TITOLO ORIGINALE: Green Book
USCITA ITALIA: 31 gennaio 2019
USCITA USA: 21 novembre 2018
REGIA: Peter Farrelly
SCENEGGIATURA: Brian Hayes Currie, Peter Farrelly, Nick Vallelonga
GENERE: biografico, commedia, drammatico, musicale
PREMI: 3 PREMI OSCAR tra cui MIGLIOR FILM e MIGLIORE ATTORE NON PROTAGONISTA
Peter Farrelly compie un letterale salto di qualità, firmando una commedia solida e tremendamente divertente, ispirata alla vera amicizia tra l’italoamericano Tony Vallelonga e l’afroamericano Don Shirley sullo sfondo di un viaggio tra le terre degli States meridionali. Una regia sintetica e nella norma, dalla messa in scena forse troppo scontata, accompagna una sceneggiatura puntuale, briosa e vibrante, una caratterizzazione realistica e credibile dei personaggi ed una coppia di interpretazioni da Oscar per un film da vedere, nonostante i difetti.
1962. New York. Il buttafuori italoamericano Tony Vallelonga - per gli amici Tony Lip poiché dotato di grande abilità oratoria - rimane senza lavoro dopo la chiusura temporanea del Copacabana, uno dei migliori club della città. Tra gare a chi mangia più hot dog e capatine al negozio dei pegni, Tony tenta in tutti i modi di sbarcare il lunario per sostenere la propria famiglia. In questa necessaria e quasi primordiale ricerca di guadagno e non certo senza qualche titubanza, Tony finisce per diventare l’autista del pianista afroamericano Don Shirley, in partenza per un tour nel sud degli Stati Uniti - ancora estremamente razzista e conservatore nei confronti delle minoranze etniche. Insieme all’auto che li accompagnerà in questo lungo viaggio e all’anticipo dovutogli secondo contratto, la casa discografica fornisce a Tony anche una copia del Negro Motorist Green Book, opuscolo in cui sono elencati tutti i diner e gli hotel che accolgono afroamericani.
Ispirandosi ad una storia vera, con questo Green Book, Peter Farrelly - regista di commedie di grande successo come Scemo e più scemo - fa letteralmente il salto di qualità, firmando una pellicola pluripremiata (vincitrice, tra i tanti, di tre premi Oscar come miglior film, migliore sceneggiatura originale e miglior attore non protagonista) e dalla regia calibrata e sintetica, che lascia irrimediabilmente il segno nella mente e nel cuore dello spettatore. Sfruttando le possibilità creative di un road movie in salsa classica, regista e sceneggiatori danno forma ad una comedy fresca, senza fronzoli, diretta e memorabile in molti suoi punti. Come deducibile, i temi principali di cui si fa carico la pellicola di Farrelly sono il razzismo ed il segregazionismo che affliggevano alcune zone degli States in quegli anni. Nondimeno, la volontà prima di Green Book è dar vita ad un racconto di amicizia umano, fraterno, caloroso, spensierato - nonostante le angherie e le violenze subite - e carico di positività e speranza. Il focus e sviluppo argomentativo della pellicola (basati, forse troppo su un qualcosa di già visto e prevedibile) sono sì soggettivi, ma anche estremamente equilibrati con la porzione più ilare e puramente intrattenente dell’opera. Si vuole criticare e denunciare un determinato contesto e realtà storicamente esistente, ma turbare il pubblico non è certamente l’obiettivo principale di Farrelly & co. .
Mediante una caratterizzazione plausibile, veritiera e profonda dei due protagonisti, la sceneggiatura - firmata, tra i tanti, dal figlio dello stesso Vallelonga - delinea uno sviluppo ed evoluzione narrativa, fin da subito, evidente e palpabile ed un confronto tra due minoranze (quella italoamericana e quella afroamericana), da sempre vittime di pregiudizi e stereotipi. Come da tradizione, il viaggio segnerà profondamente i caratteri e le vite tanto di Tony, mitigandone il razzismo stereotipato nei confronti degli afroamericani; quanto di Don, rendendolo più affabile nelle relazioni non strettamente professionali e simultaneamente vicino alla dura realtà della propria gente - rispetto a cui, fin dall’infanzia, egli è rimasto estraneo. Completandosi ed influenzandosi vicendevolmente, il confronto tra i due avviene principalmente attraverso ciò che conoscono meglio, ossia il cibo per quanto riguarda Vallelonga e la musica per Shirley. Questi dibattiti e scambi di battute rappresentano la forza principale della sceneggiatura del film, risultando intelligenti, scorrevoli ed estremamente imprevedibili in ogni loro momento rappresentativo.
La scrittura, spumeggiante e vitale, è successivamente ed ulteriormente potenziata dalle interpretazioni, incredibili e dalla chimica ed immedesimazione sconvolgenti, di Viggo Mortensen e Mahershala Ali - qui, al suo secondo Academy Award, dopo solo due anni dalla vittoria per Moonlight. Ciò nonostante, a conti fatti, Green Book era veramente lodevole di Oscar? Certamente no, quell’anno concorrevano infatti un paio di opere - come Roma e La favorita - che, da un punto di vista meramente filmico e qualitativo, erano dei veri e propri miracoli. Detto ciò, non si può lo stesso ritenere Green Book un brutto film. Difatti, pur essendo indubbia una progressione narrativa dalla retorica e messa in scena fin troppo semplicistiche e scontate, la pellicola di Farrelly si mostra, al contrario, come un qualcosa di solido e tremendamente divertente, dando vita e ripagando lo spettatore con un’esperienza cinematografica emozionante, viscerale ed assolutamente comunicativa.