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QUANTO È GRANDE L'ELEPHANT NELLA STANZA?

SCHEDA

TITOLO ORIGINALE: Elephant
USCITA ITALIA: 2003
REGIA: Gus Van Sant
SCENEGGIATURA: Gus Van Sant
GENERE: drammatico
PREMI: PALMA D'ORO E PREMIO PER LA MIGLIOR REGIA AL FESTIVAL DI CANNES

VOTO: 9.5

RECENSIONE:

Gus Van Sant, regista di Will Hunting - Genio Ribelle, dirige un dramma vincitore della Palma d’oro a Cannes, basato sul reale massacro della Columbine High School del 1999. Una regia ed approccio filmico asettico, freddo ed oggettivo, una fotografia naturale ed un montaggio di ampio respiro completano una ricerca imparziale e voyeuristica sul mondo misterioso e sui problemi dei giovani.

“Elefante nella stanza”, espressione proverbiale della lingua inglese che indica la metafora di un problema che tutti vedono ma di cui nessuno vuole parlare. Da questo modo di dire prende il via Elephant di Gus Van Sant, cineasta indipendente e visionario, noto al grande pubblico per il suo Will Hunting - Genio ribelle (1998). Cinque anni dopo il suo più grande successo, il regista dirige un ennesimo capolavoro, vincitore sia della Palma d’oro che del premio per la miglior regia al 56esimo Festival di Cannes (per conferire questa doppia premiazione, la giuria dovette abolire una regola che impedisce l’assegnazione di entrambi ad un singolo film). Liberamente ispirato al massacro della Columbine High School del 1999, Elephant è forse la pellicola di Van Sant che meglio racconta il mondo e la vita dei giovani tra gli anni ‘90 e ‘00. Il racconto si svolge nell’arco di una giornata, all’interno di un contesto scolastico, e viene diviso in numerosi archi narrativi - che a volte si intersecano e vengono a contatto - focalizzati su diversi personaggi, rappresentanti, ognuno, una tipologia di adolescente e di problematica giovanile differente. Si alternano dunque davanti allo schermo un giovane fotografo che riesce a guardare il mondo soltanto attraverso l’obiettivo di una macchina fotografica, un ragazzo dai lineamenti femminili che deve convivere con un padre alcolista, ragazze disgustate o preoccupate soltanto del proprio aspetto e due migliori amici - emarginati e bullizzati dagli studenti popolari della scuola - che, stanchi della propria quotidianità e dei propri problemi, si riforniscono di armi e munizioni e scelgono di compiere una vera e propria strage.

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Fin dalla prima inquadratura, è chiara la volontà poetica di Van Sant: dipingere in modo oggettivo, distaccato, freddo, voyeuristico e realistico il mondo dei teenager, con tutte le sue oscurità e deviazioni. Da un punto di vista registico, questa trattazione viene costruita mediante lunghissimi piani sequenza, che incrementano il realismo e l’oggettività di ciò che si sta rappresentando, ed inquadrature spesso sgraziate e fuori fuoco (a volte, quasi nobody-shots). Anche nella costruzione dei primi piani, la macchina da presa, fusa con le magnifiche ed immedesimate interpretazioni, non riesce a decifrare l’interiorità dei protagonisti. Van Sant non vuole dare un giudizio su ciò che sta avvenendo su schermo - sa di non poter raccontare per intero ed in modo approfondito un qualcosa che non gli appartiene più -, bensì lascia questa riflessione in mano allo spettatore che verrà completamente travolto dalla brutalità e dal realismo con cui si concluderà il tutto.

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Narrativamente parlando, Elephant è un vero e proprio gioiello, arricchito esponenzialmente da una cura strabiliante di ritmo, struttura e drammatizzazione. Una prima parte volutamente ed eccessivamente routinaria e ripetitiva non fa che accrescere il contrasto e la tensione nei confronti di un secondo tempo frenetico, esplosivo ed intenso, in cui questo elefante si libererà con tutta la sua ferocia. Il crollo dello status quo, della giornata per come viene presentata, è percepibile fin dai primi minuti e la sua concretizzazione è altrettanto spigolosa, dura e violenta.

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Questo quadro, acerbo ma brutale, viene completato da una fotografia naturale ed intima, da un montaggio discontinuo e di ampio respiro e da una colonna sonora - composta quasi interamente da brani classici di Beethoven - che cita, per certi versi, Arancia Meccanica di Stanley Kubrick. In definitiva, Elephant è una pellicola quanto mai attuale; un dramma che tratta sia i problemi dei giovani che questioni universali come la violenza giovanile e la vendita e facilità di reperimento di armi da fuoco in paesi come gli stessi Stati Uniti. Un film iconico ed unico che, con il suo fare diretto e la sua potenza e veridicità rappresentativa scava e scaverà irrimediabilmente nell’anima dello spettatore.

PRO:

  • Regia asettica, fredda, voyeuristica, realista e dalle forti volontà e poetica rappresentative
  • Cura strabiliante di ritmo, struttura e drammatizzazione
  • Il regista non giudica e si mantiene imparziale su un argomento che è consapevole di non conoscere e comprendere fino in fondo
  • Interpretazioni magnifiche, concrete, terrene ed immedesimate
  • Colonna sonora citazionista
  • Fotografia naturale
  • Montaggio discontinuo e di ampio respiro
  • Trattazione attuale ed oggettiva di temi come la violenza giovanile e la facilità di acquisto di armi da fuoco
  • Lo spettatore è costantemente coinvolto nella vicenda
  • Tensione costante e crescente; un senso di mortalità che pervade tutta la pellicola

CONTRO:

  • Praticamente nessuno
Pubblicato da Nicolò Baraccani il 22 Maggio 2020
Categorie
  • Cinema
Tag
  • 2003
  • Cannes
  • CULT
  • DRAMMATICO
  • Gus Van Sant
  • Palma d'oro
  • STORIE VERE
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