, l'ambulanza, che potrebbe deflagrare da un momento all’altro -, The Shift presenta invero tutti i tratti tipici di film hollywoodiani quali Speed o Locke o di film europei che potrebbero tranquillamente essere scambiati per statunitensi, quali I miserabili di Ladj Ly, Il colpevole o il recente Shorta.
Ora come ora, The Shift è pertanto la risposta corretta, oltre che una delle pietre fondative di un cinema italiano che può osare e cimentarsi anche con l’action thriller “all’americana”, senza risultare una brutta copia o risuonare di un campanilismo manifesto e malcelato fin dai titoli di testa. Vero Il talento del calabrone?
Intenti lodevoli e premesse promettenti sono però abbastanza? Possono un’impostazione finalmente equilibrata e dal taglio concretamente globale - a cui ci sentiamo di affiancare una regia volontariamente grezza ed immedesimata da capo a fondo negli eventi (questo, grazie anche all’impiego massiccio di long take sopracitato e di una macchina a mano proficua, seppur non sempre maneggiata a modo), alcune interpretazioni che si lasciano apprezzare ed un ottimo montaggio, che, se sostenuto a dovere, avrebbe potuto regalare molto di più - fare di The Shift un film riuscito o, perlomeno, sufficiente?
Ovvio, il fatto di trovarci di fronte ad un esperimento - oltre che ad uno dei primi esempi di cinema nostrano dalle potenzialità concorrenziali sulla scena internazionale - ci rende sicuramente più indulgenti nei suoi confronti. Tuttavia, sarebbe comunque ingiusto non riconoscere ed evidenziare gli innegabili difetti che inquinano e ostacolano la macchina cinematografica di Alessandro Tonda.
Perché non parlare quindi di una sceneggiatura che, se in alcuni momenti si mostra straordinariamente lucida, in altri frangenti non riesce ad appassionare lo spettatore e a farlo entrare appieno nel mondo che vorrebbe e sta raccontando.
Vuoi per un generale appiattimento dei personaggi, che si abbassa a tal punto da scalfire il baratro dell’anonimia e della mera riproposizione di caratteri e personaggi macchiettistici (vedi il capo della squadra di crisi con i suoi tic peculiari e specifici). Vuoi per la sommaria inutilità e l’irrisorietà sensazionale di ogni singola sequenza avente luogo al di fuori dell’ambulanza. Forse sintomo di una generale mancanza di idee - che si risolve in un’ennesima riproposizione di situazioni e risvolti già presenti in opere ben più meritevoli - o del terrore, da parte di Tonda e soci, di non essere all’altezza di un testo ambientato solo ed esclusivamente in una location. Oppure vuoi per la superficialità con cui si apre, si sviluppa e si chiude qualsivoglia tipo di discorso e di tematica.
The Shift vorrebbe essere infatti una pellicola che, come Elephant, sfrutta una questione socio-politica e quindi collettiva, per arrivare poi ad indagare la giovinezza o, meglio, la perdita dell’innocenza. Purtroppo, differentemente da quest’ultimo, l’opera prima di Alessandro Tonda non riesce a lasciare il segno né quando vuole essere un dramma individuale, psicologico, morale e familiare, né quando approda sul fronte politico, come non bastasse inciampando molto spesso nella retorica spicciola e in dettagli di caratterizzazione (i genitori di Eden sono fin troppo sorpresi) e in linee di dialogo discutibili.
Bene, ma non benissimo. Questa, in parole spicciole e sommarie, la sintesi del nostro giudizio su The Shift, titolo che, tradotto, può fare riferimento sia al turno d'inferno che devono affrontare Isabel e Adamo, sia al mutamento, alla transizione (fanatico-religiosa) di Eden - o Isham, questo il suo nuovo nome dopo la rinascita, come egli ci tiene a sottolineare -, un ragazzo alla ricerca di sé stesso e di qualcuno lo comprenda - come tanti altri suoi coetanei -, che, nel giro di qualche ora, vede il suo mondo crollare su sé stesso in più di un’occasione.
Sfortuna vuole che - complici, da un lato, l’alternanza ritmicamente e tensivamente deleteria tra il fuori e il dentro dell’ambulanza, dall’altro, una sceneggiatura che non sa bene e fino in fondo cosa vuol dire e, soprattutto, a chi vuole dirlo (la dedica in excipit è un po’ banalotta) -il film non riesca a raccontare bene nessuno dei due shift: né quello dei due paramedici e quindi a costruire un thriller sferzante ed emotivamente soddisfacente, né tantomeno a tratteggiare e rendere interessante, d’altro canto, quello interiore del nostro terrorista.
Ed è veramente un peccato constatare la mediocrità del risultato finale, specie a fronte di un inizio in cui - ripetiamo - Tonda, con il semplice ausilio del suo occhio meccanico, quasi a mò di reportage, riesce a raccontare e a farci percepire così bene e così a fondo il peso della tragedia; a toccare la nostra sensibilità con tale maestria che quasi rimpiangiamo che The Shift non sia, in fin dei conti, l’Elephant italiano (sarebbe bastato tagliare l’on the road e scegliere, con egual semplicità, di ambientare il tutto all’interno della scuola). Ciò nonostante, l’opera di Tonda si rivela essere comunque un metro di paragone utile e funzionale per ripensare finalmente un cinema italiano che, in un futuro (speriamo) prossimo, possa riuscire a superare del tutto i confini nostrani e ad imporsi, “come una volta”, con forza e decisione sulla scena mondiale. Avanti un altro!
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